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Breve storia del Cha no yu, ovvero la via del tè Giapponese

Da Lasignoradellecamelie
Breve storia del Cha no yu, ovvero la via del tè Giapponese
In Giappone si beve comunemente il tè verde in foglie durante tutta la giornata, ma il matcha ossia il tè verde in polvere viene utilizzato in una cerimonia antica e radicata nella cultura nipponica, il Cha No Yu o Chado, letteralmente acqua calda per il tè e via del tè.

Il tè ha avuto un impatto monumentale sulla cultura del Giappone, modificando ed ispirando poesia, calligrafia, letteratura, artigianato ed arte. Durante il regno del Principe Shotoku (574-622) era comune spedire in Cina molti monaci buddisti che avevano intenzione di studiare al meglio la loro religione, durante i loro studi religiosi essi apprendevano la cultura cinese del tè e molti ne portavano testimonianza una volta tornati in Giappone. L’imperatore Shomu fu il primo ad intrattenere degli ospiti con del tè, servendolo  nel 729 ad un centinaio di preti buddisti  che grazie a questo nuovo infuso videro potenziata la loro meditazione. Uno di questi monaci, Gyoki decise di dedicare il resto della sua vita al tè e fece costruire 49 templi con annessi giardini di tè. Questo primo “tea party” modificò drasticamente il destino del tè in Giappone, nel 794 l’Imperatore Kammu fece costruire il palazzo imperiale a Kyoto con un giardino di tè grande come una piantagione all’interno delle mura del palazzo, amministrato da un consigliere imperiale. Nell’805, Saicho meglio noto come Dengyo Daishi (nome datogli dopo la sua morte), di ritorno dal suo percorso di studi in Cina porta in Giappone i primi semi di Camellia sinensis, e li pianta presso il monte Hiei nella provincia di Omi. Ancora oggi è possibile visitare la prima piantagione sperimentale millenaria. Nel dodicesimo secolo una seconda ondata migratoria di artisti e monaci arriva in Giappone e riprendono i viaggi di studi dal Giappone verso la Cina, aboliti precedentemente per molti anni.Breve storia del Cha no yu, ovvero la via del tè GiapponeseIl monaco buddista che in questo periodo, per primo porta in Giappone la cultura del tè che poi si svilupperà in complesso rituale è Eisai Myo-an.  Eisai studia presso al setta meridionale Zen, una setta buddista che usava meditare bevendo tè in polvere miscelato con un frustino di bambù all’interno di grandi ed imperfette tazze.  La tazza veniva fatta passare da un monaco all’altro, i quali riuniti attorno ad una statua di Bodhidarma celebravano una sorta di Cha no yu primordiale.  Eisai porta in Giappone questa tradizione ed il tè in polvere, allora sconosciuto nella sua terra, nasce così il matcha giapponese.  Così si beveva il tè in epoca Song in Cina, polverizzato finemente con l’ausilio di macine di granito e poi “sbattuto” con l’acqua calda, si otteneva così una “spuma di giada”.  Eisai raccomanda il tè anche come medicina contro l’inappetenza, paralisi, febbri, ber iberi ed altre malattie comuni all’epoca.  Egli scrive nel suo saggio Kissa Yojoki, un saggio sugli effetti benefici del tè sulla salute umana: “Nel grande paese di Cina, si beve molto tè ed il risultato è che le persone sono sane e vitali, senza problemi di cuore e con lunghe vite. Nel nostro paese le persone sono magre e debilitate ed il motivo è il seguente, non bevono il tè che toglierebbe loro la stanchezza, la depressione e donerebbe gioia e serenità al loro animo.”  Uno dei discepoli di Eisai, Dogen (1200-1253), uno dei membri più eminenti della Setta Soto del buddismo Zen giapponese, era anch’esso infervorato con la nuova bevanda di giada. Dopo i suoi studi in Cina fece ritorno in patria nel 1227 con un carico di utensili per la preparazione del tè. 

