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Britanny, i media e la morte

Creato il 05 novembre 2014 da Symbel

eutanasia_7671 (1)La storia di Britanny, che ha deciso di porre fine alla sua esistenza con il suicidio assistito, ha commosso il mondo e aperto, per l’ennesima volta, un acceso dibattito sui temi bioetici e nello specifico sul cosiddetto “finevita”.
Ogni volta che capitano eventi del genere, in passato Welby e, ma il caso si discosta un po’, Eluana Englaro, i media giocano un ruolo fondamentale nell’incanalare il dibattito su strade che non sono al servizio della verità o della discussione costruttiva ma sui binari sopra i quali si trovano più a loro agio, gli operatori dei media, quelli che devono fare ascolti.
Faccio un esempio: per parlare del caso di Britanny inviti in studio la moglie di Piergiorgio Welby e la senatrice democratica Paola Binetti, nota per le sue posizioni su questi temi e per l’opinione diffusa che sia un’integralista cattolica (ammesso che voglia dire qualcosa). Oppure meglio, organizzi un bel talk show con Odifreddi e un cardinale o un monsignore, preferibilmente molto anziano.

E’ la dittatura della par condicio, demonizzata in ambito politico dai conduttori, ma che torna molto utile per mettersi la coscienza a posto e proporre comunque la puntata a tesi.
Qual è la tesi? Che su questi temi c’è chi vorrebbe la libertà di scelta totale per l’uomo, anche di porre fine alla sua esistenza quando vuole e assistito, e dall’altra i credenti che vogliono imporre il proprio Dio anche a chi non ci crede. Naturalmente i primi sono “moderni” gli altri sono nostalgici del “medioevo”.
Possibile che su questi temi non ci sia nessun NON credente che pensi che la scelta libera di Britanny non sia comunque una scelta che uno Stato può avvallare o assistere? Non c’è nessun ateo che pensi che lo Stato non possa decidere per legge su un argomento che è personale e singolare e che differisce da caso a caso, perché si parla di morte non di circonferenza dei peperoni?
Io penso di no. Non penso che la difesa della vita, il valore della sofferenza, il concetto di esistenza in vita non solo per se stessi ma in funzione di una famiglia, dell’amore, di amicizia, del morire naturalmente, siano valori solo per i credenti. Non lo penso, non ci credo.
In queste discussioni l’ostacolo non è Dio o la Fede, come si vorrebbe far credere, ma il fatto che la morte e la sofferenza non sono considerate cose degne, vanno nascoste, addolcite, edulcorate, accantonate per non pensarci o pensarci il meno possibile.
La libertà di togliersi la vita c’è per tutti, in ogni momento, in ogni modo possibile, da quando esiste il mondo, molto prima di Facebook e dei video su Youtube. Se è una libertà personale, singolare, intima e nessuno ha diritto di intervenire, che nessuno intervenga, nemmeno a iniettarti la morte in vena. Dio o non Dio.



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