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Beppe Fiorello lunedì sera su Rai 1 nel film tv ispirato al libro di Maddaloni: "A Scampia c'è gente che ce la vuole fare"

Creato il 07 febbraio 2014 da Nicoladki @NicolaRaiano
Le Vele di Scampia sono un sobborgo di Napoli dove vivono - stipati in palazzoni fatiscenti - 120mila abitanti, con uno dei tassi di disoccupazione più alti d'Italia. La camorra la fa da padrona, assoldando i ragazzi sin dalla più giovane età per farne vedette, corrieri della droga o sicari. Per quattro settimane gli intrusi sono stati il regista Marco Pontecorvo e la sua troupe, attori e comparse, per girare L'Oro di Scampia (il film tv in onda su Rai 1 lunedì in prima serata), la storia di Enzo Capuano (Beppe Fiorello) e della sua palestra in un quartiere dove nascere su un lato di un marciapiede invece su un altro può cambiarti la vita.
Ma quella di Enzo è una palestra che alleva anche campioni di judo, come Toni (Gianluca Di Gennaro), uno dei suoi figli, che vola da Scampia a Sydney per tornarsene con al collo la medaglia d'oro delle Olimpiadi. Un apologo liberamente tratto dal libro «La mia vita sportiva» di Gianni Maddaloni, il cui figlio Pino trionfò davvero laggiù in Australia, anno 2000. Nel cast Anna Foglietta (la madre di Toni), Anna Bellezza, Ciro Petrone, Emanuele Vicorito, Domenico Pinelli, Salvio Simeoli, Nunzia Schiano, Anna Ammirati, Gaetano Bruno, con la partecipazione di Salvatore Striano e Nello Mascia.
Per calarsi nel personaggio Fiorello non solo è ingrassato 8 chili, tutti in muscoli, ma è arrivato a laurearsi cintura nera in judo: «È una disciplina - racconta l'attore siciliano nel corso della presentazione a Viale Mazzini - bella, affascinante, uno sport di difesa in cui non prevale la voglia di far male usando la tua forza, ma devi sfruttare la forza del tuo avversario. È una disciplina chiaramente molto fisica, ma anche metaforica. La vita è una sorta di combattimento, ma leale. Quando mi preparo per un ruolo, io devo diventare quel personaggio. Fare questo film per me è una medaglia d'oro. Il diploma lo metterò sul parabrezza della macchina, mi sentirò più sicuro in giro per Roma».
«A Scampia - racconta ancora l'attore - c'è anche gente che ce la vuole fare, ma se ne parla meno. Un giorno durante le riprese una signora mi ha fermato: 'Fiorè, mi raccomando, raccontaci bene'. Noi però non nascondiamo la realtà raccontata da Gomorra. Questo film non è antagonista di nessuno, non vuole edulcorare la realtà ma raccontare anche un altro punto di vista, ovvero la voglia di riscatto di chi vuole dire no alla droga, alla camorra».
Il direttore di Rai Fiction Eleonora Andreatta fa notare: «Questo non è un film di genere, ma racconta uno spaccato di questo Paese. Racconta gente normale, non perfetta. È una storia positiva, di riscatto, ambientata in un luogo di grandi contraddizioni, con protagonisti i giovani e le loro difficoltà, con un regista giovane e di grande talento che si è immerso nella realtà di Scampia, ha ascoltato, ha girato lì».
Pontecorvo è andato a scovare molti giovani attori per le strade e i vicoli di Napoli: «Avevo bisogno delle facce giuste, altrimenti non sarebbero stati credibili». Di Gennaro fa notare: «Essendo napoletano sono emotivamente coinvolto in questa storia. A Napoli si conosce la storia dei Maddaloni, ma non abbastanza. Nella realtà io vorrei rimanere in questa città, mentre nel film interpreto una persona che vuole andar via».
Gianni Maddaloni spiega che oggi nella sua palestra ospita anche alcuni detenuti. Gli immigrati e i disabili non pagano: «La palestra è diventato un contenuto di persone chiamate fasce deboli». Il figlio Pino, quello che tutti ricordano con la medaglia al collo a Sydney, oggi allenatore della nazionale di judo, rileva: «Il film? È molto vicino alla realtà. Ma questo Paese non ha orgoglio, spero che il film aiuti. Non è mai cambiato niente, vedo le cose peggiorare. L'oro olimpico? Sì, sono orgoglioso! Dietro questo successo c'è uno staff: mio padre, che è stato il mio tecnico, la mia famiglia, la mia federazione, il mio gruppo sportivo. Queste persone hanno creduto in me. Ma torno lì poco. Mio padre ancora crede nelle istituzioni, ma non cambia niente. Dopo l'oro olimpico ha avuto un'altra palestra, ma è un capannone dove d'estate fa caldo e d'inverno fa freddo. Ho assistito ad un solo incontro tra mio padre e un politico. Io gli ho fatto notare che i bambini a piedi scalzi hanno freddo d'inverno, lui mi ha risposto: "Anche nel mio ufficio fa freddo"».
A chi chiede perché siano stati usati nomi di fantasia, risponde il produttore Roberto Sessa di Picomedia: «Per una questione di opportunità, perché può capitare che nei personaggi collaterali possa esserci qualche reflusso. Cambiare i nomi non avrebbe modificato il messaggio che volevamo mandare». Per Anna Foglietta, «interpretare Teresa è stata una sfida difficile. È una donna stanca della vita, anche se l'affronta con passione. Pino Maddaloni mi ha detto che gli ho ricordato la mamma, che però non ho conosciuto». Domani andrà in onda alle 14.30 su Rai 1 uno speciale documentario su Maddaloni.

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