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C'è del Genio in Danimarca: Lars von Trier, l'Ineducato.

Creato il 17 gennaio 2011 da Robydick
C'è del Genio in Danimarca: Lars von Trier, l'Ineducato.Per me i film di Lars von Trier sono stati un percorso nel Cinema d'Autore senza compromessi, e per questo cinema intendo quello nel quale un autore fa le cose esattamente come desidera farle.
Al termine delle visioni, e solo recentemente, la curiosità mi ha portato a piccole indagini biografiche che non mi appassionano quasi mai. Così come Lars considera gli attori al servizio suo e del film, maltrattandoli senza ritegno come se fossero macchine a disposizione, anch'io penso che i registi siano al servizio del Cinema, mi piace giudicare i film che fanno, al limite giudicare anche i registi, sempre e solo come talenti al servizio della Settima Arte. Ad ogni modo, quelle piccole cose che ho scoperto caratterizzarlo mi sono parse come ovvie: un po' ipocondriaco; ha alcune piccole fobie come quella di viaggiare solo con mezzi terrestri; è cresciuto nel cinema. Tutte cose che si possono comodamente leggere su wiki così come si possono facilmente reperire informazioni sui numerosi premi che ha raccolto.
Il solo aspetto sul quale mi voglio concentrare e farlo diventare Filo Rosso di questo discorso è l'educazione che ha ricevuto: i particolari genitori erano fautori dell'autodeterminazione del bambino, e così Lars, in pressoché totale anarchia, s'è costruito dei modelli di comportamento così come s'è scelto da sé i modelli da seguire. Alcuni fanno risalire a questo la sua fortissima propensione a Dirigere, anche certe sue affermazioni piùttosto arroganti e narcisistiche, come quando recentemente ha dichiarato, a Venezia 2 anni fa se ben ricordo, di essere il miglior regista vivente al mondo. Non concordo con questa visione, che pure ha le sue ragioni, però un bambino in quelle condizioni può manifestare di tutto, mi pare una concausa al limite ma la verità prima sta tutta dentro di lui, e risponde semplicemente al nome: Talento. Teniamo comunque quest'aspetto del suo carattere come Filo Rosso.
I suoi primi lungometraggi, se escludiamo "Medea" (1988), film-tv che è di fatto un (ottimo) omaggio al suo illustre predecessore danese Carl Theodor Dreyer, appartengono ad una trilogia denominata Europa: "L'elemento del crimine" (1984), "Epidemic" (1987) e "Europa" (1991). Se nel primo film c'è di che restare di sasso per l'ambientazione cupa e l'orrore del crimine, e si è portati a pensare ad una ricerca di origine del crimine stesso, nei 2 successivi i dubbi si dipanano ed è chiaro che si cercano invece radici culturali oggettive del nostro continente, anche con una semplice interpretazione testuale: in Epidemic le epidemie che ci hanno devastato a più riprese, che sono state causa di decimazioni, carestie, hanno portato ad una paura dell'ignoto che è andata radicandosi ed ha ulteriormente agevolato l'affermarsi delle religioni; in Europa l'ultimo grande genocidio, la seconda guerra mondiale coi suoi morti nei lager e fuori, vissuta immediatamente dopo la sua fine in Germania, un paese distrutto nella geografia e nell'anima, schioccato nell'uscire da un delirio collettivo. Sono ricerche di radici vicine, non lontanissime nel tempo storico, qualcosa che non viene spiegato ma semplicemente mostrato, fatti che hanno inciso nell'Europa moderna.
Lars l'Ineducato studia ed analizza chi è, là dove vive, dove è cresciuto, dove ha ricevuto un'educazione incosapevolmente da ciò che lo circonda. Egli è laboratorio e oggetto d'analisi al tempo stesso.
Ormai famoso e riconosciuto finalmente anche in patria produce una miniserie-tv da culto, "The Kingdom" (1994), che avrà anche un sequel nel 1997. Tutto ambientato all'interno di un ospedale danese, è una commedia nera con punte di horror grottesche, in quel luogo gravano spettri da ricondurre ad errori medici passati e non solo. Prosegue il nostro Filo Rosso, l'inizio è horror crepuscolare, un ritratto dei luoghi prima dell'avvento dell'edificio, un luogo sotto l'influenza di un passato che non può ricoprire del tutto e che sarà totalizzante per chi ci lavora, tutti privi o quasi di vita esterna, metafora sociale fin esplicita. Divertente, sarcastico, con lo stesso Lars versione Hitchcock a presentare con fare beffardo ogni puntata, eppure ancora duro sull'inevitabile resa dei conti che ogni vittima della nostra storia ci richiede.
A partire da questo momento Lars l'Ineducato comincia a divertirsi e farci divertire, non sarà la prima volta.
E' la volta di quello che molti considerano il suo capolavoro: "Le onde del destino" (1996). La religione finalmente affrontata come argomento primo, un europeo deve farlo, però con protagonista una donna fuori dagli schemi, esempio di Amore verso Dio, verso l'uomo che ama, in barba a pregiudizi e sovrastrutture sociali.
Non deve sorprendere da Lars l'Ineducato una storia commovente, né si deve pensare ad un film tradizionale: la protagonista è al tempo una pazza, una vittima e una santa e forse, proprio per questo, incarna la fede più pura, nell'Amore e in Dio, non negli uomini.
Curiosamente il fondatore primo del "Dogma 95" ha fatto solo un film seguendo quei dettami. Contraddizione nella contraddizione in apparenza, Lars girerà con regole rigide un film sugli idioti, "Idioterne" (1998), che obbediscono invece alla più totale deregolamentazione.
