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Benedetto XVI e il gran rifiuto

Creato il 13 febbraio 2013 da Casarrubea
Benedetto XVI

Benedetto XVI

Devo essere sincero, ma alla notizia delle dimissioni di papa Ratzinger sono rimasto come di stucco. Incredulo, come quando sentii alla televisione la notizia che praticamente l’Unione sovietica non c’era più. Abituati da lungo tempo alla verità più vicina alle nostre convinzioni, sapere che dopo un evento di grande portata, dobbiamo rivedere i nostri luoghi comuni e le nostre bussole di riferimento, provoca una qualche agitazione.  E così, per quanto nella storia della Chiesa di papi dimissionari ce ne siano stati parecchi, sapere che proprio noi dovevamo essere testimoni dell’ultimo atto della catena dei rinunciatari, ci mette da un lato in una situazione di privilegio, dall’altro non può, il fatto stesso,  non interrogarci a prescindere dalla fede che professiamo.

Celestino V si dimise dopo cinque mesi dalla sua elezione, nel 1294, perché ci dice il sommo poeta Dante Alighieri, fece il “gran rifiuto”. Grande, in quanto la scelta di quel pontefice non fu né un fatto legato a vicende personali, né un atto di vigliaccheria. Fu invece una sfida contro Carlo D’Angiò, al quale il vecchio papa, ormai ottantacinquenne e certamente più malandato del nostro Benedetto XVI, mise di fronte, forse senza saperlo, ma probabilmente intuendolo, un papa molto  spregiudicato e capace di risolvere a modo suo le soverchierie del potere temporale. E a questo certamente la Chiesa non poteva sottostare. Così si fece strada Bonifacio VIII, il suo antipodo, ma anche il suo rivale che, a preferenza di altri, sapeva come trattare le cose terrene, e conosceva bene lo strapotere delle altre Potenze di quel tempo. Celestino V fu imprigionato e finì i suoi giorni in un carcere vicino Frosinone, nel 1297, alla venerabile età di 87 anni.

Prima di lui avevano abdicato al soglio pontificio Clemente I, che essendo vissuto nel primo secolo dopo Cristo aveva memoria diretta della predicazione degli apostoli  e papa Ponziano per il quale invece erano passati un paio di secoli dalla morte di Cristo. Ma erano tempi duri. Per Clemente I perché le persecuzioni dei cristiani erano all’ordine del giorno e per l’altro per motivi analoghi.  Vuole, anzi, la storia della Chiesa che per il primo di questi due papi il motivo sia eroico e altamente nobile, in quanto l’abdicazione interviene proprio per consentire l’elezione di un nuovo papa, e perché il trono di Pietro non rimanesse vacante visto che Clemente era stato arrestato. Più tragica fu invece la sorte di papa Silverio, che nel 537  fu pure lui arrestato, con la falsa accusa di avere tramato con il nemico, e spogliato del suo abito episcopale. Fu quindi vestito come un qualsiasi fraticello  ed esiliato in Oriente.  Silverio fu vittima di una trama di palazzo in grande stile, e quindi la sua non fu una vera e propria dimissione, bensì un vero e proprio attentato, volto a favorire l’elezione di un papa condiscendente e favorevole alle autorità di palazzo.

Tra tutti i papi, diciamo così, dimissionari, Benedetto IX è il più controverso. Pare che abbia fatto il papa per interesse, o meglio per simonia e che dimettendosi per ben tre volte, abbia raggiunto un primato ineguagliabile. Abdicò l’ultima volta forse per il desiderio di sposarsi, vendendo il suo ufficio a un prete suo padrino per il modico prezzo di 650 chilogrammi d’oro. In ciò dimostrandosi un perfetto scolaretto di Simon Mago che per ricevere i doni dello Spirito Santo offrì denaro agli Apostoli. Gregorio XII, eletto papa nel conclave del 1405 è l’ultimo, prima di Benedetto XVI, tra i papi venutisi a trovare in condizioni estremamente difficili per la Chiesa. Fu il frutto di una serie di conflitti interni alla Chiesa e per tale situazione fu eletto da un conclave di soli quindi cardinali. Ma siamo al tempo dello Scisma d’Occidente, e della contemporanea presenza in Europa di due papi: uno ad Avignone (Benedetto XIII) e l’altro a Lucca o a Pisa, oltre che a Roma.

