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BLACK MOTH, Harriet Bevan

Creato il 09 settembre 2014 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Black Moth

Condemned To Hope è un lp che di questi tempi potrebbe malauguratamente passare inosservato e confondersi in mezzo a tante uscite similari. Il fatto che gli inglesi Black Moth propongano heavy rock dalle sfumature doom e siano mossi da un’inguaribile passione per il sound dei tardi anni Sessanta e dei primissimi Settanta non deve però far pensare che si tratti di una formazione come tante altre. Data la bontà della loro proposta, non potevamo farci sfuggire l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere con Harriet Bevan.

Quando e perché avete iniziato a suonare insieme? Puoi presentare la band ai lettori del nostro magazine?

Harriet Bevan (voce): Jimmy, il nostro chitarrista, e io ci siamo incontrati a scuola quando avevamo 13 anni. Lui stava leggendo una biografia dei Nirvana e io era una giovane goth. Iniziammo presto a imparare a suonare la chitarra e tentammo di formare una band. Imparammo a fare brani di Pixies, PJ Harvey, Tool e un sacco di roba grunge/metal. Crescendo, iniziammo a scrivere sempre più materiale nostro, sperimentando con il tipo di sonorità che avremmo voluto ottenere. Dave (basso) si unì a noi quando andammo all’Università di Leeds e insieme a un altro paio di ragazzi formammo The Bacchae. Stavamo ancora cercando la nostra strada a quel tempo, ma ascoltavamo di più musica degli anni Sessanta e Settanta e volevamo essere una band garage/proto punk anni Sessanta. Il problema è che non siamo mai riusciti a ottenere un sound realmente retrò, e un giorno ci siamo chiesti per quale motivo volessimo suonare come una band di cinquant’anni fa. Ci sono già così tante registrazioni incredibili di quel periodo, quindi ci siamo improvvisamente resi conto che desideravamo essere rilevanti oggi e creare qualcosa che suonasse come se venisse dal Ventunesimo Secolo, anche se le sue radici e le fonti di ispirazione avrebbero attraversato gli anni.
Quando Dom si è unito a noi alla batteria un paio di anni più tardi, era chiaramente uno che picchiava duro. La nostra pesantezza è stata cementata e ci siamo resi conto che eravamo una band completamente nuova. Erano nati i Black Moth. Nico (chitarra) si è unito a noi dopo che abbiamo registrato il nostro primo album, così da permetterci di ricreare sul palco la sua ricchezza stratificata. Lo conoscevamo dalla sua altra band di Leeds, X-ray Cat Trio.

Da dove proviene il nome Black Moth?

Dalla poesia di Tennessee Williams “Lament for the Moths”, in cui le falene sono gli artisti del mondo, fiocchi di bronzo, delicati ma luccicanti e colpiti da una piaga. Le loro anime generose sono perennemente oppresse dai mammut del mondo. Mi ha toccato, perché è un’accurata analogia dell’artista che cerca di giustificare la sua esistenza nei nostri tempi difficili.

Avete un nuovo chitarrista. Ha già avuto una qualche influenza sul vostro sound?

Assolutamente sì! È stato un sacco divertente scrivere con Nico, in quanto le sue esperienze e influenze sono molto diverse dalle nostre. È stato per anni in band rock’n’roll/surf/rockabilly, dunque il suo stile è davvero particolare e integra il riffing più grunge/protopunk di Jimmy.

Black Moth

Nella vostra musica c’è la combinazione tra un’attitudine classicamente rock e melodie orecchiabili. Mi chiedo quali musicisti abbiano ispirato il vostro songwriting, se ce n’è qualcuno.

È difficile dire quali musicisti ci hanno ispirato, in quanto tutti noi ascoltiamo tanta musica e non scriviamo mai con l’idea di suonare come altre band. Naturalmente siamo della scuola di pensiero dei Black Sabbath.

Il titolo Condemned To Hope sembra avere un significato profondo. Qual è il concept su cui si basa?

La speranza è un’arma a doppio taglio, una caratteristica della condizione umana che è più comunemente raffigurata come un sentimento positivo, nonché virtuoso. Che la speranza sia un trampolino di lancio dal quale si può sprofondare nella disperazione? Mi chiedo perché ci torturiamo con fantasie e desideri impossibili, quando c’è così tanto splendore nel momento presente. Di cos’altro abbiamo bisogno? Non c’è speranza finché non c’è speranza.

Ti piace leggere? Se sì, quali sono i tuoi libri e/o autori preferiti?

Amo leggere, ma non ho abbastanza tempo per farlo di questi tempi. Internet mi sta mangiando il cervello. Alcuni autori che amo sono Joris Karl Huysmans, Georges Bataille, Milan Kundera, Mary Shelley, Oscar Wilde e più recentemente Michel Houellebecq. Attualmente sto leggendo un libro intitolato “Donne che corrono coi lupi. Il mito della donna selvaggia” di Clarissa Pinkola Estes, lo faccio per un gruppo di lettura che ho avviato e che porta lo stesso nome. Tratta dell’evocazione della ‘donna selvaggia’, la presenza saggia e senza età nella psiche femminile che conferisce alle donne la loro creatività, energia e potenza.

Black Moth

Harriet Bevan è anche un’artista/performer. Mi chiedo se ciò abbia un’influenza sull’estetica musicale della band.

Non ne sono certa… il lavoro artistico che ho svolto sembra essere abbastanza separato da quello che abbiamo fatto con i Black Moth. Non ho mai deliberatamente combinato i miei progetti artistici con la mia band, in quanto siamo in cinque e Black Moth è la somma di una visione collettiva. Ho progettato alcuni dei nostri artwork e loghi, ma il mio lavoro come performer sinora è sempre stato qualcosa di separato dai Black Moth. Forse dovrei pensare a come combinarli… Uno dei miei sforzi artistici è stato quello di avviare “Relic”, una fanzine di musica in una scatola VHS che non ha tanto a che fare con la musica in sé, ma con il quadro più ampio delle cose che hanno influenzato i musicisti o che la musica stessa ha ispirato. Il numero due è in preparazione!

Harriet, hai lavorato con Moon Ra a Roma. Hai avuto il tempo di visitare la città o altri luoghi in Italia?

Sì è stato a Roma! Ho trascorso un periodo fantastico, e poi gli altri ragazzi dei Black Moth mi hanno raggiunta e abbiamo fatto un piccolo tour in giro per l’Italia coi Red Fang, iniziando a Roma e spostandoci poi a Milano (Solo Macello Festival) e in un altro paio di posti. Tutti i nostri concerti in Italia sono stati stupendi, amiamo suonare lì… pizza gratis e grandi persone!

Le ultime parole sono tue…

Presto gireremo nuovamente l’Europa, forse anche nel 2014, quindi state attenti alle nostre news!

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