Magazine Per Lei
Anna non era mai stata molto popolare. Le avevano pur detto che sarebbe stato impegnativo all'inizio, gli accordi, occuparsi delle carte personali di ognuno, lasciare esattamente le ordinanze dei lavori in corso. Perchè Anna era una precisa, se si doveva fare un lavoro in un modo, è così che pretendeva fosse portato a termine, qualsiasi cosa costasse. E andava bene così alla dirigenza, che qualcuno di molto silenzioso, sapesse tenere la bocca chiusa. E' così che Anna aveva imparato a gestire se stessa e gli altri, il senso del dovere era tra i primi piaceri che provava, nella vita. Anche ai piani alti ormai conoscevano tutti il carattere di Anna, educato e gentile al punto giusto, senza mai permettersi una parola di troppo, sempre al suo posto, mai un bottone della camicetta slacciato fuori luogo, mai un commento su un collega poco appropriato. Ogni sera Anna lasciava sulla scrivania una decina di post-it in fila, della stessa misura, con indicate tutte le azioni da intraprendere o terminare nelle prime ore del mattino successivo. Alla domanda sul perchè allestisse tale disposizione di foglietti gialli, aveva risposto una volta sola, in un attimo di complicità a tarda ora, con l'impiegata della stanza accanto. Dovessi arrivare in ritardo, il lavoro non rimarrà indietro, basterà che qualcuno dei miei colleghi fidati legga e tutto scorrerà nel migliore dei modi, come se ci fossi io.
Anna organizzava tutto, e ciò le dava piacere e serenità.
Una mattina Anna non si presentò al lavoro. I primi dieci minuti, anche quindici, la sua assenza non diede nell'occhio, nel trambusto dell'inizio mattinata, quando c'è odore di caffè nei corriodoi e i ritardatari si confondono negli ascensori con i clienti.
Ma dopo un'ora la sua porta rimasta chiusa destò i primi interessi. Qualcuno bussò, andando via stupito. Il portinaio che consegnava la posta ai piani bussò una mezzora più tardi, attendendo con pazienza l'avanti, e preparando la penna per la firma sulla raccomandata. Bussò ancora, non poteva perdere tutto il giorno. E ribussò, una terza volta.
Quando provò ad entrare, trovò la porta aperta e la scrivania di Anna, senza di lei, che attendeva di essere scoperta. Non più la lampada, il telefono, il bicchiere regalato dai parenti quando erano stati in Puglia che conteneva le penne, non c'era più nulla dei soliti oggetti allineati.
La superficie della scrivania era però completamente ricoperta, come squame di un pesce giallo, di centinaia di post-it sovrapposti uno all'altro di due centimetri, con precisione millimetrica. Una specie di pelle di carta di un dinosauro rettangolare. Lo stupore sul viso del portinaio ancora fermo sulla porta, richiamò qualche collega che passava in corridoio, e poi altri ancora si fermarono, incuriositi. Un brusìo diffuso, qualcuno che diceva sssh, alcuni che ipotizzavano già qualche lavata di capo causata da quel crocchio fuori orario. Colli allungati verso l'interno dell'ufficio di Anna, sempre più persone aggregate là fuori, ma nessuno che entrava, osando sorpassare il corpulento portinaio. Si riuscivano a intravedere sulle centinaia di biglietti gialli segni neri, parole, numeri forse, alcuni portavano un segno rosso, pareva da lontano. O forse era un riflesso di luce dalla finestra. Per questo probabilmente alcuni sembravano intatti, non scritti. Le strisce di luce li rendevano quasi bianchi. Ci doveva essere stata ore ed ore a scrivere e comporre tale superficie, cosa poteva aver bisogno di scrivere, in tale quantità e ordine maniacale? e soprattutto, perchè, proprio il giorno prima della sua prima assenza, dopo molti anni di lavoro nella vecchia azienda? Ad un certo punto, fu inevitabile. Il primo timido passo del portinaio all'interno della stanza fu come una crepa in una diga. Bastò un momento e venne praticamente travolto dalla ressa di curiosi ormai addossata alla sue spalle. Accalcandosi e spingendo entrarono con foga, una signora rimase impigliata con la manica nella maniglia, creando un blocco nel flusso e non pochi strattoni. Sembravano colombi sul grano in una piazza, entrarono quasi tutti, nella piccola stanzetta e letteralmente avvolsero di teste la scrivania di Anna. Aggirandola, i più fortunati si trovarono davanti al lato giusto, dalla parte della sedia, dove finalmente si sarebbero potuti leggere i misteriosi segni. Stava per calare un silenzio che celebrasse la prima visione d'insieme del messaggio. Qualcuno troppo impaziente, dalla fila di dietro, allungò una mano tra la manica del collega e l'altro fino ad arrivare ad un foglietto. La folla ebbe un sussulto. No! qualcuno gridò, mentre la mano misteriosa stacco il primo post-it dal tappeto giallo, e sembrò risucchiarlo tra la folla. Subito un'altra mano dalla parte opposta del tavolo fece lo stesso! No! No! altri gridarono, ma improvvisamente prese da una specie di frenesia di chi non coglie le possibilità al volo, altre mani si fecero ladre, e ancora altre. In neanche un minuto la superficie del tavolo fu solo un agglomerato di mani frementi che reclamavano e staccavano un foglietto, un altro, ritirandole subito chiuse con forza sulla cartina trofeo. Ognuno era ansioso di vedere, di capire, di essere quello furbo che svelava il segreto. Cosa poteva aver scritto, Anna, quella strana, quella sempre zitta. Cosa poteva sapere, che gli altri ignoravano, e cosa poteva aver voluto lasciare, quel giorno strano, in cui lei, per la prima volta, non difendeva la sua postazione? Quando il brusìo concitato si calmò, e la folla si stava diradando, molti uscivano con nonchalance dalla stanza, fingendo un'andatura calma, indifferente, mentre stringevano il piccolo post-it stropicciato in fondo ad una tasca. Sta di fatto che quando tutti uscirono, spargendosi nuovamente in corridoio, come formiche del bosco al passaggio di un cercatore di funghi, il portinaio finalmente riuscì a rimettersi in piedi, era stato schiacciato sul tavolo cercando a braccia aperte di difendere il messaggio. A nulla era valso, ma almeno era finita la follia collettiva, si disse, e si rimise dritto, si aggiustò la giacca, e sistemandosi dignitosamente la camicia, riprese il solito contengno. Fu allora che si rese conto che non era rimasto neppure uno, di post-it. La scrivania era nuda, se volessimo dare emozioni agli oggetti, sembrava esausta e delusa.
Il corpulento portinaio fu l'ultimo a uscire dalla stanza di Anna. Lentamente richiuse la porta, accostandola piano, fino a sentire lentamente anche lo scroc della serratura. Non c'era più nessuno intorno a lui. Si girò e avviandosi nel corridoio vuoto verso le scale, tornò alla sua scrivania da basso, accanto all'ingresso del palazzo, a fare il suo lavoro principale, dare il buongiono a chi entrava.
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