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Bella e perduta, quei giovani che fecero l'Italia

Da Paciampi
Bella e perduta, quei giovani che fecero l'ItaliaNon una voce stanca e nostalgica, ma quella di un giovane, allegro e lievemente incantato, dovrebbe raccontare le avventure e gli avvenimenti che hanno portato al risorgimento dell'Italia. La favola bella di un tempo non lontano, quando i protagonisti erano quasi tutti giovani, come i personaggui appassionati e avventurosi di Ariosto, di Tasso, delle fiabe di Lafontaine e Perrault o i narratori e attori del Decamerone, accomunati da vicende drammatiche e tragiche, ma con il desiderio della vita, della rinascita, della difesa della loro giovinezza
Da leggere, questa storia del Risorgimento di Lucio Villari, da leggere fin dal titolo che già dice molto, Bella e perduta (parole dal Nabucco di Giuseppe Verdi),e con l'introduzione che già vale da sola, con le sue parole che ci scompigliano antiche certezze: per esempio che il Risorgimento sia cosa solo di austeri e tristi padri della patria, e non di giovani generosi ed entusiasti che a un certo punto presero e partirono.
Un bel libro, davvero, che non si rivolge agli specialisti ed è costantemente sostenuta da una passione intensa e pulita. Buono per scoprire - meglio tardi che mai - che sui banchi di scuola non ce l'hanno raccontata giusta, che il Risorgimento non è solo la noia di nomi da imparare a memoria, gli stessi dei monumenti e delle lapidi, non è solo la retorica di discorsi, alti, troppo alti, e infarciti di maiuscole.
Al contrario, tutto questa è una storia che potrebbe diventare epopea, solo che l'abbiamo maltrattata, se non ignorata. Avrebbe bisogno ancora oggi di buona letteratura, di buon cinema, di televisione che sappia fare il suo lavoro. Avrebbe bisogno di storie raccontate, di personaggi da fare propri, di emozioni (è quello che anch'io ho provato a fare con la storia di Jessie White, garibaldina inglese che racconto in Miss Uragano, in uscita in questi giorni, ma questo è un altro discorso)
Non fosse altro che per rivivere l'epopea di quei ragazzi. E magari dividere con loro la stessa nostalgia, la stessa amarezza per un'Italia fatta che non era esattamente la stessa  che avevano per la testa mentre la facevano.

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