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"Breve Storia di un Anello e del suo immenso Potere"

Da Risveglioedizioni
Risveglio Edizioni, Libri, Spiritualità, Meditazione, Medicina, Cosmologia, Arte, Filosofia, Ufologia, Federico Bellini, Ambra Guerrucci, Osho, TV Senza alcun dubbio, Il Signore degli Anelli, è una delle più belle e raffinate opere della letteratura di tutti i tempi. In questo capolavoro, che trascende la semplicistica definizione di romanzo fantasy, l’autore è riuscito a mostrarci un’esperienza di vita mitologica che scende in profondità nell’animo umano, donando-ci le chiavi di accesso per la via che porta alla Tradizione Primordiale...
H.P. Lovecraft sosteneva che non era lo scrittore che inventava un mondo fantasy o immaginario, ma era il mondo stesso che si manifestava attraverso le pagine degli autori più arditi, degli scrittori che più di altri riuscivano a portare, sul pia-no pratico, la creatività. Il mondo di Arda non è soltanto il frutto dell’immaginazione di un geniale scrittore inglese, ma è una vera e propria descrizione (come vedremo più avanti) di un Mondo Reale. Quello che accomuna Il Signore degli Anelli ai grandi capisaldi della nostra cultura come i poemi omerici, l’Eneide o la Divina Commedia, è il fatto che, come questi, ha i caratteri tipici dei grandi classici. Un classico nasce quando un’opera riesce così bene a proporre dei concetti e dei valori universali, che chiunque può comprendere facilmente, ritrovandosi nelle situazioni e nei personaggi. Il suo autore, da un certo punto di vista, è come se passasse in secondo piano, come se egli fosse un portavoce di qualcosa che va al di là della sua personalità e del periodo storico in cui è vissuto. L’esempio più eclatante di questa teoria sono sicuramente i poemi antichi: non si sa di preciso chi li abbia scritti, quando, come, perché, e nemmeno se vi abbiano contribuito più autori, ma ciò che conta è che sono patrimonio dell’umanità. Le opere di Tolkien, però, contengono una miniera sconfinata di informazioni, di spunti di riflessione che la grande critica letteraria, e il mondo accademico, hanno fino ad oggi pressoché ignorato. Tolkien, riferendosi al carattere della sua opera, coniò la felicissima definizione di “applicabilità”: quel principio per cui le situazioni dei suoi racconti possono essere facilmente associate a fatti della vita più intima dei lettori, ma anche ad eventi storici o ad ideologie completamente diverse tra loro. Il Signore degli Anelli, insomma, assume significati diversi in base all’ambiente in cui viene letto: è amato dai bambini come dagli adulti, dagli studiosi come dalla gente comune, e lo stesso accade per i grandi classici del passato. Per questo motivo è un corpus letterario d'eccezione, al di fuori del tempo, una storia di avventure in luoghi remoti, splendidi e terribili, con episodi di inesauribile allegria, segreti paurosi che si svelano a poco a poco, draghi crudeli e alberi che camminano, città d'argento e di diamante poco lontane da necropoli tenebrose in cui dimorano esseri che spaventano, solo al nominarli, nonché di urti giganteschi di eserciti luminosi e oscuri; tutto questo in un mondo immaginario ma ricostruito con cura meticolosa, tanto da risultare assolutamente verosimile, perché dietro i suoi simboli si nasconde una realtà che lentamente andremo a disvelare. In questo breve Saggio, cercheremo di mettere in evidenza alcuni aspetti di questa opera con  le nostre ricerche, dimostrando che il messaggio segreto di Tolkien, di chiara natura Gnostica, tendeva a divulgare nel Mondo una sofisticata Conoscenza Spirituale, capace di risvegliare coloro che sarebbero stati in grado di capirlo nel suo a-spetto reale, ripulito da quello strato Fantasy che tanto ha affascinato milioni di lettori. Lo stesso autore sosteneva che gran parte di questo fascino fosse dovuto alle “storie non racconta-te” presenti al suo interno, infatti