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Brasile 2014, fino all’ultima goccia

Creato il 19 luglio 2014 da Webnewsman @lenews1
Pubblicato da Mathias Mougoué

Del Brasile reduce dell’appena conclusasi rassegna calcistica iridata è palese che deve recuperare l’umiltà prima di rigettarsi nella mischia. Troppa frenesia castra la concentrazione e tradisce lo stile. L’orgoglio in questi casi è il principe tirannico dei vizi capitali. Orbene, I Brasiliani hanno ubbidito all’orgoglio e si urtano al vox populi che anche da loro, paese molto superstizioso nonostante il cattolicesimo ostentato dice spesso “mai 2 senza 3”. Sono dunque avvertiti e hanno loro stessi come primo avversario.

Eppure, i Brasiliani che nella versione del Portoghese che parlano hanno talvolta mantenuto la fraseologia latina, fatta di espressioni sapienti  dovrebbe saper comunicare con saggezza e comprendere che il velo della modestia copre il merito e la maschera dell’ipocrisia nasconde la malizia. Hanno lasciato libero corso all’istinto di ingannare i fan di casa due volte in pochi giorni con un paravento. Il Brasile ha finito per glorificare la sua mediocrità.

Nessuna sorpresa dunque di vedere i Paesi-Bassi magistralmente condotti da « beep beep Robben » il 12 Luglio finire terzi del Mondiale per un successo a questo punto non più clamoroso davanti al Brasile (3-0).  Gli “Auriverde” non si erano del tutto rimessi dallo schiaffo ricevuto dai Tedeschi. Pensavano più a come posizionarsi per la partita contro l’Argentina a fianco agli stessi Tedeschi. Curiosi attori che si auto educano come fan del  loro boia ma anche questo è il Mondiale quando tutte le carte in tavola non si coniugano col tracciato della mappa del terreno.

Partita di classifica paesi Bassi Brasile 3-0, e si intravede un certo Zidane sorridere nel 1998 ricordando agli sfidanti che il Brasile nella sua storia non ha mai battuto la Francia in scontri ufficiali.

Gli Olandesi senza essere ispirati oltre la costanza della classe di Robben, giocano una partita abbastanza timida ma non rinunciano a bastonare un bambino già a metà castigato al la sua seconda sciocchezza in 5 giorni. Il Brasile ha abbandonato il suo onore vedendo la “sua” Coppa Del mondo cominciare a prendere la direzione dell’Europa quando il selezionatore Scolari criticato a ragione per le sue scelte tattiche durante il torneo, decideva di togliere alcuni elementi reputati parasiti dai suoi 11 titolari. Fuori i vari Fred e Hulk o ancora Marcelo che così fiacco sul fianco sinistro in semifinale. Il ritorno di Thiago Silva nella difesa quasi tutta parigina con la presenza di Maxwell e David Luiz non basta per stabilizzare la retroguardia brasiliana.

.Dopo soli 2 minuti di gioco, David Luiz è battuto in uno scontro aereo da van Persi che lancia Robben in profondità. In ritardo e messo in difficoltà, il carismatico Capitano Thiago Silva si rende colpevole d’un fallo in quanto ultimo difensore. L’arbitro,  l’eccellente Algerino M. Haimoudi si limita a ammonire il difensore che meriterebbe anche il rosso. Interpreta ottimamente il momento psicologico e giustamente con tanta personalità, indica il punto di rigore, per un fallo iniziato giusto all’ingresso dell’area di rigore e protrattosi dentro senza cessare, dando facoltà di scegliere come punirla. Van Persie s’incarica del tiro e trasforma la sentenza con una botta secca all’altezza giusta. Al 3° minuti siamo 1-0 per l’Olanda. Van Persie rida segno di Vita dopo alcune partite di digiuno e gli spettacolari gol della fase a girone. I paesi bassi sono lanciati e i ricordi dell’incubo vissuto con la Germania riaffiorano per i Brasiliani.

I giocatori di Louis Van Gaal, privato dal loro regista Wesley Sneijder, stoico al punto di darsi a fondo al riscaldamento e rimediare un risentimento alla coscia giusto prima della partita srotolano il loro gioco senza difficoltà alcuna. Il suo sostituto Jonathan de Guzman pensa di far capire che anche lui ha talento al 15° minuto. Sul filo del fuorigioco,  ha l’istante astuzioso d’un bon traversone dalla destra, che David Luiz confuso libera nell’asse, ed è ovvio che il castigo che temeva si materializza. Daley Blind, figlio del leggendario capitano del grande Ajax, miglior club europeo della metà degli anni 90 ora in panchina al fianco del Guru Van Gaal suo coach di allora ringrazia e rincara la dose (0-2 al 16°).

