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C’è un Nano là, in mezzo al mar. E i camini non fumano.

Creato il 13 settembre 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
C’è un Nano là, in mezzo al mar. E i camini non fumano.C’è un ministro di questo non-governo famoso per le sue boutade provocatorie. Incarnando il “Giudice” di Fabrizio De’ Andrè, si diverte molte volte a dare di testa perché, come tutti i nani, “ha il cuore troppo vicino al buco del culo” per cui per arrivare all’altezza della bocca manca poco, con la conseguenza che non si comprende mai se quando parla proferisce parole o i suoni rappresentano solo lo spiacevole effetto di un imbarazzante meteorismo. Dopo aver dato dei “bastardi” a quasi tutti i mestieri, le corporazioni, le professioni, le arti e le fondazioni; dopo aver dato dei “morti di fame” ai cineasti di questa repubblica; dopo aver dato dei “sanguisuga” a tutti quelli che abitano sotto il Po, in piena crisi di astinenza da anonimato ha rilasciato una illuminante intervista al Giornale in cui ha testualmente affermato: “Se non avessimo la Calabria, la conurbazione Napoli-Caserta, o meglio se queste zone avessero gli stessi standard del resto del Paese, l'Italia sarebbe il primo Paese in Europa”. I napoletani, i casertani e i calabresi hanno ringraziato e promesso che, nonostante tutto, avrebbero continuato a votare per il Pdl, considerata la loro alta vocazione al martirio. Delle risposte dei politici al Nano² ce ne può fregare di meno, ci è piaciuto invece, e molto, il riscontro che gli ha dato un famoso esponente della Chiesa militante del Sud, uno di quei vescovi sottoscorta per sgarbi vari alla camorra. Il prete si chiama Antonio Riboldi, è il vescovo emerito di Acerra e per anni, pur essendo un lombardo doc, ha lottato nel Sud al fianco di chi ha sempre chiesto non l’elemosina ma la programmazione, non sgravi fiscali alle industrie truffaldine del nord ma piani di industrializzazione seri. Non essendo mai stato presidente di Propaganda Fide, né della Cei né, tantomeno, segretario di Stato Vaticano monsignor Riboldi gode, almeno ai nostri occhi, di una certa stima che deriva anche da una conoscenza personale di molti anni fa. Presa carta e penna, il monsignore scrive: “Il ministro dovrebbe essere più equilibrato nei suoi giudizi. La povertà del Sud non è una colpa della gente del Sud ma dei mancati investimenti, del mancato arrivo del lavoro. Sono un lombardo – prosegue don Riboldi – che da 50 anni è in mezzo alla gente del Sud. La cosa che mi ha sempre colpito è che questa gente meravigliosa non ha mai alzato la voce. Mi meraviglia questa pazienza e mi chiedo e lo chiedo al ministro fino a quando durerà". Il discorso sulla “pazienza” fatto da monsignor Riboldi è il punto centrale della faccenda. Da molto più di mezzo secolo infatti, il Sud sta aspettando che qualcuno la smetta di considerare la sua gente mentecatti a cui dare di nascosto un tozzo di pane mentre sulla tavola dei padroni si brinda a champagne. Il Sud non è quello di Nano² né quello di Bossi, di Tremonti o di Berlusconi che compra ville dappertutto meno che da quelle parti. Il Sud è il cuore pulsante di questo paese, è la madre delle intelligenze migliori che però lo Stato centrale ha sempre ritenuto un peso e mai una risorsa. Dopo aver convissuto per anni con la mafia, la ‘ndrangheta, la camorra e la sacra corona unita, pezzi dello stato decisero fosse arrivato il momento di iniziare a gettare la spazzatura nel cassonetto piuttosto che nasconderla sotto il tappeto come una qualsiasi colf “distratta”. A questi pezzi dello Stato la malavita organizzata ha risposto con il tritolo e i kalashnikov, una guerra mai dichiarata ma combattuta strada per strada e nelle stanze dei bottoni dove, invece di elaborare strategie per sconfiggerla, si studiavano rese onorevoli e intavolavano trattative diaboliche. Non abbiamo alcuna intenzione di dipingere il Sud usando i parametri dell’oleografia o dei falsi storici o dei luoghi comuni, prendiamo solo atto che a Roma (non a Napoli, non a Bari, non a Palermo, non a Cosenza), mentre il Sud stava, e sta, combattendo la sua guerra per riacquistare dignità, si discuteva di come addivenire a più miti consigli con capi-clan divenuti nel frattempo elettori di tutto rispetto. Per il resto Nano² può continuare a straparlare, tanto non lo ascolta nessuno, Feltri e Sallusti esclusi ovviamente. E poi, sempre a proposito del Nano al quadrato, ce lo siamo immaginato sul palco della Mostra di Venezia, qualora fosse diventato sindaco, fare piccoli salti per tentare di stringere la mano a Quentin e la nostra pessima giornata si è rasserenata. Tarantino lo avrebbe scritturato per il sequel di "Bastardi senza gloria": un perfetto Pol Pot.

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