Breve storia del Cha no yu, ovvero la via del tè Giapponese

cerimonia con la maestra di chado Senyo Machida

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In quel periodo il tè veniva bevuto solamente da monaci, nobili e membri della corte e guerrieri. All’interno dei monasteri il tè divento un rito istituzionalizzato che iniziava con il primo tè del mattino, per prepararlo al meglio con il tempo i monaci svilupparono una serie di regole ferree dette sarei o etichetta per il tè. L’amore per il rito del tè in Giappone continuava a crescere anche grazie ai monaci pellegrini che ne portavano testimonianza in tutto il paese ed i monaci che furono ad essere i primi maestri del tè svilupparono un rapporto ancora più stretto fra religione e tè elevando al cerimonia ad una delle tecniche Zen di illuminazione.

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TE’ E SAMURAIEpoca Kamakura (1192-1333); lo Shogun Minamoto si ammala gravemente e chiama in soccorso Eisai, che grazie al tè ed allo stile di vita Zen lo cura. Dopo questo episodio Minamoto diventa un entusiasta della cultura del tè e fa di tutto per svilupparne la cultura . Prima di entrare in una casa da tè, i samurai erano obbligati a disarmarsi per condividere la pace davanti ad una tazza di matcha. Secondo il bushido, il codice d’onore dei samurai, o vai del guerriero: “Un samurai che ha come valore solo la forza è un samurai inaccettabile. Egli deve praticare la poesia ed essere un profondo conoscitore della cerimonia del tè”.Il tè veniva considerato anche un vezzo dell’alta società, presso al corte Imperiale e nelle dimore dei nobili erano comuni le tochao gare di tè. Erano competizioni dove ci si sfidava nel preparare il tè migliore, in palio c’erano doni di altissimo valore economico e sociale come armi, armature e kimono di seta. Da queste grandi feste a base di tè si sviluppa un cerimoniale più discreto ed intimo. 
Breve storia del Cha no yu, ovvero la via del tè Giapponese

Breve storia del Cha no yu, ovvero la via del tè Giapponese
I PRIMI MAESTRIShuko (1423-1502) fu uno de primi maestri a dettare delle regole anche sullo spazio dove si svolgeva la cerimonia. Egli nasce a Nara e fin da bimbo partecipa alle tocha, ma preferisce inevitabilmente una visione più intima della cerimonia del tè. Shuko diventa monaco buddista sotto al guida del suo maestro Ikkiyu, che conosce l’arte cinese e l’arte coreana del tè. Lo studio dello Zen e gli insegnamenti del suo maestro portano Shuko ad immaginare una cerimonia sobria ed elegante in armonia con i principi Zen. Essendo egli anche un bravissimo architetto nasce in lui l’idea di dedicare uno spazio speciale della casa o del tempio a questa cerimonia, vuota e senza arredamenti, piccola ed intima dove potersi rilassare e svotare la mente davanti ad una ciotola di tè.  Shuko crea così la prima capanna del tè a Kyoto che era grande solo 4 tatami e mezzo, nasce così una stanza dove si crea un mondo a parte dove il tempo si ferma come nei dettami della filosofia Zen.Lo shogun Oda Nobunaga (1534-1582) grande amante dell’arte del tè e amico di maestri, decide di elevare il maestro del tè a ministro di governo, difatti il suo governo veniva chiamato ochanoyu goseido, ossia governo del cha no yu. La sua scelta cade su Sen no Rikyu, il maestro giapponese più importante colui che codifica le regole della cerimonia ancora oggi in uso. Dopo la morte di Nobunaga, il suo successore Toyotomi Hideyoshi (1536-1598), mantiene Rikyu come maestro del tè di governo, posizione che comportava grandi onori e privilegi.   Hideyoshi nel suo palazzo ad Osaka fa costruire un padiglione del tè dorato. Le forti personalità dei due uomini però li porta inesorabilmente allo scontro, Hideyoshi ordina a Rikyu di commettere il seppuku o suicidio rituale. L’ultimo chanoyu del grande maestro si svolge nel 1591 all’età di settanta anni.

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Buon chado a tutti!



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