le canzoni, le filastrocche, e il ricordo di fatti appartenenti alla storia della Terra di Mezzo, a-prono come delle finestre su un passato di miti e leggende su cui è costruita la storia principale, stimolando la fantasia e la curiosità: “Io ho la mentalità dello storico. La Terra di Mezzo non è un mondo immaginario. Il nome è la forma moderna (ap-parsa nel XIII secolo e ancora in uso) di midden-erd / middel-erd, l’antico nome di oikoumene, il posto degli uomini, il mondo reale, usato proprio in contrasto con il mondo immaginario (co-me il paese delle fate) o come mondi invisibili (come il paradiso e l’inferno). Il teatro della mia storia è su questa Terra, quel-la su cui noi ora viviamo, solo il periodo storico è immaginario.” (La Realtà in Trasparenza, lettere, n°183). La storia dell'Anello narra un'alternativa mitologia del peccato originale. Gandalf narra a Frodo come l'Anello, forgiato col fuoco dell'abisso, cadde in mano di Gollum, e come costui, in tempi remoti, fosse un essere attratto verso le radici e le profondità, piuttosto che ai rami degli alberi protesi verso il cielo. Egli, era dunque dannato alla conoscenza tutta materiale, incapace totalmente di comprendere come le forme siano l'essenza delle cose, in quanto, Gollum, aveva dimenticato la realtà della na-tura, perché la forma che s'incarna e plasma non è sprigionata dalla Materia. Sempre assorto in questa dimensione, il deforme Hobbit, possiede ancora un posticino del tutto indenne, dove filtra come per una fessura un fioco lume, cosa che ci fa comprendere che non è comunque un servo assoluto del Male, ma possiede ancora una Coscienza a Sé, diversa ed indipendente e del tutto egoica; in quanto tale, l'Ego di Gollum è talmente meschino che il destino dell'Anello non può confluire nel suo, che tende al Male assoluto. Come insegna Gandalf, oltre tutto questo vige una forza maggiore, la Provvidenza, cui si può alludere quando si comprende che Bilbo, e poi Frodo, dovevano impadronirsi dell'Anello, e non per volontà di chi l'aveva forgiato. Gandalf, maestro nel congiungere gli eventi come perle su un filo, è guidato da una conoscenza interiore, trasmutatasi nel momento della sua incarnazione da Spirito Maiar di Valinor, la Terra dei Valar, in quello di Stregone dal corpo materiale ed u-mano, condizione che gli ha permesso di comprendere il Male assoluto, incarnato ed operoso. Figura singolare di tutte le opere di Tolkien è quella di Tom Bombadil, sorta di genio del luogo, padrone della contrada in cui vive, ma non proprietario come da buon anarchico che si rispetti (perché la proprietà sarebbe un peso da cui la sua leggera natura rifuggirebbe). Egli, che vive in un mondo parallelo, sorta di paradiso dorato interno alla Terra di Mezzo, conosce i segreti delle piante e delle pietre, svela come l'albero che ha ghermito gli Hobbit durante la loro traversata nella foresta, abbia una cuore marcio ma una forza verde, e che con il suo Spirito assetato e grigio, dirama le sue filiformi radici per tutta la terra del bosco, irretendo ogni pianta. E quando un altro pericolo incombe e le pietre fredde catturano nuovamente i piccoli viandanti, soltanto i canti “solari” di Bom-badil verranno ancora una volta a liberarli. Anche il coraggioso e moralmente inattaccabile Aragorn, inizialmente apparso dal nulla come un personaggio ambiguamente sospettoso, dopo l'aiuto incondizionato che rende a Frodo e agli altri Hobbit, en-tra nella loro piena fiducia e anche in quella del lettore, anche se un'aura di mistero continuerà ad avvolgerlo sino alla fine, come è naturale che sia per coloro che percorrono le terre peri-colose sul confine tra l'umano e il sovrannaturale. Nella pace dell'Elfica Rivendell, nella quale  sono arrivati per salvare Fro-do dall'attacco dei Cavalieri Neri di Sauron, Aragorn osserva che: “i semplici sono esenti da preoccupazione e timore, e semplici vogliono restare, e noi dobbiamo