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Ben cotto e tagliato a strisce

Creato il 07 febbraio 2016 da Lafirmacangiante
BEN COTTO E TAGLIATO A STRISCEIl titolo del post è di quelli stupidi, ne sono consapevole. Il tema nascosto (ma neanche troppo) è l'hard boiled a fumetti, genere al quale appartengono, o al quale si possono ricondurre, due delle più recenti letture affrontate da queste parti. Prodotti diversi tra loro, per epoca di provenienza, per nazionalità degli autori coinvolti e per spirito. Sto parlando della recentissima e finora ultima in ordine di pubblicazione delle Miniserie Bonelli, Hellnoir, e della raccolta di racconti dedicata al detective privato Alack Sinner proposta anni or sono nella collana antologica della Mondadori dal titolo I maestri del fumetto (numero 12).
l'Alack Sinner di Carlos Sampayo e José Munoz è un personaggio che non sfigurerebbe di certo al cospetto delle ben più note creature di maestri del genere quali Hammett, Spillane o Chandler. Il personaggio, ma anche tutto il suo contorno, è talmente ben riuscito che la lettura del volume in esame non può non far nascere il desiderio di andare a recuperare anche le altre storie prodotte del detective privato (e a volte tassista). Queste non sono poi neanche molte, dovrebbero essere diciassette avventure delle quali purtroppo solo sei presentate nel volume, storie comunque per lo più slegate una dall'altra e indipendenti.
BEN COTTO E TAGLIATO A STRISCENonostante le matite di Munoz siano spesso votate a ritrarre la figura umana accentuandone il lato più grottesco e deforme, nelle splendide tavole di Alack Sinner si respira un forte odore di realtà, di quella parte di realtà meno profumata, un odore acre che raramente concede un pizzico di retrogusto dolce e amabile. Come fa notare anche Barbieri nell'introduzione al volume la realtà qui sta nelle piccole cose, come nella bellissima apertura de Il caso Fillmore. La sveglia, puntata alle 09.00, suona. Sul comodino di Alack un posacenere colmo di mozziconi di sigaretta, un pacchetto aperto, un boccettino di Valium, una tazza di caffè vecchio, delle chiavi e una copia de The long sleep. Tagli di luce sul muro, Alack si mette a sedere, si accende la prima sigaretta della giornata. Infila le pantofole, in terra un quotidiano e una copia del Time. Si alza, apre la porta del bagno, allo specchio controlla la barba, piscia nella tazza continuando a fumare, tira l'acqua. Entra in cucina grattandosi la testa, il tavolo è ancora imbandito, il lavello tracima di piatti sozzi, prepara il caffè, mentre questo sale controlla la posta. Bevendo il caffè legge il giornale. Dopo essersi rasato si sciacqua la faccia e via in strada. Le tavole di Munoz sono in un bellissimo bianco e nero, carico, rude ed espressivo, i volti raramente sono belli, compreso quello di Alack, non troppo lontano dall'assomigliare spesso a una patata maltrattata. Eppure non si può fare a meno di ammirarle vignetta dopo vignetta.
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Sampayo può permettersi tranquillamente di imbastire una storia intorno a una chiacchierata con Joe il barista, creare quelle trame all'apparenza ingarbugliate care al genere, rendersi protagonista in prima persona insieme a Munoz delle avventure vissute dalla loro creatura e tutto sembra funzionare con la giusta naturalezza. Un recupero integrale sarebbe cosa buona e giusta.
BEN COTTO E TAGLIATO A STRISCEPiù fantasioso invece l'hard boiled presentato da Pasquale Ruju e Giovanni Freghieri nella miniserie in quattro numeri Hellnoir. Ruju mi piace. Mi è capitato diverse volte in rete di leggere critiche a questo autore per i più disparati motivi. Però, con il passare del tempo, mi sono convinto che in fin dei conti a Ruju piacciano più o meno le stesse cose che piacciono a me e che quindi, anche quando l'autore non scrive racconti memorabili, io non possa fare a meno di divertirmi con le sue opere. Così è stato anche per la mini Hellnoir che presenta anch'essa un detective della scuola dei duri, in questo caso molto più stereotipato che vero, ma che in ogni caso funziona bene nonostante sia morto. E già, proprio morto. La città di Hellnoir è un'inferno dei tanti possibili, una città in cui molti degli abitanti (tutti morti di morte violenta) sono dei gran figli di buona donna, va da sé che il lavoro del detective sia qui particolarmente duro. I morti continuano all'inferno a fare il mestiere che facevano in vita (metafora?) con l'eccezione della figura del tutore dell'ordine qui appannaggio dei demoni Daem. Come in ogni noir che si rispetti non mancano donne fatali e bellissime e casi da risolvere.
Freghieri, nonostante il facile accostamento allo stile del Frank Miller di Sin City, realizza a mio avviso un lavoro ottimo, alternando vari stili e trovando nel corso dei quattro numeri diverse soluzioni grafiche originali e ben riuscite. Intriganti anche le copertine di Davide Furnò. Probabilmente in casa Bonelli quella delle miniserie è una delle iniziative editoriali più interessanti, sale già l'attesa per l'Ut di Paola Barbato e Corrado Roi.
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