Lars l'Ineducato fa autoanalisi? Non è in fondo lui stesso un prodotto della deregolamentazione che necessariamente diventa autoregolamentazione? Ci siamo ancora, il Filo Rosso sembra funzionare. Se gli idioti del film alla fine si saluteranno e s'impegneranno fuori dalla comunità a continuare a fare gli idioti anche se per finta, Lars invece, uscito dalla famiglia che per quanto in minimalismo ha dovuto prendersi cura di lui, che ha fatto e che farà?
Intanto comincia a fare un "musical", le virgolette con Lars andrebbero sempre messe su un genere. Con "Dancer in the Dark" (2000) si mette piede negli Stati Uniti, per modo di dire visto che Lars non viaggia in aereo, e la sua fama di regista maltrattatore di attori nasce definitivamente, con la cantante islandese Björk che dichiarerà che quello sarà il suo primo ed ultimo film. Una storia drammatica, di immigrazione, emarginazione, malattia, ingiustizia, solidarietà, c'è tutto in questo film, compreso delle musiche originali bellissime, e c'è l'essenza del paese, nato sui reietti del vecchio continente e diventato il più potente del mondo.
Forse Lars l'Ineducato, in questo Filo Rosso di origini e originati, comincia a rappresentare quanto l'Europa ha poi prodotto.
L'opera per eccellenza, sulla Fondazione degli Stati Uniti ma più in generale sulla Fondazione delle Relazioni Umane, frutto di sentimenti e di rapporti di forza, un'analisi oggettiva e fredda tanto più perché disaccoppiata da un contesto ambientale definito, ci si limita ad uno schema disegnato sul terreno. Un capannone è set sufficiente al tutto, teatro visto con l'occhio infinito per zoom e posizioni dalla telecamera imbracciata dallo stesso Lars, è la sua passione quella delle riprese. E' il film che mi ha definitivamente folgorato: "Dogville" (2003), primo della trilogia ad oggi incompiuta "USA - terra delle opportunità".
Quando ho pensato al Filo Rosso sono partito da Dogville col pensiero. Gli Stati Uniti, la loro nascita deregolata sono l'esperimento sociale più vicino nella storia delle nazioni e devono costituire per Lars l'Ineducato oggetto di grande fascino e studio: a quali regole si perviene quando si parte da zero? Spunti politici oltre che sociali, la "democrazia" attuata sarà la causa prima delle peggiori angherie subite da Grace prima della sua finale rivincita. Film d'eccezionale inventiva espositiva anzitutto. Non commenterò "Manderlay" (2005), ché dal punto di vista del nostro Filo Rosso non aggiunge alcunché, dico solo che Nicole Kidman si rifiutò di farlo, Dogville e Lars la massacrarono, altra vittima illustre. Salterò anche il divertente ed interlocutorio, ma sempre da non perdere, "Il Grande Capo" (2006), per le stesse ragioni.
Prima dell'ultimo, immortale Capolavoro di Lars a mio parere, è importante prendere in considerazione un'opera "minore" ma fondamentale nel persorso dell'Ineducato, per profilarlo: "Le cinque variazioni" (2003). Lars strapazza un regista che considera un maestro, Jørgen Leth, gli fa fare l'attore in una grottesca rivisitazione di un suo corto del 1967, "The Perfect Human", originalissima e satirica proposta di "essere umano perfetto" che non trova sbocchi ed alla fine deve autoreferenziarsi. Una specie di gioco, divertimento dei 2 registi che diverte anche chi guarda. Guarda caso, chi detta le regole del gioco se non Lars? Leth ha una pazienza infinita, capisce e s'adegua, lascia il pallino all'allievo e sarà attore non passivo come vorrebbe Lars, non sarebbe possibile e questo per il nostro Genio costituirà un momento di formazione.
Eccoci finalmente all'ultimo film: "Antichrist" (2009). Capolavoro d'eccellenza, del quale voglio sottolineare solo un punto e con questo concludere questa breve trattazione sull'opera di Lars che ho ironicamente definito l'Ineducato finora, mentre con questo film il Filo Rosso si chiude, le radici culturali sono state analizzate nel vecchio e nel nuovo continente, è arrivato il momento di denunciare con chiarezza i mali del mondo e solo uno come lui, che si sente una specie di dio, può avere l'arroganza, la presunzione per farlo. A mio parere questo è il primo di una breve serie di altri film, se la salute glielo permetterà di farli, coi quali Lars concluderà la sua carriera di regista, arrivata a compimento, per poi dedicarsi quasi interamente alla produzione. La mia è una sensazione, egoisticamente spero di sbagliarmi, ma è netta: ci sarà ancora qualche film di Lars, poi basta.
Il grande male denunciato è la Misoginia, che è un male sintomo di altri mali, fondamentalmente la volontà di sopraffazione degli uomini su altri esseri e le donne sono vittime da sempre nella storia dell'umanità. Quanti hanno mai voluto, o saputo, esporre con tanta forza cruda e tanta violenza una simile verità che a negarla è impossibile? In nessun altro film questo male dell'umanità viene enunciato in modo così netto ed esplicito anche perché per farlo inevitabilmente si deve fare un film estremamente anti-sociale, per come la società è impostata, ed estremamente anti-religioso, per come la religione è da sempre impostata e vuole condizionare lo stile di vita sociale.
Antichrist da solo basterebbe ad assegnare a Lars von Trier, da parte mia, in compagnia di pochissimi altri che non sono oggetto di quest'articolo, la palma di Massimo Regista Vivente, secondo il mio gusto ovviamente, che ha seguito un percorso che in questo articolo ho cercato di riordinare temporalmente.
p.s.
articolo redatto per essere pubblicato sulla rivista del MONKEY BUSINESS MOVEMENT.
potrà subire sulla stessa qualche revisione per esigenze d'impaginazione.

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