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Ballarò, ricordiamoci il futuro: ottimo esordio di Massimo Giannini tra Benigni e Terzani (forse). E un monumento per Luigi Gubitosi.

Creato il 16 settembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Luigi_Gubitosi«Quando sono arrivato in Rai ho fatto una battuta:
se dovessi mandar via tutti quelli arrivati per motivi politici lavorerei da solo»
Luigi Gubitosi, manager, Direttore generale della RAI

 

di Rina Brundu. “Ci ho messo quasi quarantacinque minuti a rendermi conto che a “Ballarò” qualcosa è cambiato. Me ne sono accorta subito dopo l’intervista di Massimo Giannini, il nuovo conduttore, a Roberto Benigni; me ne sono accorta quando Giannini si è seduto in poltrona davanti a Romano Prodi a discutere di Europa e di mondo. È stato allora, nella strana, ovattata, pacata, atmostera che si respirava che ho finalmente realizzato come lo studio fosse diverso: mancava il parterre di invitati trendy, dei professionisti dell’ospitata televisiva, degli esperti stranieri pronti a pontificare sul destino ultimo del Paese da questa o da quell’altra università di nome, tanto cari a Floris.”

Pardon… questo era il melenso incipit del mio pezzo, cogitato proprio mentre Prodi parlava, poi Giannini ha lanciato la pubblicità e, manco a dirlo, l’infausto parterre si è materializzato come per incanto, con tanto di Maurizio Landini ancora attaccato alla poltrona della scorsa stagione e di professoressa Mariana Mazzucato, ultimo libro da pubblicizzare alla mano, stile Bruno Vespa tra Natale e Capodanno, che dal suo privilegiato osservatorio anglossassone ci ha ricordato, ancora una volta, come il problema italiano sia almeno ventennale (sic!). Vabbé, immagino non si possa avere tutto, e poi, Giannini, nel suo incipit breve ma emozionato, lo aveva detto: il programma non verrà stravolto, grazie a Giovanni che lo ha reso grande, grazie ai potenti mezzi che la RAI mi ha messo a disposizione, grazie alla mia buona stella che mi ha portato fin qui et varie et eventuali…. schiocchezzuole se uno si è già “fatto” in vita sua almeno una decina di “incipit” da servizio-pubblico santoriano, un poco come paragonare uno spiffero di vento primaverile agli umori dell’uragano Katrina!

Comunque Massimo Giannini è bravo e va promosso a pieni voti: manca del manierismo supponente, arrivato, di Floris. È pacato, meno fazioso e buca lo schermo, insomma, promette bene. Così come promette bene lo stile Delrio più ragionato nelle conversazioni da cui scaturisce una sorta di alienante atmosfera, un invincibile incantesimo se fanno finanche fatica a liberarsi tutti i diavoli per capello berlusconico dell’ex ministro Brunetta.

Scriveva il giornalista Tiziano Terzani: “Ho fatto questo mio mestiere proprio come una missione religiosa, se vuoi, non cedendo a trappole facili. La più facile, te ne volevo parlare da tempo, è il Potere. Perché il potere corrompe, il potere ti fagocita, il potere ti tira dentro di sé! Capisci? Se ti metti accanto a un candidato alla presidenza in una campagna elettorale, se vai a cena con lui e parli con lui diventi un suo scagnozzo, no? Un suo operatore. Non mi è mai piaciuto. Il mio istinto è sempre stato di starne lontano. Proprio starne lontano, mentre oggi vedo tanti giovani che godono, che fioriscono all’idea di essere vicini al Potere, di dare del “tu” al Potere, di andarci a letto col Potere, di andarci a cena col Potere, per trarne lustro, gloria, informazioni magari. Io questo non lo ho mai fatto. Lo puoi chiamare anche una forma di moralità. Ho sempre avuto questo senso di orgoglio che io al potere gli stavo di faccia, lo guardavo, e lo mandavo a fanculo. Aprivo la porta, ci mettevo il piede, entravo dentro, ma quando ero nella sua stanza, invece di compiacerlo controllavo che cosa non andava, facevo le domande. Questo è il giornalismo”.

Speriamo che Giannini abbia letto questo pezzo e se lo ricordi per il futuro, se non per il passato. O per dirla con il simpatico Benigni di questa sera “Ricordiamoci il futuro”. Nel frattempo un monumento a Luigi Gubitosi, presto e bene, per la sua battuta (vedi incipit) che ha fatto infuriare l’Usigrai, fermo restando che, come sosteneva Charles Bukowski, non c’é niente di così noioso come la verità.

 

Featured image, Luigi Gubitosi


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