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Bula!

Creato il 09 settembre 2012 da Guidoeug @EugenioGuidotti

Sigatoka, Fiji Islands, 7 set 2012, ore 19:23, Tambus Sanda Resort

Arrivare alle Fiji non è come me lo immaginavo. L’aereo ha sorvolato tre ore e mezzo di mare blu. Non so perché, ma mi immaginavo che avremmo sorvolato la Nuova Caledonia e un altro migliaio di isolette da sogno circondate da un mare turchino. Invece nulla, solo l’oceano, enorme e sconfinato oceano Pacifico. Anche l’atterraggio è stato diverso. Ad un certo punto il mare finisce, si sorvola un pezzetto di terra montagnosa, ondulata, tutta palme e canne da zucchero e si arriva. Nadi. Non l’ho vista. Non perché stessi dormendo o perché non ci sia passato: semplicemente non c’è o se c’è è davvero piccola e totalmente diversa da come ci si aspetta. Uno pensa alle Fiji come ad una lunga serie di spiagge da sogno inframmezzate da resort e da piscine, ma non è così. Appena scesi dall’aereo ed entrati nel terminal c’è un gruppo di fijiani in camicia a fiori che canta una canzone. Bula bula bula, significa benvenuti o ciao. E’ una cosa molto turistica, ma devo dire che nonostante le apparenze, questa melodia emana un calore che è piacevole al tatto.

Per raggiungere il nostro villaggio occorreva fare una scelta: taxi o bus. Il bus però è per tutti, hanno detto al servizio informazioni dell’aeroporto. Come a dire, attenti che se scegliete il bus, sì costa un sesto, ma ci sono le persone sopra. Forse a qualcuno cambia parecchio, ma io ho optato per il bus. Questa corriera blu ha cinque posti per fila e un corridoio strettissimo che ci passa in mezzo. Le donne fijiane passano a malapena coi loro culoni enormi, ma fa parte del paesaggio anche questo. Il bus odora tutto di crema al cocco o all’ananas ed è un controsenso che tante persone stipate su un autobus profumino in questa maniera. L’autobus fornisce anche per tutto il viaggio una raccolta di canzoni fijiane. Non ho mai sentito una musica più azzeccata. La strada da fare è parecchia e la prima fermata è presso una polverosa e affollata stazione di Nadi. Qui c’è quello che non ti aspetti. Non posso dire che sia un paese del terzo mondo, perchè sicuramente non lo è, solo che non mi aspettavo di trovare l’Africa al posto dei resort. La stazione non è asfaltata e tra i turbinii di polvere ci sono tanti ragazzini di colore, samoani nei tratti, che nelle loro belle divise bianche con i baveri rivoltati aspettano il bus. Un vecchio chiosco della coca cola è preso d’assalto da assetati avventori e tutto intorno, all’ombra degli alberi, vecchi e nullafacenti prendono il fresco su sgangherate sedie arrugginite e guardano che succede sotto al sole e in mezzo alla polvere. Mi ricorda tanto l’Africa, quegli spot sul volontariato o roba simile. Tutto è vero, tutto è autentico e tutto profuma di pacifico del sud.

La ragazza a cui mi siedo di fianco è una bellezza locale, profuma di papaia e ha un sorriso che ammalia. La luce che filtra dal finestrino le mette in ombra il volto. E’ una fotografia magnifica che scatto solo con la mia mente. I finestrini si possono aprire. Non mi ricordo quand’è stata l’ultima volta che ho visto un finestrino su un autobus che si poteva aprire. Forse ero in Cina, forse in Tunisia. Comunque tutto il paesaggio era certamente diverso. Lungo la strada si susseguono una dopo l’altra collinette e valli di un verde incredibile. Qualche baracca e molti campi coltivati a canna da zucchero. Baracche. Curiosa la lingua. Se sono fatte di paglia e foglie di palma le chiamiamo capanne e sanno di esotico. Se sono fatte di lamiera le chiamaiamo baracche e odorano di povertà. Non so dove stia la verità, so che quelle che vedo sono baracche, che la gente che ci abita sorride e saluta al passaggio della corriere e che i loro colori vanno dall’azzurro al fucsia intenso. Bula, benvenuti alle Fiji.

 



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