restare segreti fin-ché essi restino come sono”, ovvero, capisce che per lasciarli così puri, innocenti e semplici, è necessario celare loro il dolore che invade tutte le contrade del Mondo conosciuto. Ed è sempre a Gran Burrone, che Gandalf svela come Saruman, capo dell'ordine dei maghi, è diventato ligio al nemico e che i suoi manti, che sono sempre parsi candidi, improvvisamente si so-no svelati di tutti i colori dell'iride, rivelando: “Il bianco! Serve per incominciare. Ma il panno bianco si può tingere. La pagina bianca si può coprire di scrittura, e la luce bianca spezzare.” Se il bianco, colore del candore innocente, si trasmuta in lebbra e morte, Gandalf lo ammonisce che se non è più tale vuol dire che è sparito, senza contare che chi infrange una cosa per scrutarla (il candore per scoprire altre cose), significa che ha abbandonato la strada della sapienza. Saruman, a sua volta, non perdona a Gandalf d'aver smascherato la sua falsa sapienza di mediatore tra bene e male, tenta così di imprigionarlo, ma grazie all'aiuto delle Aquile riesce a raggiungere gli altri a Gran Burrone. Saruman, in realtà, si illude di poter collaborare con il Signore del Male, fatale dominatore della nuova era, egli suggerisce di tener segreti i pensieri, deplorando nel cuore le nefandezze inevitabili, confidando che sotto qualsiasi regime, i sapienti potranno sopravvivere e lentamente giungere al-le leve di comando, poiché infine anche alla dominazione del Caos si dovrà proporre: “Conoscenza, Legge, Ordine, le cose che finora abbiamo procurato invano di attuare, ostacolati piuttosto che assistiti come eravamo dai nostri o inerti amici. Non  è necessaria, non ci sarà un'alterazione dei nostri fini, ma solo nei mezzi.” Gandalf però insiste, inesorabile, nel mettere in guardia dal voler affrontare il Male con le sue armi, dall'usare l'Anello, e l'unico modo di vincere sarà di perseguire un fine che il Maligno non potrà mai credere: la sua totale distruzione. Sarà, dunque, senza speranza che Frodo, in una Compagnia accresciuta dalla presenza di un ramingo, Aragorn, di un principe, Boromir, d'un nano, Gimli, di un Elfo, Legolas e di Gandalf, si metterà in cammino insieme ai suoi amici Hobbit, Sam, Pipino e Merry. Anzi, non solo senza speranza, ma con la certezza ineluttabile che se l'Unico Anello ritornerà in mano all'Oscuro Signore, tutti ne saranno schiavi per sempre, ma anche se si riuscirà a farlo sparire nelle fiamme del magma, i tre anelli degli Elfi che comprendono, fanno, curano, mantengono le cose del-la vita, perderanno potere e vigore. Il percorso è pieno di pericoli, scandito da ripetuti attacchi degli Orchi, gli esseri più completamente satanici, ed è in una di queste lotte che Gandalf si ritrova a lottare contro un immane mostro, un Balrog. Nell'estenuante lotta soccombe, cadendo insieme all'essere in un abissale strapiombo nel cuore della montagna, un tempo regno dei Nani. Privata della guida dello stregone, la Compagnia raggiunge la terra degli Elfi dove la regina Galandriel mostra a Frodo lo specchio magico di certe acque, dove si palesano cose che fu-rono, sono e forse avverranno. In esso appare, con sgomento e orrore, l'Occhio del Male e che tutto vede, cerchiato di fiamme, giallo, vigile, con una fessura nel mezzo: pupilla spalancata su un nero abisso, il nulla. Anche la regina degli Elfi vede quell'occhio e leva un braccio candido e allarga la mano verso l'Oriente, come a respingere lo sguardo orribile. Nel frangente splende in alto la stella Vespero (Eärendil la chiama Tolkien, il nostro pianeta Venere) e il suo raggio cade sul dito della Regina, inargentandone il suo anello d'oro e facendone luccicare la pietra, quasi a dire che lui, Vespero, vi è incastonato; è uno dei tre anelli elfici. Ma se l'Occhio che tutto vede o Occhio della Provvidenza è un simbolo che da sempre è stato considerato benevolo, che mostra un occhio spesso circondato da raggi di luce o da gloria, solitamente inscritto in un Triangolo, general-mente interpretato come essere l'occhio di Dio protettore dell'umanità, al contrario, l'occhio di Sauron, descritto da Tolkien, ha esattamente il carattere opposto, espressione di una Mente Demiurgica e calcolatrice, che dall'alto della sua torre, vuole controllare e dominare tutti i popoli del mondo. E non è nemmeno un caso che l'anello di Galandriel abbia incastonata la lu-ce di Vespero, ovvero il pianeta Venere, da sempre (per noi erroneamente) associato a Lucifero. [Vespero è il nome che si dà al pianeta Venere quando è visibile sull'orizzonte ad ovest subito dopo il tramonto. Fu Pitagora ad identificare nel pianeta Venere, sia la stella della sera, Vespero, sia quella del mattino, Lucifero]. Mentre la Compagnia si congeda dagli Elfi e riprende il suo cammino, l'insidia si insinua nuovamente sulla loro stra-da: “in nulla si manifesta più chiaramente il potere del Signore Tenebroso che nello straniamento che divide l'un dall'altro coloro che ancora lo contrastano.” E' proprio per colpa dell'insidia che Boromir, il principe di Minas Tirith, propone a Frodo di usa-re l'Anello per combattere il Male e, avutone un rifiuto, lo assal-ta. Boromir espierà la sua colpa con la morte, combattendo contro gli Orchi, mentre Frodo fugge solo lasciandosi alle spalle la Compagnia; lo raggiungerà il fidato amico Sam, semplice e devoto, e insieme si avvieranno verso i reami della desolazione. La Compagnia, smembrata, si ritrova ad inseguire una masnada di Orchi, i quali hanno rapito Pipino e Merry, ma questi, salvatisi fortuitamente nell'antica foresta di Fangorn, fanno la conoscenza Treebeard (Barbalbero), un pastore di Alberi, un'a-nima puramente e possentemente vegetale. In quella medesi-ma foresta mentre sono alla ricerca dei due Hobbit, Aragorn, Legolas e Gimli, si imbattono, sconcertati, nel redivivo Gandalf, ritornato dalla morte per ultimare il suo lavoro, non più come il Grigio pellegrino, ma nelle vesti di Gandalf il Bianco, oltre ché come nuovo capo degli Istari (gli Stregoni della Terra di Mezzo) al posto di Saruman. Insieme si recano dal re di Rohan il quale si trova sotto l'influsso dei sortilegi del suo consigliere Grima, asservito a Saruman. Grima ha isolato il Re, l'ha persuaso di non essere capace di fare nulla, inquinandolo interiormente a tal punto da renderlo uno zombie. Gandalf lo libera da quella triste condizione: “Ecco! Sei giunto a un pericolo ancor maggiore di quello che l'ingegno di Grima intesseva nei tuoi sogni. Eppure ecco! Non sogni più. Vivi!” Il Re ritorna a 'vivere', assume la sua parte nella lotta contro le forze del Male, e gli appaiono leali amici coloro che durante l'incantesimo malvagio, gli sembravano irritanti: “a occhi che guardano di sbieco, la verità può mostrare un volto distorto.” La battaglia contro gli Orchi, scagliati dalle forze del Male contro il regno di Rohan, è cruenta, ma arride su quelle truppe ghignanti e feroci, allorquando, Barbalbero, giunge in soccorso con i suoi alberi secolari. Saruman è imprigionato e sconfitto, Gandalf ne spezza il potere, ma le lusinghe dello stregone sono temibili, poiché la sua voce è affascinante, deliziosa ad ascoltarsi, venata da una tristezza come quella di un cuore ferito da offese immeritate. Nel frat-tempo, Frodo e Sam, s'inerpicano per le montagne che cingo-no il regno di Mordor, ma Gollum li sta inseguendo da molto tempo, affascinato ancora dall'Anello. Frodo lo affronta e soggioga, obbligandolo a scortarli fino ad una galleria nella montagna che cinge il temibile regno. Ma li si annida anche il temibile e mostruoso ragno delle caverne Shelob, che piomba sui due amici: Frodo ne viene ferito e una pattuglia di Orchi si impadro-nisce di lui dopo essere caduto sotto gli effetti del veleno, men-tre Sam, rimasto solo, si mette ad inseguirli. Il Signore del Ma-le, radunati tutti gli eserciti, scatena infine la battaglia