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Bassotuba non c’è: lo Strampalato ed Ipnotico Racconto di Chi Non Ce La Fa

Creato il 05 febbraio 2016 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Bassotuba non c’è: lo Strampalato ed Ipnotico Racconto di Chi Non Ce La Fa

È del 1999 la prima uscita, per DeriveApprodi, di Bassotuba non c'è, romanzo di Paolo Nori comico e grottesco in superficie ma impregnato di serietà e un pizzico di malinconia, nel profondo di ogni singola pagina. Delle avventure di Learco Ferrari, eterno ragazzo trentacinquenne alle prese con le incertezze e le insicurezze di un'adolescenza forzatamente protratta, sono seguite le edizioni per Einaudi prima, nel 2000, e Feltrinelli poi, nel 2009.

La storia è quella del quotidiano di Learco, aspirante scrittore ed esperto di russo, che, nell'attesa di veder pubblicato il suo romanzo, si barcamena tra il lavoro di traduttore e quello di magazziniere, oscillando in una sorta di equilibrio precario tra le aspirazioni letterarie e le esigenze reali della vita di tutti i giorni. Learco Ferrari si presenta così: "Io sono quello che non ce la faccio. Io sono stanco, anzi, stanchissimo. La vita moderna ha dei ritmi e delle pretese che tenerci dietro, io non ce la faccio. Oppure no". E in questa apparente resa incondizionata iniziale, con tanto di speranza conclusiva racchiusa in quel "oppure no", si condensa tutto il modo di essere del protagonista che altro non è che un prototipo di buona parte della gioventù italiana. E, infatti, non si può fare a meno di fare il tifo per lui, che è un po' come fare il tifo per noi stessi.

Learco è un precario anche nei sentimenti: è stato appena lasciato da Elena, la Bassotuba del titolo, così chiamata per lo strumento che suona, che è andata via con un sociologo allievo di Vattimo.

Paolo Nori si serve di questo suo alter ego letterario per raccontarci, in fin dei conti, quanto gli succede mentre il mondo va avanti con le sue cose: il protagonista è alle prese con l'elaborazione della fine di una storia, mentre il suo gruppo musicale, i Bogoncelli, si scioglie; e si organizzano serate, si intrecciano relazioni non senza una certa fatica e al contempo si affrontano situazioni ben più gravi, come la malattia del padre. Sta tutta qui la trama, racchiusa in un insieme di piccole e grandi cose che altro non sono che un'esistenza che segue la sua strada, a volte sconclusionata a volte no ma sicuramente contorta come tutte.

E proprio come la vita che ci racconta, Bassotuba non c'è è precario anche nella struttura narrativa, nel senso che se ci si aspetta necessariamente di essere condotti da un punto A ad un punto B, con un inizio ed una conclusione ben delineati, allora è il caso di rivolgersi altrove perché la scrittura di Nori questo non lo fa. È un romanzo che ha una voce tutta sua, che sembra fluttuare di pagina in pagina senza una meta precisa ma che, in realtà, proprio con il suo sviluppo senza ordine ti vincola al protagonista più di quanto tu possa percepire e forse proprio per merito di questi fatti senza risoluzione narrativa che tanto assomigliano al nostro vissuto o perlomeno a quello di tanta gente intorno a noi.

Va a finire che ti sembra di conoscerlo davvero Learco Ferrari e scopri che in fondo un po' gli vuoi anche bene altrimenti non saresti stato in grado di perdonargli quell'uso smodato del linguaggio parlato, che si fa fatica, almeno inizialmente, a digerire. Le diverse imperfezioni grammaticali, che spaziano da un uso eccessivo del che per iniziare una frase all'orrore del cià (per c'ha), saranno anche la particolarità del dialogato di Nori, che lo rendono sonoro a livello familiare, ma a tratti risultano esagerate. Vale la pena però provare a superare questo scoglio perché poi si prende il largo e ci si ritrova a lasciarsi cullare da una sorta di poesia del quotidiano, puntellata da sferzate di ironia, come gli improbabili dialoghi con un angelo immaginario, Karmelo, che promette di sottoporre il caso letterario di Learco al "consesso dei Principi Critici Riuniti".

Dopo ogni pagina la consapevolezza di trovarsi davanti ad uno stile voluto e particolarissimo aumenta e ridimensiona quella sensazione di fastidio per l'errore, un fastidio anche fisico, che provavi all'inizio. E sei pronto ad arrenderti a questo esercizio di stile così efficacemente definito dalle parole che lo stesso Nori fa dire all'angelo come giudizio dei Principi Critici che in tal modo si esprimono: "L'opera suddetta si iscrive nella categoria Narrativa italiana in prima persona, (...) uso antifrastico, esplosivo e implosivo della lingua, (...) acuto spirito di osservazione e buone qualità descrittive, (...) mancanza di una vera e propria struttura narrativa, (...) eccessiva propensione dell'autore per uno sterile e confuso autobiografismo".

Se si tratti di autobiografismo fino in fondo oppure no poco importa; di sicuro Learco Ferrari è un'immagine allo specchio di molti di noi, in parte o in tutto, nella quale facilmente ci si può riconoscere. E basta questo a farci commuovere, ridere e a riflettere allo stesso tempo, proprio come la vita.


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