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Bilanci celtici - 3 (e Nazionali)

Creato il 17 maggio 2011 da Rightrugby
Bilanci celtici - 3 (e Nazionali)Vittorio Munari, voce celebre delle telecronache Sky e direttore generale della Benetton Rugby, (nella foto coi vertici di proprietà e società) in una intervista rilasciata  a Ivan Malfatto de Il Gazzettino espone due serie di argomenti: un bilancio del primo anno di Celtic  e le prospettive per il prossimo.
- Il primo anno di Celtic League
«Siamo molto contenti del nostro primo anno 
» dichiara Munari. «Due i principali traguardi raggiunti: i risultati sul campo (le nove vittorie) e il coinvolgimento e la partecipazione di pubblico. Per la prima volta l'ho visto sostenere con cuore la squadra nei momenti difficili. Sentire il suo grido quando si è schiacciati in difesa equivale a un uomo in più. Non è retorica dirlo».
Riguardo alle nove vittorie: «Avevamo due target di premi per i giocatori: il primo a 5, l'altro a 8 vittorie». Giusto l'orgoglio del bravo organizzatore, vien da commmentare: potenza del saper definire obiettivi ambiziosi ma realistici e i corretti incentivi a raggiungerli.
- Le prospettive
«Ripetersi sarà più difficile che esordire bene», afferma Munari. «La prossima stagione per gli avversari non saremo più una sorpresa, i nostri comportamenti saranno più intellegibili e sarà più difficile fare risultato. Ma ci proveremo lo stesso».
Confermarsi è sempre operazione difficile, chiedere a Leeds, l'anno scorso "sorpresa" della Premiership e quest'anno retrocessa, piuttosto che agli Ospreys o a Perpignan.
 La  concomitanza di 8 partite di campionato coi Mondiali, con 16 convocati Azzurri e 3 infortunati che complicheranno ulteriormente il prossimo torneo: «Si tratterà di fare del proprio meglio secondo lo stato dell'arte», è un modo di ammettere che sia cosa buona e giusta dar priorità alla Nazionale. Della serie, non c'è nessuno fuor di Federazione che pensi al solo bene dei club, mentre è un dato di fatto alcuni in Fir - e non solo - pensino al solo bene degli Azzurri, commettendo l'errore di quello che per punire la moglie se lo mazzola da solo (dicesi Tafazzi).
Ci sono infatti le ferite auto-inflitte, i lacci e lacciuoli derivanti da male intesa "programmazione del futuro della Nazionale", nella realtà mero giochetto di potere provinciale (Brunel farà molto in fretta a comprenderlo, crediamo): come la nuova limitazione tutta italiota dei cinque stranieri per fasce di ruolo. «Preferisco non commentarla», chiosa Munari.
Noi abbiamo già detto in tempi non sospetti cosa pensiamo di tali direttive: è pensiero debole. All'evidente tafazzismo di un norma partorita e avallata, spiace dirlo, da chi contempli solo il proprio ombelico (o cerchi scuse per un Mondiale preparato nel modo peggiore: delegittimando il coach), si contrappone la dichiarazione di Munari: «Tutti al Benetton lavorano per rendere più competitiva la squadra e la Nazionale, basta chiederlo ai giocatori, l'unica categoria di testimoni credibile in tal senso».
Cioè esiste un unico percorso virtuoso possibile di crescita della Nazionale, quello dal basso verso l'alto che parte dall'affermarsi dei club/franchigie (vedi Irlanda o Nuova Zelanda stessa). Il viceversa, cioè una Nazionale di successo che traini lo sviluppo sul territorio o peggio, la sola Nazionale priva di movimento vitale e vincente alle spalle, non esistono sotto il sole di nessun Emisfero. Il fallimento del primo modello l'ha dimostrato un decennio di gestione Dondi post ingresso al Sei Nazioni; l'inconsistenza del secondo approccio lo mostrano le isole del Pacifico, di dove si emigra.
Corrobora il concetto l'esperienza della stagione Celtica: «È difficile trovare rugbisti italiani già pronti per la Celtic. Serve almeno un anno per la loro costruzione fisica, tecnica e mentale», frase che spiega l'altra di Munari, sibillina solo se letta senza la precedente:«Col passare degli anni i ricambi dei giocatori italiani non potranno reggere il livello della Celtic League e della Nazionale. Attingere a giocatori di formazione straniera sarà gioco forza».

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