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Bruno Munari, “Montefeltro terre dell’Otium” e Miroslava Hajek

Creato il 15 luglio 2011 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo

Bruno Munari, “Montefeltro terre dell’Otium” e Miroslava HajekAltro evento con “Montefeltro terre dell’Otium“. Il 19 luglio 2011 evento multisensoriale con proiezioni dei vetrini di Bruno Munari sulla facciata del Convento di Monte Illuminato a Lunano (PU). Le proiezioni saranno accompagnate con i canti del gruppo Cantores Ascensionis con canzoni della tradizione ebraico crsistiana. I canti saranno intervallati con recitazione di poesie di Gastone Cappelloni. Le Opere di Munari fanno parte dell’archivio di Miroslava Hajek, il più importante archivio delle opere d’arte del maestro milanese.
Dal sito di Miroslava Hajek:
“La prima edizione di Otium nel Montefeltro propone in primo luogo una mostra diffusa che ha per soggetto un grande della creatività: Bruno Munari.
Personaggio principe nel mondo del design, in cui ha innestato la sua vena di sperimentatore con esiti innovativi noti e apprezzati in ambito internazionale, si può considerare emblematico del concetto di otium.
La sua creatività a 360 gradi, libera e fluente, si nutriva di scoperte giocose nelle piccole cose, nei segni della natura, condivise con il mondo della produzione come nel dialogo con i bambini.
L’idea di fare di una regione storica un grande contenitore per condividere la bellezza, portare l’arte in luoghi minimi – piccoli centri, spazi scolastici, chiese di campagna – cercando di coniugarla con il sentimento del viaggio, della scoperta, della contemplazione trova un forte valore emblematico nella sua figura. Munari viene così offerto ai visitatori nell’aspetto squisitamente artistico, messo a volte in secondo piano dalla notorietà acquisita nelle sue molteplici attività come designer, grafico editoriale, teorico e splendido didatta per l’infanzia.
Bruno Munari, “Montefeltro terre dell’Otium” e Miroslava HajekCon il titolo Munari. Ambienti di luce viene proposto, per la cura di Miroslava Hájek, un lungo lavoro con la luce come mezzo espressivo in rapporto con l’ambiente, svolto dall’artista nel corso degli anni 1950-54, pressoché sconosciuto in Italia.
L’input d’inizio era l’uso della luce per affrescare ambienti e facciate di edifici. Idea sorprendente all’epoca, che precorre le correnti videoinstallazioni e già propone una fruizione multisensoriale dell’opera d’arte. Ancora più inusuale, la gestione dell’opera.
Il medium era costituito da composizioni astratte racchiuse tra i vetrini di diapositive. Munari si divertiva all’idea di poter contenere tutti i vetrini in una valigetta e allestire mostre, con questo carico minimale, in luoghi di qualsiasi parte del mondo.
Nel 1952 l’artista, scomponendo la luce attraverso il filtro Polaroid, realizzava il progetto sulla pittura polarizzata, presentato al MoMa nel 1954 con la mostra Munari’s Slides.
Le opere presentate nel Montefeltro fanno parte della collezione della storica dell’arte contemporanea Miroslava Hájek – la più importante collezione delle opere d’arte di Munari – strutturata filologicamente e composta con la collaborazione dello stesso artista.
Gli originali sono stati digitalizzati e duplicati, per permetterne una diffusa fruibilità.”

 

Bruno Munari, “Montefeltro terre dell’Otium” e Miroslava Hajek
Ci teniamo a mettere in rilievo la figura di Miroslava Hajek non solo per la sua straordinaria opera nell’archiviazione di Munari, ma anche perché la riteniamo una storica e curatrice di mostre di rara serietà e profondità. E ci piace ricordare che il suo impegno viene anche da esperienze la cui intensità varrebbe un romanzo.
“(…)Secondo un mio parere, l’happening più importante lo abbiamo inventato al momento dell’occupazione sovietica il 21 agosto 1968. Quel giorno ci siamo svegliati dentro un incubo. La mattina presto anche la nostra città era stata invasa dai carri armati del Patto di Varsavia. Diversi componenti della Boheme di Brno sono venuti a casa mia ed assieme siamo andati in centro. Penso che l’esperienza fosse traumatica anche per i militari, ragazzi giovani come noi avevano ben capito che non c’era nessuna controrivoluzione in atto. Ci sembrava una situazione inconcepibile, tragicomica e abbiamo reagito d’impulso. Ci siamo organizzati in gruppi che tentavano di comprare, vendere o per lo meno affittare i carri armati sovietici per fare un giro turistico di Brno. Questo accadeva
Bruno Munari, “Montefeltro terre dell’Otium” e Miroslava Hajek
mentre il poeta Pavel Reznicek tentava di ballarci sopra il Lago dei Cigni di Cajkovskij. La gente intorno piangeva ridendo. Un amico fotografo scattava prontamente la documentazione della performance, ma purtroppo si è salvato poco, perché le foto sono state in seguito sequestrate dalla polizia. Penso che sia stata la prima e ultima volta in cui un gruppo di artisti abbia ridicolizzato un evento forse tra i più gravi, l’invasione militare di un paese pacifico e sovrano.(…)”
Riproponiamo qui anche un suo testo scritto in occasione di una recente mostra presso lo Spazio Tadini a Milano, curata da Mario Manzoni Sala dal titolo “Velvet Revolution“:

