Magazine

“Bohémien Cafè”. Intervista esclusiva a Ilaria De Novellis

Creato il 24 dicembre 2011 da Thefreak @TheFreak_ITA

“There’s a world elsewhere.”

(W.Shakespeare)

di Eve Delirio

E quando lei arriva, non posso fare a meno di concordare. E di domandarglielo.

Ilaria ha i capelli scuri, lunghi, perennemente in movimento per loro stessa natura. Ma qui sono gli occhi il punto della questione. Sono grandi. Ma questo non basta a descriverli. Sono pieni di luce, come la mattina in cui ti svegli e il mondo ha deciso, dopo un’ attenta stima dei pro e dei contro, che sia primavera. Ma neanche questo è sufficiente a spiegarmi. Danzano. Semplicemente. Senza bisogno di tanti giri di parole. I suoi occhi danzano. Sono nell’ aria. Sono. Aria. E io non posso evitare di notarlo, malgrado lei sia seduta proprio davanti a me in un ristorante giapponese. Le dico di immaginare di trovarci in un caffè francese tenuto in una morbida penombra. Tra poeti perduti e innamorati decaduti. Il “Bohémien Cafè”.  Ilaria è nell’aria. E’ in alto. Più in alto di dove io mi trovi. Accendo il registratore. Chissà se, da lassù, la sua voce riuscirà a entrarci dentro.

 Ilaria De Novellis, classe 1986, è da qualche mese campionessa mondiale di tessuto aereo. Le sue parole hanno le proprietà della magnesite: sono leggere e ti incollano alla storia che stai ascoltando. Perché questa è una storia. Una storia di danza. Una storia di trapezisti e trampolieri. Una storia di sogni.

Eve: Ilaria, tu sei la nuova campionessa dell’ “Aerial Competition 2011″, tenutosi quest’ anno ad Hong Kong. Come si diventa campionesse? Quante ore di allenamento al giorno occorrono? Quanta dedizione? Quanto talento?

 Ilaria: Questa domanda mi piace molto. Ma trattiamo un punto per volta. Per questa competizione, mi sono allenata quasi 5 ore al giorno, tutti i giorni. Occorre dedizione. Riguardo il talento… più che il talento, io direi che serve tanta testa. Occorre concentrazione, essere perfettamente consapevoli del proprio corpo e dei movimenti che si stanno compiendo. Ritengo che il talento si acquisisca col tempo. Ha a che fare con la dimestichezza che si raggiunge con l’attrezzo, con la confidenza che si ha con lui.  E, per la preparazione alla gara, è la testa a dover sopportare, paradossalmente, il peso più grande.  E’ lei a doversi confrontare con l’ idea che si competerà con atleti provenienti da ogni parte del mondo. E’ lei a dover accettare che non ci siano sicurezze. Non ci sono ganci, non ci sono materassi, non c’è niente. Lassù ci sei solo tu. 

E: Non pratichi solo il tessuto aereo, ma anche il cerchio, la sfera, i trampoli. Tu sei un’ artista circense a tutto tondo. Come è nato il tuo amore per le discipline aeree e, nello specifico, per il tessuto?

I: Ho sempre nutrito un amore per l’ arte. Ho iniziato dalla danza. Quello che, però, mi ha condotto fin qui è stato un grande senso di responsabilità. Fin da ragazzina non desideravo gravare economicamente sui miei genitori e, per guadagnare qualcosa per conto mio, facevo l’animatrice a delle feste per bambini. Durante la seconda festa di compleanno in cui lavorai, fui affiancata da un trampoliere e volli imparare anche io. Mi iscrissi ad uno stage di cinque giorni e lì vidi appesi in aria gli attrezzi aerei. Mi sentii  in un mondo popolato da fate, un mondo incantato. I primi due giorni furono dedicati totalmente all’aerea. Durante il primo,  usai quasi esclusivamente il trapezio. Odiai il tessuto all’inizio. Non riuscivo a salire, a sollevarmi da terra. Il secondo giorno mi intestardii e decisi che io sarei salita sul tessuto. Era una sfida. Era un desiderio.  A un anno dallo stage frequentai  la Scuola Romana di Circo, per sei mesi. Da lì viaggiai, studiando in Inghilterra, in Spagna e in altre città europee.

E: Guardarti volteggiare nell’aria è un piacere per gli occhi e uno stupore per la mente. Il tuo corpo sembra trascendere la gravità, farsi beffa di lei. In te c’è la possibilità di osservare il mondo da un’ottica completamente diversa, preclusa ai più. “Esiste un mondo altrove”, scriveva Shakespeare. E’ così?

