Magazine Cinema

Blood brothers

Creato il 25 febbraio 2012 da Misterjamesford
Blood brothersRegia: Alexi TanOrigine: Cina, TaiwanAnno: 2007Durata: 95'
La trama (con parole mie): Feng, Gang e Hu sono tre inseparabili compagni originari di un piccolo villaggio nella campagna cinese. Spinti dall'entusiasmo e dall'ambizione di Gang, decidono di trasferirsi nella sfarzosa Shanghai degli anni trenta per tentare fortuna: quando entrano nel giro di un boss che gestisce un locale principesco, le loro strade cominciano a dividersi.Mentre Feng stringe amicizia con la splendida moglie del boss, Lulu, e con il killer - nonchè segreto compagno della donna - Mark, Hu non riesce ad integrarsi nella sua nuova realtà di gangster, al contrario di Gang, che scala ben presto le gerarchie della banda.Quando il boss scoprirà il legame tra Lulu e Mark, le strade dei vecchi amici si separeranno, e resterà soltanto il tempo di un bagno di sangue.
Blood brothers
I gangster movies sono da sempre un quasi sinonimo di cult, in casa Ford: ricordo quando, ai tempi, passavo le ore a discutere con mio fratello se fosse meglio l'eleganza di C'era una volta in America o la cruda realtà di Casinò o Quei bravi ragazzi, e passavo dai Classici con James Cagney al "che te lo dico a fare?" di Donnie Brasco.
In questa sorta di particolare formazione di genere, l'Oriente ha avuto un ruolo certamente importante, con i capisaldi del suo melò action targati John Woo o le magistrali sequenze di Jonnie To: proprio al primo fa capo Alexi Tan, allievo del Maestro del Cinema made in Hong Kong che tentò la ribalta qualche anno fa con questo omaggio ad uno dei Capolavori dello stesso Woo, il meraviglioso Bullet in the head, trasportando una vicenda molto simile nella Cina degli anni trenta che tanto ricorda - almeno qui nella Terra dei cachi - l'ambientazione ormai mitologica della pellicola simbolo di Sergio Leone.
La storia di Feng, Gang e Hu è perfettamente inseribile nel filone dell'amicizia virile destinata alla tragedia che è alla base di gran parte dei titoli di questo genere, nonchè assolutamente elegante nella sua esecuzione tecnica, nella fotografia e nella colonna sonora, splendidamente romantica come è giusto che siano queste pellicole che paiono vere e proprie coreografie di danza nel sangue: peccato che, a dispetto di un comparto tecnico notevole - e di un'ispirazione chiara ai grandi nomi che ho citato poco sopra - la sceneggiatura non si riveli neppure lontanamente all'altezza delle ambizioni del regista, tanto da suscitare nel sottoscritto un dubbio enorme rispetto alla fase di post produzione.
Quello che pare, infatti, rispetto ad alcuni veri e propri salti temporali e logici nello script, è che l'opera, probabilmente troppo lunga, sia stata pesantemente potata in modo da essere presentata nelle sale senza rischiare che gli spettatori non avvezzi potessero pensare di trovarsi proiettati all'interno di un interminabile odissea - un pò quello che succede se non si è preparati al già citatissimo C'era una volta in America - chiedendo a gran voce la testa di regista e produttori - cosa, peraltro, accaduta anche negli States al Sergione nostro -.
Se così non fosse, ci troveremmo di fronte ad un gioiellino di tecnica irrimediabilmente rovinato da una fase di scrittura scellerata non tanto per le scelte, quanto per una mancanza di unità talmente palese da lasciare interdetti anche i più disattenti e disinteressati elementi dell'audience: qualunque sia la risposta, parte della responsabilità è certo imputabile anche allo stesso John Woo, qui in veste di produttore, perso forse troppo a pensare a quanto ingigantisce l'ego il fatto che un giovane regista possa scegliere di esordire praticamente venerando una delle tue opere migliori.
Resta, dunque, una grande scatola tutto sommato vuota in grado di regalare momenti davvero efficaci a livello realizzativo - il carrello laterale sul massacro finale è da brividi, così come le due sequenze ambientate al villaggio d'origine dei protagonisti, il ballo iniziale e la decisione dei tre di muoversi a Shanghai, ripresa anche come chiusura del climax conclusivo - ma clamorosamente carente a livello di scrittura, un esempio evidente di quanto importante sia avere nella partita un grande sceneggiatore e sfruttarlo davvero.
Volendo osare, si potrebbe pensare che rinunciare a questo aspetto è un pò come decidere di accantonare Sergio Leone per accontentarsi di Muccino.
Decidete voi se ne vale la pena.
   
MrFord
"There are times when I feel I'm afraid for the world
there are times I'm ashamed of us all
when you're floating on all the emotion you feel
and reflecting the good and the bad."Iron Maiden - "Blood brothers" -

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :