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Butterfly, un racconto

Da Silbietta @silbi_etta

20130809-130038.jpgNon ricordava da quanto tempo si trovava in quel posto.
Le pareti color crema avevano delle piccole macchie d’umidita’ sparse in modo composto su entrambi i muri principali.
Il letto, singolo, era abbellito da una copertina rosa con un motivo di cuori bianchi ripetuto ossessivamente su tutta la superficie.

Una fila di DVD era ordinatamente appollaiata sulla mensola.
Qualche libro sparso tra le mensoline e la piccola libreria, una tv, un armadio che aveva visto anni migliori.
E un letto per le bambole, rosa anche quello.
Con tante bambole sedute ordinatamente, come in attesa.
Non ricordava quanto tempo era rimasta in quella stanza, lo sguardo fisso, perso nel vuoto.
Le ultime lacrime le aveva piante la sera prima.
E adesso le restava soltanto quel dolore costante che faceva capolino di tanto in tanto, come a risvegliarla dal torpore.
Era tutto così silenzioso da quando lei se n’era andata via.
Le mancava quel sorriso così travolgente, la sua voce dolce e divertente, le sue manine spesso sporche e desiderose di coccole.
Lo sguardo aveva iniziato a vagare per la stanza.
Il suo film preferito era li.
E lei sapeva che non sarebbe riuscita a vederlo mai più.
Troppo dolore.
La bambola compagna di mille avventure sembrava fissarla con uno sguardo carico di accuse, come a dire:

È colpa tua, soltanto colpa tua!

Le parole le rimbombavano nella testa.
Erano le stesse che le aveva gridato contro suo marito, poco prima di andarsene via da quella casa piena di ricordi dolorosi.
Lei continuava a sentirle, quelle parole.
Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto della sua vita.
Il quadro con la farfalla rosa.
Lei amava le farfalle – si ritrovò a pensare.
Perché erano colorate, leggere e libere.
Il dolore torno’ più forte e con lui il ricordo di ciò che era accaduto:

Il giardino, lei che giocava felice, la palla che rimbalzava via, fino a raggiungere la strada, lei che la rincorreva, la macchina in arrivo a tutta velocità…

Ricordava soltanto il rumore dell’impatto e il cuore che aveva iniziato a battere troppo velocemente.
Era scesa in strada correndo, pregando che quel presentimento fosse sbagliato.
Ed era stato l’inizio della fine.
Non sapeva da quanto tempo si trovava in quella stanza.
E non aveva idea di quante pillole avesse ingerito.
Ma ora il dolore sembrava più lieve.
E la farfalla rosa pareva sorriderle dalla cornice.

Mamma quando mi vieni a prendere?


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