Ora non crediamo che, stando ai precedenti storici, ci siano stati papi che si siano dimessi o abbiano abdicato per stanchezza personale. Tutti sono stati messi fuori gioco per cause di forza maggiore. Papa Ratzinger era stanco quanto lo può essere una persona della sua età affaticata da una vita che ha sempre i suoi gravi problemi. A diversi livelli. Nel suo caso essi sono stati resi ancora più pesanti dagli scandali, dalle lotte interne, persino dalle sottrazioni di documenti dalle sue stanze private. Dagli atteggiamenti di troppe facce di bronzo che dalla stanza dei bottoni della Santa Sede, hanno fatto sempre il bello e il cattivo tempo. In uno Stato, quello Vaticano, che è l’unico al mondo per capacità di penetrazione culturale e religiosa, di mediazione politica e di movimentazione finanziaria. Per il potere di informazione dei suoi Servizi di intelligence, e per la forza di influenza sulla politica e sulla società di moltissimi Stati. Uno Stato, quello Vaticano, in grado di contrapporsi al modello dello sviluppo planetario distorto, e di sviluppare linee strategiche di intervento per una nuova concezione della vita e del mondo.

Ma Ratzinger era in grado di affrontare questo mondo complesso e se, a differenza di tutti i suoi predecessori che hanno interrotto, per vari motivi, il loro pontificato, egli ha deciso di desistere, dobbiamo dire che è l’unico ad averlo fatto, senza che la sua azione possa essere in qualche modo accostabile a quella dei papi di cui abbiamo parlato. In questo ci sono le ragioni della sua scelta, e i motivi, tutti da spiegare, di ciò che tale atto rappresenta per noi e per le generazioni future. Rimane, tuttavia, il segno di una lacerazione, un vuoto dei tempi, una sorta di angoscia esistenziale collettiva. E sullo sfondo, forse, un grande intrigo di Palazzo.

Giuseppe Casarrubea


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Da Gaetano Barbella
Inviato il 21 febbraio a 15:36