La scena apocalittica si vive prima come stress psicologico, tattico e tecnico per la squadra di Felipão Scolari, cittadino Italiano dal 2002 poiché discendente da Italiani. L’evidente mancanza d’alternativa a Neymar nello schema offensivo degli uomini in giallo è edificante. Eppure è bene insistere che Neymar non è Pelé e l’alibi de l’assenza di Thiago Silva in semifinale non regge. Questa volta c’è e non sta di certo facendo bella figura. Seduto in panchina, Neymar osserva i suoi compagni di squadra dicendosi che non sarebbe stato male rimanere a letto nella sua stanza di degenza in ospedale. Oscar prova a scuotere i suoi, ma il Brasile è poco pungente davanti dove Jô è abbonato assente. I Paesi-Bassi tornano negli spogliatoi conducendo per 2-0.

Nella seconda manche, il Brasile si muove di più con l’inserimento di Fernandinho poi del “profeta” Hernanès a centro campo. Eppure è Robben che con 1 tiro incrociato al 50° dà l’idea di ciò che deve fare un leader per segnare il torneo. Al 68°, Oscar potrebbe ottenere un rigore ma viene ammonito per simulazione. L’arbitro usa bene del suo potere salomonico . Nulla sorride ai giocatori di Scolari. Bisogna dire che nemmeno questi incutono timore nella l’area di rigore avversaria. L’ingesso di Hulk non cambia nulla al destino del Brasile in questa competizione. Il contrario avrebbe stupito. Hulk otterebbe miglior fortuna nelle riviste per donne ammiratrici din uomini dal fisico da sollevatori di pesi. Addirritura è Robben che scappa due volte e per poco non ottiene un rigore all’83° minuto. Sarebbe stato giudizioso ma l’arbitro Africano ha piena padronanza del suo argomento come del fischietto.

Nei minuti di recupero, l’immensa ala del Bayern Monaco dà prova di quanto è vero che le partite non finiscono mai prima del triplice fischio finale. È vero anche quando come il Brasile si ha fretta di filare sotto la doccia per lavarsi dai fischi del proprio pubblico. Stacca sulla destra per Janmaat che serve un cross chirurgico al capitano del PSV Eindhoven, Wijnaldum, entrato qualche tempo prima. Il calice è bevuto fino all’ultimo e l’umiliazione è completa per il Brasile che rimane nel suo paese ma lascia la competizione la coda tra le gambe, molto lontano dai sogni di gloria che avevano cullato un popolo intero da qualche mese con uno sforzo della classe politica di mascherare le proprie difficoltà a rendersi credibile e la leggerezza del popolo a bere l’illusione. Eppure tutti sapevano!

Dato che il terzo posto fruttava 180 milioni di euro, viene spontaneo chiedere a quelli che si auguravano una « cortesia » dei Tulipani al Brasile Padrone di casa chi di loro avrebbe rinunciato a tali benefici per il proprio paese e elargire gli introiti agli avversari con magnanimità sportiva. Nessuno si era tanto dispiaciuto per la sorte del Sudafrica 4 anni fa. Eppure se si tolgono ai Brasiliani i favori arbitrali del primo turno, si scopre che la seleção è presso a poco al livello del Sudafrica allora allenato sempre da un Brasiliano. Sono assiduo alla Coppa del mondo da 16 anni e non ricordo di aver visto altrove il livello d’organizzazione e d’implicazione popolare che vi fu in Sudafrica.

Non è ciò che impedirà al Brasile più innamorato del calcio che fair play, strafottente ma non necessariamente autoironico di schierarsi dalla parte di quelli che gli avevano impartito une lezione a sette stelle per chiudere la festa del calcio a modo loro, affrontando dalle tribune e davanti al televisore l’Argentina. La modestia è il velo naturale della bellezza. La Germania è arrivata ambiziosa senza essere ne presuntuosa ne arrogante ma si ritrova suntuosa incastrandosi alla perfezione nel pronostico del Coach Lippi, che guidò l’Italia al sacro del 2006 in Germania per l’appunto prima di prendersi una batosta che castigò il suo approccio sufficiente in Sudafrica nel 2010. In quella occasione, I Tedeschi usciti ai quarti battuti dall’Italia diedero una grande prova di umiltà e civiltà festeggiando la Nazionale come degli Eroi. Lippi Ne capisce necessariamente per esperienza e a modo suo mise in guardia i Brasiliani. Questi alla fine non hanno avuto bisogno di attendere che i Tedeschi si rendessero simpatici oltremodo indossando la stessa maglia con la quale gli avevano imposto la loro disfatta. È Quasi identica alla maglia del Flamenco che ha prestato la sua arena alla Finale e i fan Brasiliani hanno dato una mano ai Tedeschi indossandola da soli.

Finale delle Coppa Del Mondo 2014, Germania-Argentina: 1-0 con gol di Götze (113° minuto)

Di fronte all’Argentina non molto bella ma tenace, la Germania ha dovuto attendere i supplementari per fare la differenza. Le finali sono a volte l’antitesi della bellezza e del dinamismo in uno scenario dove ciascuno è prudente e obbedisce alla paura del “o la va o la spacca”. Il sostituto di Lusso Götze propulsa i suoi al firmamento al 113° minuto. Al termine del suspense, la Germania ha staccato un quarto trofeo Mondiale dopo supplementari grazie all’azione vellutata del suo fiero gladiatore, non al suo primo colpaccio in questa competizione.

Gli Argentini sono in superiorità numerica intorno al prato con un Maracanà pullulante di supporter dell’Albiceleste. In più dei 30.000 già presenti, giusto per la finale ne sono arrivato altri 100.ooo per non rimpiangere di non aver vissuto l’evento sottocasa. 50.000 di questi hanno guardato la finale nelle piazze di Rio e del Brasile, su schermo gigante, il che non guasta. L’atmosfera delle Coppe Del Mondo è magica anche fuori dagli stadi e a volte addirittura meglio. La Mannschaft ha forse sofferto dell’assenza di Sami Khedira, infortunatosi durante il riscaldamento e sostituto con Christoph Kramer. Niente fortuna. Il giocatore del Borussia Mönchengladbach frana sulla terribile spallata di Garay al quarto d’ora di gioco, mentre la sua squadra s’impadronisce dell’amministrazione della partita. Le occasioni più importanti sono senza sorpresa tedesche. Sei minuti più tardi un retropassaggio di Toni Kross permette a Higuain di presentarsi da solo al cospetto di Manuel Neuer. Solo gli intraprendenti finiscono per lavorare per gli attendisti. Tiro istantaneo del Giocatore del Napoli al quale purtroppo gli sciamani che confezionano lo Yerba Maté di cui nessun Argentino fa a meno la mattina avevano promesso un solo gol. Piccola misura con la quale l’Argentina ha spesso risolto le partite in questo Mondiale guidata più da Di Maria che illuminata da Messi, salvatore preannunciato per unzione anticipata. Il tiro non trova nemmeno lo specchio della porta. Il pallone era forse stato promesso ad una aficionada nelle tribune. Ciascuno ha il suo Mondiale. Primo sbaglio di una lunga serie. Lionel Messi, del quale si attende il risveglio che lo porterà al livello di Diego Maradona si fa vedere ad intermittenza. La sua macchina va avanti solo con i lampeggianti e risparmia i fari, in una notte in cui la partita è stata anticipata di un’ora rispetto alla vigilia per poter usufruire il più possibile della luce naturale e dell’energia solare come si sperava per giustificare il grande regalo che il marketing aveva già in serbo per lui.

Il lancio di Messi alla mezzora di gioco permette a Lavezzi l’intraprendente ala del PSG di piazzare un cross per Higuain, solo nell’area di rigore. La sua esecuzione incrociata è perfetta e inganna Neuer ma il nativo di Brest, allontanatosi esultante per il suo gol, non vede l’assistente del centrale segnalare la sua posizione di fuorigioco. È abbonato dalle semifinali alle celebrazioni d’illusione di gol che si procura più di quante finalizzazioni effettive compie. Dopo una reazione tedesca ad opera di Schürrle, Messi cerca nei suoi scarponi le chiavi per aprire le marcature ma la porta tedesca obbedisce soltanto alla chiave magnetica personalizzata del tocco dei guantoni di Neuer. La percussione a destra per poco non coglie Neuer allo sprovvisto, cosa che non impedisce alla corrazzata Wermacht di conservare la concentrazione, nonostante i folgori. I teutonici rimangono regolari nel loro gioco. Rischiano di aprire lo score proprio alla fine del primo periodo, prima con Kroos al 43°, poi soprattutto con Howedes il cui colpo di testa il minuto successivo trova il palo, solido come la testa dello stesso giocatore germanico.

Il sipario si alza sul secondo atto con ritmo naturalmente più acceso. Sono i 45 minuti del tutto per tutto. Lavezzi al contrario delle ultime partite è curiosamente rimpiazzato durante la pausa da un Sergio Aguero, sminuito e che non avrà sulla partita l’impatto auspicato. Forse gli sforzi ai quarti e durante le semifinali sono stati troppo dispendiosi per il Pocho.  Messi al 48° si distingue ancora ma non gode del’aiuto dei suoi che peccano per imprecisione. Povera pulce. Quando può, nessuno vede ciò. È dunque per questo che vincerà una distinzione individuale. La sorte della partita è sospesa, avendo gli Argentini capito il modo di chiudere dietro. Ma non è lì che si vince. Semmai, si ritarda il  momento di perdere. Come lo hanno dimostrato contro la Svizzera prima di prendersi uno spavento con i Belgi che pensano il contrario. Eppure tutto può cambiare all’ora di gioco quando Neuer, libero verace della Mannschaft percuote con un tocco sbilenco Higuain mentre con il pugno allontana il pallone al limite dell’area di rigore. L’arbitro l’Italiano Rizzoli abbastanza complice degli Argentini proprio conto i Belgi non fiata. Il ritmo manca di verve ma le occasioni sono sempre più nitide. Müller al 71° poi Howedes all’80° minuto possono finalmente sbloccare il contattore, ma il risultato ha scelto di rimanere muto.

