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Boateng, il razzismo e lo sport (by Bruce Wayne)

Creato il 10 gennaio 2013 da Simo785

Boateng, il razzismo e lo sport (by Bruce Wayne)

“Bisogna smetterla con questi gesti incivili. L’Italia deve migliorare da questo punto di vista”.

Non è la frase di un militante delle associazioni antimafia sparse per il Mezzogiorno, e nemmeno una dichiarazione contro le discriminazioni nei confronti dei gay. È Massimiliano Allegri ad averla pronunciata, che di mestiere fa – com’è a tutti noto – l’allenatore di calcio al Milan. E prima ancora di lui era stato Massimo Ambrosini, che è il capitano di quella squadra, aveva detto che abbandonare la partita dopo i fischi e le offese lanciate all’indirizzo di Boateng dal pubblico di Busto Arsizio, dove i rossoneri stavano giocando un’amichevole con la Pro Patria, era un modo per dare un segnale forte contro il razzismo. Sono, queste, le parole che con più incisività hanno segnato l’avvio del 2013 calcistico degli italiani, accompagnate dall’immagine di Kevin Prince Boateng che, al 27’ del primo tempo, smetteva di giocare e scagliava una pallonata violentissima contro gli spalti dello stadio in cui il Milan era ospite. Dopo tutto questo c’è stata, com’era prevedibile, la ridda delle dichiarazioni. Roberto Maroni, segretario della Lega Nord, si è dissociato con nettezza da quanto accaduto, giudicando “vergognosi” gli insulti rivolti al calciatore tedesco la cui pelle mostra chiaramente le origini africane. Più ambiguo è stato Gigi Farioli, il sindaco di Busto Arsizio, che se l’è presa un po’ con tutti – con l’arbitro, che doveva sospendere la partita senza attendere che la situazione degenerasse; con Boateng, che doveva comportarsi in maniera meno impropria – tranne che con i suoi concittadini (“Non era da persone di Busto Arsizio che venivano i cori. Qui non siamo a Verona”). In totale sintonia con squadra e allenatore, invece, sono stati Silvio Berlusconi ed Adriano Galliani, presidente ed amministratore delegato del Milan, che hanno assicurato che, anzi, la loro squadra si comporterà nella stessa maniera anche qualora episodi del genere dovessero verificarsi in gare ufficiali. Ed infine – ma l’elenco potrebbe essere ancora lungo – ha detto la sua anche Zeman, secondo il quale un gesto come quello di Boateng sarebbe stato punito con un cartellino rosso se fosse provenuto dal calciatore di un club meno importante e che casi di razzismo si verificano ogni settimana senza che, ogni volta, si decida di fermare il gioco.

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Volendo fare qualche breve considerazione su tutti questi dati, si può dire che, in effetti, a dar torto a Farioli e a Zeman quando criticano il gesto di Boateng c’è il fatto che sarebbe auspicabile non dover sapere di cori razzisti rivolti ad un calciatore di colore. O, per spiegarmi meglio: c’è il fatto che, eccessiva o meno che sia la reazione del giocatore milanista, c’è il fatto che il problema del razzismo non nasce con la sua pallonata e non finirà, purtroppo, al termine di queste discussioni. E che, dunque, più che su un cartellino rosso che non è stato comminato sarebbe opportuno puntare l’attenzione su un fenomeno che, per quanto assurdo, continua a riproporsi con frequenza inquietante – secondo l’Osservatorio su razzismo e antirazzismo, nel 2011/2012, gli stadi italiani hanno visto più di trenta episodi di razzismo. Certo, poi Zeman – senz’altro più sensato, nelle sue osservazioni, di Farioli – ha le sue ragioni nel dire che questo episodio evidenzia ancora una volta una certa “influenza” dei grossi club sugli arbitri. Però, onestamente, mi sembra un po’ come mettersi a dire che l’illuminazione pubblica non funziona come dovrebbe mentre la città è scossa dal terremoto.

Nello stesso tempo, per quanto si possa non voler mettere in discussione la buonafede di Maroni e Berlusconi, non si può non osservare che, stando alle notizie venute fuori negli ultimi giorni, uno dei destinatari della pallonata di Boateng era un assessore della Lega Nord, che a quanto pare si trovava sugli spalti di Busto Arsizio ad intonare cori razzisti nei suoi confronti. E che Berlusconi, proprio in questi giorni, sta cercando di ricucire lo “strappo” effettuato dalle “camicie verdi” dal suo Pdl poco più di un anno fa pur sapendo che, tra loro, non mancano più o meno larvati umori xenofobi (penso ai molti comizi di un Mario Borghezio). Insomma: non dubitiamo del fatto che la sconsideratezza dei tifosi della Pro Patria abbia suscitato in loro sincera irritazione. Ma ci auguriamo anche che facciano più attenzione nel selezionare i loro “collaboratori”. Ma non ci avventuriamo per questi sentieri, che esulano dallo sport e ci conducono nel territorio, ben più impegnativo, della politica…


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