Se si entra nel cuore delle scritture sacre e in particolare il Nuovo Testamento, verrebbe da intuire implicazioni spirituali di enorme portata, addirittura escatologica, sulla decisione di Papa Benedetto XVI, cose che passano inosservate, ma anche perché il cristianesimo moderno si è secolarizzato. Tuttavia non va dimenticato che il Papa dimissionario è stato ed è tutt'ora è un Papa Teologo di grande statura a differenza degli ultimi predecessori. Nel pensiero cristiano l'escatologia – trattata in vario modo in più libri biblici – è stata lungamente dibattuta. In termini semplificati, l'escatologia cristiana ha a che vedere con la resurrezione dei morti, la vita eterna, il giorno del giudizio e l'Aldilà. La (prima) venuta di Cristo (il Redentore) viene vista come un fondamentale evento escatologico, che ridà la speranza ai cristiani. Una seconda venuta di Cristo dovrebbe significare l'instaurazione definitiva del Regno di Dio. Il mio commento sull'avvenimento in questione, sarà perciò orientato a entrare nel merito esoterico sulla scorta di riflessioni scaturite nel soppesare il significato teologico di passi evangelici che mi sono sembrati assai vicini al “gran rifiuto” di Papa Benedetto XVI. E neanche mi ha sfiorato l'accostamento al “gran rifiuto” dell'altro Papa di 600 anni fa, mentre è stato facile per tanti altri di pensarlo. Sta di fatto che il “Gran Rifiuto”, che scrivo con le iniziali maiuscole – secondo la mia visione –, riguarda la Teologia della Chiesa di Cristo, nella persona del Papa in causa, che è come se giungesse al capolinea, oltre il quale si dimostra impotente. Il fatto che egli è vecchio e incapace a sostenere il peso della Chiesa deve essere considerato in modo collaterale e non tanto primario. Papa Benedetto XVI è come se fosse svuotato interiormente, questa è la sua realtà agli occhi del mondo purtroppo, ma non deve costituire un essere venuto meno ai suoi doveri di pontefice. A questo punto è giunto il momento di citare due passi del Nuovo Testamento dai quali scaturisce una risposta che, con gran meraviglia di chi ne è colpito, si perviene alla risposta tanto attesa che parla in lingua escatologica. La prima citazione è questa: Secondo un episodio narrato negli Atti di Pietro, l’apostolo Pietro, che fuggiva da Roma per sottrarsi alle persecuzioni di Nerone, avrebbe incontrato in visione Gesù sulla Via Appia. In base a questo racconto, Pietro pose a Gesù la domanda «Domine, quo vadis?», ovvero “Signore, dove vai?”, e alla risposta di Gesù, «Eo Romam iterum crucifigi», “Vengo a Roma a farmi crocifiggere di nuovo”, Pietro capì che doveva tornare indietro per affrontare il martirio. La seconda citazione, è quest'altra: Interessa ricordare le parole di Gesù quanto entra trionfante in Gerusalemme secondo la versione dell'evangelista Luca (versetto 19,38-40). Il redentore avanzava montando un puledro e tutti osannavano per lui cantando, ma alcuni protestarono: « Benedetto sia il Re che viene nel nome del Signore; pace in cielo, e gloria ne’ luoghi altissimi! Ed alcuni de’ Farisei d’infra la moltitudine gli dissero: Maestro, sgrida i tuoi discepoli! Ed egli, rispondendo, disse loro: Io vi dico che se costoro si tacciono, le pietre grideranno. ». L'episodio della Via Appia riguarda il primo Pontefice romano che capì di andare incontro alla morte piuttosto che fuggire, poiché questo occorreva che facesse per l'affermazione della Chiesa di Cristo dopo di lui, ma per il Pontefice attuale dimissionario non è la stessa cosa. A che servirebbe il suo soccombere alla pressione dei guai in cui si trova a fronteggiare la Chiesa oggi? Ma appare chiaro anche che, mancando la Teologia Ecclesiale, della quale è depositario Papa Benedetto XVI, non sarà certo il suo successore a rinvigorirla e disporla così a farla diffondere, quale Medicina Dei per l'attuale Chiesa di Cristo malata. Ergo, il nuovo Gesù della Via Appia, agli occhi smarriti di Papa Joseph Ratzinger, non può che preludere alla sua possibile decisione di procedere per “Roma” e mettere freno alle intemperanze in seno al clero cattolico e al mondo cattolico impenitente. E qui subentra il significato del suo dire ai suoi denigratori, i Farisei, nel giorno della domenica delle palme, perché smettessero di osannarlo, mentre procedeva per entrare in Gerusalemme. Cosa disse loro? Disse: « Io vi dico che se costoro si tacciono, le pietre grideranno. ». Di qui, il passo è breve per legare questa risposta lapidaria di Gesù con il fatto attuale del “discepolo” Papa Benedetto XVI, il “teologo della Chiesa di Cristo”, che decide di smettere di “parlare alle genti” dalla sua finestra consueta della benedizione domenicale del Vaticano. Dunque non resta che ipotizzare il far “parlare” ipotetiche “pietre”. Un modo di dire senza contenuto spirituale? No perché si è sempre creduto ai diversi modi di interpretare le scritture sacre. Giusto per credere veramente su un misterioso ritorno escatologico di Gesù Cristo che è radicalmente innestato nelle sacre scritture. Ma c'è di più sul mistero delle “pietre che gridano”, se ci si riferisce all'episodio evangelico della tentata lapidazione dell'adultera (Gv. 8,3-11). Cosa disse Gesù a tutti quelli presi per la lapidazione secondo la legge di Mosè? Disse « Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei. ». E qui ci viene il perfezionamento del “ritorno escatolico” di Gesù Cristo che è “senza peccato”, questa volta (prima si era preso i peccati del mondo per riscattarli) e dunque può fare la parte del giustiziere, cosa che è profetizzata nell'Apocalisse di Giovanni. Come avverrà nessuno lo può sapere, e colpisce anche il fatto che Gesù si è definito “pietra d'angolo”...