Gli Argentini giocano la seconda partita di seguito fino ai supplementari, dopo quella contro gli Olandesi in semifinale. La storia di questi Mondiali ha raccontato che questa è la via maestra per capire chi perderà la partita in corso. Due partite di seguito ai supplementari, esci alla seconda. Chiedete a Costa Rica e Olanda. Il nuovo entrante Rodrigo Palacio sbaglia clamorosamente il vantaggio, come spesso gli capita nel campionato italiano. Si ribellano i fan della Juventus e soprattutto di Tevez che in quel momento si stava mordendo il polso di rabbia dovunque si trovasse per la sua non convocazione nonostante la brillante stagione con la Juve. Schweinsteiger è vittima di numerosi falli ma come i gatti ha sette vite, lui il cui nome allude al maiale. Al 113°, minuto della liberazione.

I Cristiani capiscono solo allora che l’anzianità conta anche nella chiesa. Tra i due Papi Dio ha scelto di ascoltare il più anziano e forse è meglio come vuole la tradizione prima di fare un papa nuovo aspettare che muoia il suo predecessore. Una azione animata da due giocatori entrati nel corso della partita sancisce la fine dei Mondiali. André Schürrle entrato al posto di Kramer al quarto d’ora di gioco, se ne va e effettua un cross per Mario Götze che invece ha sostituito Klose, sazio a 36 anni di una competizione di cui è lui il capocannoniere di sempre. Giochiamo la fine del tempo regolamentare. Lo stop di petto seguito da una volée di sinistro di Götze è splendido e manda la Germania in Paradiso.

Hanno anzitutto avuto il coraggio di dichiarare con anticipo che la festa era ad ogni modo in programma a Brandenburger Tor due giorni dopo la finale. Per loro, essere la squadra la più costante della storia della Coppa del Mondo era già una vittoria: 14 semifinali in 18 Mondiali coronate da 4 trofei. Se gli Argentini non hanno demeritato, le individualità avrebbero avuto torto di dettare legge sul gruppo, la squadra, cosa che l’astuto Löw sa benissimo gestite e con strategia. Il povero Di Maria, confinato in panchina per infortunio è il più deluso di tutti. Era lui il carburante della selecciòn albiceleste di cui si attendeva la consacrazione in Patagonia come nel resto della terra del Fuoco all’estremità del subcontinente latino americano. Alla fine dei supplementari, il sogno di un popolo svanisce, quello d’un altro arde nel tempio del calcio.

La fortuna aiuta solo gli audaci si dice e la Germania con l’andare delle partite ha legittimato ciò che oggi la critica non le può strappare. In più, giocava contro l’Argentina e i più contenti in brasile erano i locali. La letizia è di quelli che potranno prendersi gioco degli Argentini a suon di “Pelé è più grande di Maradona”. Non avrebbero tollerato che il santuario del loro pallone fosse profanato da vicini rivali e hanno permesso ai Tedeschi di infrangere un tabu: sono la prima selezione europea a vincere un Mondiale in America Latina dove di solito solo i Sudamericani vincono il titolo e ciò non è bastato come alibi ai Brasiliani per schierarsi dalla parte dell’Argentina e preservare l’esclusività dell’America Latina. Dopo il rigore di Brehme in Italia nel 1990, Per la seconda volta di seguito i Tedeschi beffano gli Argentini in finale di misura.

Robben ha sicuramente letto « Osservazioni Morali » di Adrien Destailleur per sapere che « la modestia non consiste precisamente nell’ignorare il proprio merito ma nel non glorificarsene ». Difatti, la modestia sta al merito come il pudore alla bellezza.” Se Robben non ha letto l’opera, la sua attitudine l’ha riscritta pallone al piede. Robben durante la partita per il terzo posto fece dire a uno dei nostri collaboratori “che giocatore, che energia, che volontà… Che tecnica e che corsa alla sua età!”, prima di stupirsi quando lo informai che Robben ha solo 30 anni. Però che giocatore! È chiaro che per far vincere il titolo del miglior giocatore del torneo a Messi bisognava decidere che Robben è un nano da giardino rimasto nei Paesi-Bassi a giocare nell’orticello di sua nonna mentre gli altri brillavano al Mondiale in Brasile.


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