 I: Mi nomini Shakespeare…nella mia adolescenza, il libro che mi aveva ispirato era “Sogno di una notte di mezza estate.” E fu quell’ identica atmosfera che percepii quando entrai per la prima volta in una sala di aerea. Io ero in un sogno, in una dimensione surreale, senza aver neanche iniziato. Ed è questa stessa dimensione che cerco di riprodurre quando mi esibisco. Questo senso di magia che io stessa avverto. Guardare dall’alto è una sensazione straordinaria, forse impossibile da spiegare. So che sorrido tanto quando sono nell’ aria.

E: La tua è una vera e propria forma d’arte. Penso a Marion de “Il Cielo sopra Berlino” e a Le Cirque du Soleil. Il tuo è un danzare incessante che si esprime attraverso diverse forme, ma che mantiene fissa quell’ idea di sospensione, come il pubblico fosse catapultato in una diversa dimensione. A cosa ti ispiri nel realizzare le tue coreografie?

I: Normalmente si ritiene che coloro che si esibiscono siano persone egocentriche. Io dico sempre questo: gli attori, i clown, tutti colori che hanno a che fare col pubblico sono le persone più timide sulla faccia della terra, me compresa.  E l’ ispirazione, come per i poeti e per gli scrittori, varia a seconda delle sensazioni che avverto in quei momenti. Ad Hong Kong  volevo esprimere tecnica, fluidità, armonia, ma non c’ era qualcosa o qualcuno a cui facessi riferimento. Ugualmente è ciò che ho fatto nello spettacolo “Jesus Christ Superstar”, dove utilizzavo i trampoli.

E: Mi vengono in mente Fellini e le sue due maschere immortali: Il Bianco, il cui trucco evoca Pierrot, e Augusto, il folle. Da un lato l’ eleganza e l’ equilibrio. Dall’altra il clochard, il ribelle, il clownesco. A quale di queste due figure ti senti più vicina?

 I: Probabilmente al Bianco. Tendo ad essere una persona molto posata, delicata, ed è questo che rappresento quando mi esibisco. Questa eleganza, questa pacatezza, questa tranquillità. Eppure c’è un elemento di ribellione in me, magari non immediatamente percepibile, ma è insito nell’idea di aver sempre cercato qualcosa che mi rendesse diversa, che mi desse la possibilità di esprimere questa mia particolarità.  

E: Abbiamo parlato del passato, ora, avviciniamoci al futuro. So che hai insegnato Piccolo Circo al “Circus Bosch” e ora cerchio aereo al “Vertical Dolls Studio”. Sei in procinto di aprire un tuo corso di aerea nella scuola ”ASD Mondo in Movimento.”  Cosa consiglieresti a giovani che vogliono avvicinarsi alla pratica delle discipline aeree?

I: Non scoraggiarsi, essere positivi. Io per prima sono la dimostrazione di cosa significhi approcciare ad una disciplina già da adulti e renderla una parte fondamentale della propria vita. Bisogna comprendere i piccoli progressi che si fanno ogni giorno e sfruttare al massimo l’attrezzatura che si ha a disposizione in quell’ora, anche se si è stanchi.  Ed è necessario essere disposti a patire un po’, perché sì, gli attrezzi fanno male. Il tessuto brucia, ad esempio. E poi c’è la paura. Io soffro di vertigini, sai?

 E: [resto in silenzio per qualche secondo. ] La campionessa mondiale di tessuto aereo [ndr: le performance di solito si svolgono a sei metri di altezza dal suolo] soffre di vertigini…e questo è…”freak” (inteso come “stravagante”, in questo caso)… allora, in ultimo, cosa consiglieresti a tutti i freaks che ci stanno leggendo

I: Ebbene sì, lo confesso, soffro di vertigini.  E il mio consiglio è questo: combattete. Una guerra pacifica. Ma combattete. Contro le vostre paure. Contro gli ostacoli che vi si presenteranno davanti. Credete in voi stessi. Credete in ciò che amate, anche se per gli altri sembrerà solo un gioco. E ricordate che, perfino chi non soffre di vertigini, teme altezze notevoli.  

 

Sono trascorse due ore e mezza da quando ci siamo accomodate. La proprietaria del “Bohémien Cafè”  ci presenta il conto, contrariata dal nostro attardarci. L’immaginazione non è luogo senza prezzo. Il mio caffè è diventato freddo, imbevibile. Non mi ero neppure accorta mi fosse stato servito.  Fuori , dalla finestra, la luce ha acquistato quella tonalità bluastra e melliflua che anticipa un gelido pomeriggio parigino. Ilaria è senza voce, ormai.  E mi accorgo che solo una cosa non è cambiata da quando l’ho incontrata. I suoi occhi. I suoi occhi stanno ancora danzando.

 

 



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :