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Berlino 2015, a Wim Wenders l’Orso d’Oro alla carriera. Stroncato 50 sfumature di grigio

Creato il 11 febbraio 2015 da Justnewsitpietro

Berlino 2015, a Wim Wenders l’Orso d’Oro alla carriera. Stroncato 50 sfumature di grigio
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Il grande cinema d’autore è di casa a Berlino. Ed è, in particolare, il grande cinema indie americano, che ieri ha visto le proiezioni – fuori concorso – di Nasty Baby del cileno Sebastián Silva, Queen of Earth di Alex Ross Perry e Under Electric Clouds di Alexey German Jr. vincitore a Venezia 2008 del Leone d’Argento per la regia.

Nasty Baby, pur avendo suscitato qualche perplessità già al Sundance, ha riscontrato dei giudizi positivi per la sceneggiatura e per le ottime interpretazioni. Dotato di un ritmo travolgente, è la storia di una coppia gay intenzionata ad adottare un bambino, aiutati da un’amica.

Dopo Listen Up Philip, Queen of Earth, secondo indie proiettato ieri, è la conferma del talento di Alex Ross Perry, che firma stavolta un dramma polanskiano incentrato sulle incomprensioni tra Catherine (Elisabeth Moss) e la sua migliora amica (Katherine Waterston). Una vacanza che diventa un incubo dopo un lutto familiare – la morte del padre di Catherine –; accuse feroci e toni accesi; la paranoia di Catherine: tutto questo, supportato da un ottimo montaggio (a cura di Robert Greene) e da interpretazioni impeccabili.

Under Electric Clouds segna invece il ritorno di Alex German Jr., figlio d’arte che decide di riflettere sulla Storia della Russia nel Novecento, condensando un vasto materiale in poco più di due ore in cui surrealismo e malinconia si alternano alle analisi tra passato e futuro.

Ma i più attesi sono stati, com’è ovvio, Wim Wenders e Terrence Malick, maestri del cinema tedesco.

Wim Wenders ha presentato fuori concorso Every Thing Will Be Fine, interpretato da James Franco (così come Queen of the Desert). Un dramma nordico esistenzial-famigliare in 3D, tecnica che, secondo Wenders, è indispensabile per esprimere le emozioni, basato sulla sceneggiatura di Bjørn Olaf Johannessen, ma anche una fiaba sulla guarigione, con un’ottima fotografia ma fiacco nella narrazione. Nel frattempo, però, compiuti i suoi settant’anni, Wenders ha ricevuto l’Orso d’oro d’Onore alla carriera.

Altro attesissimo debutto è stato Knight of Cups di Terrence Malick, capace di ottenere consensi di pubblico e critica con La sottile linea rossa (1998) e, più recentemente, con The three of Life (2011). Malick, in corsa all’Orso d’oro, presenta stavolta un dramma che vedrà protagonista Christian Bale, affiancato dalla sempre affascinante Natalie Portman, il quale, svestiti i panni del Batman di Nolan e del Mosè di Scott, diventa un uomo di cinema, circondato dal lusso, da donne e da divertimenti ma in piena crisi esistenziale. Un film con il tipico stile di Malick, con monologhi interiori e flussi di coscienza. La Portman si è detta entusiasta di aver potuto lavorare con un maestro come Terrence Malick, di cui è stata da sempre una grandissima fan. Tra l’altro il regista ha presentato a Berlino The Seventh Fire, prodotto proprio da Natalie Portman. Gli elogi dell’attrice, tuttavia, fanno parte della consuetudine (non sono mancati nemmeno da parte di Christian Bale) di chi ha girato film con Malick, reputato da tutti un uomo immenso, un maestro puro e uno spirito dalla creatività non convenzionale.

I film che saranno presentati oggi in concorso sono: Aferim! di Radu Jude, Eisenstein in Guanajuato di Peter Greenway e Gone With the Bullets del cinese Jiang Wen.

50 sfumature di grigio
Spazio anche per un’altra attesissima proiezione – fuori concorso! –, Cinquanta sfumature di grigio, tratto dal best seller di E.L. James, il primo di una trilogia. C’è già il tutto esaurito, per un film destinato a far parlare di sé più per il potere mediatico che ha acquisito grazie alla popolarità dei romanzi che per la sua reale qualità. D’altronde, stando alle prime recensioni, le scene hot tanto attese non arrivano prima del quarantesimo minuto, per un totale di appena undici minuti. Con i dovuti paragoni, anche Il macellaio era presentato come un film erotico ma, al di là di quelle poche – e patetiche – scene di sesso finali, era solo un pretesto per confezionare un’ora e venti (inutili) e per ostentare le nudità della Parietti.

The Guardian ha sottolineato che le scene di sesso, pur essendo numerose, non sono sconce; l’Hollywood Report l’ha definito «una proposta più forte del libro»; secondo il New York Post è invece «un porno softcore per signore»; per il Newsday è «freddo come un pesce e quasi muto»; chiude Lindsey Bahr dell’Associated Press, che, giustamente, si è chiesta: «Tutto qui?»

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