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Breve storia dell’Italia meridionale

Creato il 14 giugno 2011 da Ilcasos @ilcasos

Piero Bevilacqua, Breve storia dell’Italia meridionale dall’Ottocento a oggi, Donzelli, Milano 1993, pagg. 176 (con glossario in appendice a cura di Alberto M. Banti).

«Le differenze fra Nord e Sud ci sono sempre state, ci sono e ci saranno sempre
(Anonimo)

Breve storia dell’Italia meridionaleSolitamente, chi si appresta a leggere una ricostruzione storica dall’Ottocento a oggi sa bene di trovarsi difronte a un lavoro di sintesi, quindi di ripercorrere le linee generali di una storia che meriterebbe uno sforzo e un approfondimento ben diversi. Poco male se il lavoro in questione è ben fatto e rende conto della bibliografia più aggiornata: per lo meno un ottimo strumento per farsi un’idea, tanto più perché il glossario (di Banti) in appendice lo trasforma in un supporto allo studio utilissimo. Aspettativa legittima che, per molti versi, questa lettura non riesce a smentire completamente. Salvo che per un paio di note interpretative di fondo che permeano tutto il testo, anche quando sembra di ricalcare (e per alcuni, eventualmente, rileggere) motivi e discorsi ben sedimentati nella storiografia contemporanea.

Ecco perché il lavoro di Bevilacqua si inserisce a pieno titolo in quell’ondata di studi che forse chiameremo un giorno post-meridionalisti, posto che tali denominazioni possano aggiungere davvero qualcosa alla sistemazione analitica dei fatti. È certo che, a partire almeno dagli anni Ottanta del secolo scorso, gli studi storici – e in particolare quelli a sfondo socio-economico – hanno iniziato seriamente a prendere di petto una o due questioni che il meridionalismo classico sembrava essersi fatto sfuggire di mano. Innanzitutto l’esistenza, nel vasto mondo del Mezzogiorno italiano, di un complesso reticolato di realtà non sempre immediatamente assimilabili e quindi non sempre da inquadrare, capire e affrontare con i medesimi strumenti analitici e le medesime categorie concettuali. E non solo per una questione geografica, anche se è vero che i pastori transumanti abruzzesi erano calati in strutture sociali che i siciliani avrebbero riconosciuto a stento. Almeno da un certo momento in poi. Di non secondaria importanza, inoltre, è la consapevolezza che ridurre tutta la storia meridionale alla più nota «questione» sollevata dai primi meridionalisti (dal 1870 in poi: Pasquale Villari, Sidney Sonnino, Leopoldo Franchetti ecc…) è un processo mentale che a lungo andare mina alla base i presupposti stessi di una riflessione seria. Per l’autore, che si spinge ancor più in là, battere questa strada porta dritti dritti ad una paradossale non storia. Se il Sud diventa sinonimo di arretratezza, malgoverno, dualismo o (peggio) malattia sociale, allora la sua storia si trasforma nella storia di ciò che non è stato, ciò che non è accaduto.

Domanda: bisogna dunque scrivere una storia che giustifichi l’esistente, senza critica? No, ma arrestarsi alla logica del dualismo e delle scostamento fra le due parti del paese può costituire, col tempo, una zavorra inamovibile. Sarebbe, appunto, rendere perpetue quelle differenze, asservire il sapere critico.

Da qui l’idea che si possa ricostruire, grazie a una nutrita bibliografia e un percorso di studi onorevoli, la storia del Meridione anche secondo le sue autentiche e originali linee di sviluppo, i fenomeni socio-economici e i processi politici che l’hanno attraversato. Senza nulla concedere né alla rivendicazione di una presunta superiorità borbonica, né alla rilettura acritica e consolatoria degli ultimi 150 anni. Un’ulteriore conferma di come «il fenomeno delle Leghe» (eh sì, Bevilacqua scrive nel 1993!) possa essere fronteggiato in modi sensibilmente diversi da quelli cui siamo abituati oggigiorno.


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