Il muro è veramente caduto?
Pochissimo tempo dopo lo smantellamento della cortina di ferro sono stata invitata a Praga ad un congresso-incontro tra dissidenti. Non eravamo forse neanche duecento persone tra quelle chiamate dall’esilio e quelle rimaste in patria. Ero l’unica invitata dall’Italia. L’atmosfera dell’incontro era eccezionale: si poteva letteralmente respirare la gioia, la speranza e l’entusiasmo di affrontare un futuro migliore.
In quelli anni tornavo a Praga ogni tre mesi circa e trovavo impressionanti e velocissimi cambiamenti. Dicevo agli amici che sembrava fare surf nella storia. Ero molto curiosa di come avrebbe reagito il popolo, come avrebbe affrontato le insidie del passaggio da una società dove non esisteva la proprietà privata e il denaro non aveva importanza aa una società dove il denaro è tutto. Trovavo la maggior parte della gente impreparata e credulona: si aspettavano un mondo come quello che viene presentato dalla pubblicità.

Bruno Munari, “Montefeltro terre dell’Otium” e Miroslava Hajek
Dopo circa due o tre anni cominciavo però a percepire in certe persone una nota di disillusione. Un amico mi ha detto: “Sai, mi sembra che gli Stati Uniti siano come l’Unione Sovietica, solo con lo spazzolino da denti”. Un altro mi ha raccontato un fatto – un vero malinteso culturale accaduto a Brno nei primi anni Novanta. Nella città si era cominciato a sussurrare: “… Ormai stiamo diventando internazionali, nella Piazza della Libertà aprirà un ristorante americano …” Per l’inaugurazione erano stati invitati tutti i notabili di Brno che si sono presentati eleganti in abiti da sera. Quando gli ospiti si sono seduti ai tavolini sono stati distribuiti degli hamburger nei loro contenitori di polistirolo. La gente è rimasta sbigottita e dalla penombra si è levata una voce: “I comunisti la sbobba ce la servivano in piatti di porcellana”. I giornali occidentali invece scrivevano che nell’Est era finalmente arrivata la libertà e che si stavano aprendo le catene di Mac Donald.
Intanto procedeva il processo di trasformazione in un paese capitalista. Uno choc per le persone che erano abituate a vivere in un regime senza la competizione economica, senza la proprietà privata, senza le banche e senza nessuna risorsa di denaro in un paese dove era tutto statale e dove le stesse persone che gestivano l’economia in un modo discutibile fino al 1989 hanno cominciato per così dire a privatizzarla. Nascevano banche come i funghi e dopo aver raccolto i primi risparmi della povera gente sparivano con il bottino.
Oggi credo non ci sia più in Repubblica Ceca una banca nazionale e anche le industrie più importanti sono ormai in mano alle grosse società multinazionali che le hanno acquistate per poco e non hanno nessun interesse a far nascere concorrenza.
Così molte persone coraggiose che hanno cominciato intraprendere un’attività in proprio hanno dovuto chiudere perché ad un certo momento non hanno trovato possibilità di finanziamento, in modo particolare i quei momenti delicati quando non si sono ancora riscossi i crediti ma bisogna pagare le spese di gestione.
Per ironia della sorte l’ipertrofico apparato burocratico ereditato dal passato regime era rimasto integro, e così per nutrirlo bisognava introdurre delle tasse che pesavano gravemente sulla produzione ed impedivano la crescita economica. La gente nei paesi dell’ex blocco sovietico aveva ancora paura ad esporsi, e cosi nella politica entravano delle persone opinabili.
Spesso penso che l’Europa avrebbe dovuto varare un piano per aiutare a smantellare il regime totalitario sostenendo i paesi dell’Europa dell’Est ad integrarsi. Penso che sia stato controproducente per tutti far fallire delle imprese che con il giusto e minimo aiuto avrebbero potuto vendere i loro prodotti nei mercati occidentali. Creare gente povera e senza speranza non serve a nessuno, questo un certo capitalismo illuminato lo ha capito, perché riducendo il benessere delle masse si riduce anche la loro capacità di acquisto e quindi ci si comincia ad avviare verso la crisi.
Molti paesi dell’Europa sono entrati nell’Unione Europea e penso che questo sia un fatto positivo, perché mi auguro che il sistema di leggi dell’Unione proteggerà i paesi membri dai loro eccessi interni e dall’aggressività economica esterna.


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