finale contro il reame di Gondor, creato dagli ultimi discendenti della mitica Númenor, retto dal vecchio re Denethor. Númenor (che presenta evidenti analogie con la nostra Atlantide) è un regno decaduto e la sua stirpe discende da un antico reame che si trovava su di un isola nel grande Oceano, davanti le coste di Valinor, il reame nascosto dei Valar; essa, inoltre, cadde dopo aver cercato di apprendere i segreti delle arti nere e si stemprò nell'ozio, sostituita, poi, dalla stirpe dei maestri di palazzo. Re Denethor impazzirà isolato nella sua rocca e soltanto la pre-senza di Gandalf eviterà il crollo. La vittoria, fortunatamente, arride però ai nostri protagonisti, grazie anche al congiungersi sul campo di battaglia dei cavalieri di Rohan, e con Aragorn salito al trono, una nuova dinastia di regnanti si insedia nei reami degli uomini. Lontani sono i tempi in cui come un ramingo si fa-ceva chiamare Granpasso, adesso Aragorn, novello taumatur-go, mostra di saper guarire i feriti e i malati: “Le mani del Re sono mani di guaritore. E così sempre si è potuto stabilire chi fosse il legittimo sovrano.” [Il concetto di Re Taumaturgo non è nuovo, ma tipicamente medioevale. Infatti, tale appellativo, fu dato ai re francesi e a quelli inglesi, ai quali, fino almeno alla prima metà del XVIII° secolo, erano popolarmente attribuiti po-teri di guarigione dovuti alla natura divina della regalità. Sebbe-ne le leggende vogliano che taumaturghi fossero già i Merovingi (la prima dinastia a capo del regno dei Franchi), le prime fon-ti certe, inerenti alla capacità guaritrice del Re, riguardano un capetingio, il figlio di Ugo Capeto e suo successore Roberto II il Pio (972-1031). Questi risulta attestato, per primo, come guaritore delle scrofole, titolo ereditato dai suoi successori fino a Carlo X (1757-1836). Tale capacità concedeva ai regnanti dei “poteri” speciali in più: il Re è santo perché appartiene a una famiglia di origine divina; la persona del Re può essere santa, come tutti gli uomini sono chiamati a essere santi; l'istituto di Re è santo in quanto pastore scelto da Dio e unto dal Papa. Tutte qualità che Aragorn (il Re) incarna, compresa l'investitura a sovrano da parte di Gandalf il Bianco (il Papa) a battaglia conclusa]. Una spedizione, capeggiata da Aragorn e Gandalf, va incontro al nemico senza alcuna speranza, nell'unico intento di distrarlo mentre Frodo tenta di avvicinarsi al Vulcano. La di-sperata impresa riesce, e mentre Frodo giunge, dopo essere stato liberato da Sam, nel ventre della montagna, mentre sta per gettare l'Anello, l'Ego, il Potere emanato dallo stesso amu-leto, si impossessa di lui e ne viene sopraffatto. Sarà Gollum, che vuole per se l'Anello, a distruggerlo, perché ingenuamente si lancerà in un'ultima lotta disperata contro Frodo per impos-sessarsene, e nella colluttazione cadrà nel magma. Sarebbe fi-nita l'avventura se, per simmetria, Tolkien non avesse aggiun-to, come Omero, una lotta contro i Proci come nell'Odissea. Un funesto ritorno nella Contea, dove Saruman, fuggito dalla sua prigione, è riuscito ad ispirare una tirannide che ha spento tutte le virtù naturali e socialiste di questo popolo, ma poiché la storia deve concludersi con il ritorno della pace e della serenità, l'arrivo dei reduci scioglie l'incantesimo e la vita ritorna a scorrere; ma in modo diverso, senza quella dolcezza di un tempo che la caratterizzava. Risveglio Edizioni, Libri, Spiritualità, Meditazione, Medicina, Cosmologia, Arte, Filosofia, Ufologia, Federico Bellini, Ambra Guerrucci, Osho, TV Autori: Ambra Guerrucci e Federico Bellini Titolo: "Il Fuoco Segreto di Gandalf"             Lo Gnosticismo di J.R.R. Tolkien Editore: Risveglio Edizioni Data pubblicazione: Settembre 2014 Formato: Libro 14,80x21 Pagine: 140 Prezzo: € 10,00 ISBN: 9788899009014 ISBN-A: 10.978.8899009/014 Ordina: [email protected]

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