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Cacio Bavarese anche detto Budino del Vescovo

Da Pamirilla
Cacio Bavarese anche detto Budino del Vescovo
Cacio Bavarese anche detto Budino del Vescovo
Cacio Bavarese anche detto Budino del Vescovo
Cacio Bavarese anche detto Budino del Vescovo
Oggi la giornata è al femminile causa defezione maschi. Il cicaleccio di un gineceo è indescrivibile.
Io andrei su qualcosa di cremoso e fresco: arriva l’estate (prima o poi arriverà) e credo sia meglio cominciare a prepararsi.
Mi piacerebbe buttarmi su un cheese cake, uno dei miei dolci preferitissimi, ma così inflazionato che la mia nevrosi da “guarda come sono originale, io” ne avrebbe a soffrire molto. Proprio ora che il livello di autostima è decente mi concedo un esubero di presunzione (come non fosse sempre un po’ in esubero!!!!!) O.k. , diciamo che mi concedo anche una dose di auto tolleranza per rifarmi del tempo così brutto, così grigio, così lontano dall’estate.
Il dolce che testè andremo a preparare, siore e….siore, chiamasi “Cacio bavarese” o “Budino del vescovo” ed entrambi i nomi, a essere onesta, non mi piacciono granché né mi fanno gola (cacio mi sa di caciotta e budino mi sa di Elak) MA mai fermarsi alle apparenze. Infatti questo dolce antico, antichissimo, nato in quel della bassa padana, pare ben cinque secoli fa, è non solo buonissimo ma anche davvero raffinato. E, nonostante i secoli che si porta addosso, è molto semplice da realizzare.
Per la base di savoiardo “siciliano”
160g farina
130g. zucchero
2 uova intere
4 tuorli
Per la crema di burro
10 tuorli sodi
200g di burro
200g di zucchero a velo
Vaniglia in polvere (facoltativa)
E inoltre
Marsala o nocino o sassolino
Cacao in polvere q.b. (che non vi irriti il q.b. perché più avanti ne spiego il perché)
“Da quando il savoiardo siciliano è facile da fare?” inasprisce subito Teresa
Potrei dire da quando venite a scuola da me ma c’è un limite all’auto tolleranza di eccesso di presunzione.
“Avevi detto che facevamo una cosa semplice” frignano Camilla e tutti i suoi percing
Infatti sarebbe semplicissimo comprare savoiardi artigianali già fatti e procedere. Cosa cui autorizzo TUTTI “tranne voi che venite qua, a lezione. Sennò che ci venite a fare, eh?!!!!!”
E basta, sempre a lagnarsi, oh.
“Sei sempre troppo lunga” mi fa notare Caterina “Non possiamo andare al sodo?”
Ma certo, l’uovo sodo. Mettiamo subito le uova in acqua e sul fuoco, cottura 8 minuti a partire dal bollore, così ce le troviamo pronte.
Giada sembra ammaliata dal numero impressionante di uova che ci servono oggi e spero che contarle e ricontarle non le faccia l’effetto “conta le pecorelle”. Per quanto sveglia, sveglia Giada non lo è mai.
Allora, a proposito di questo savoiardo detto “siciliano”, la ricetta che riporto qui serve per fare la base per numerosi tipi di semifreddi. Ha il vantaggio di conservarsi molto a lungo (anche un anno) purché tenuta in un luogo asciutto, in una scatola, e dunque se ne potrebbe fare in abbondanza per servirsene quando occorre. A differenza della pasta biscotto questo tipo di base è più “solida” e corposa ma essendo spugnosa assorbe bene i liquidi e pertanto prende bene le bagne.
E’ meno leggera e raffinata del biscuit ma necessaria nelle preparazioni molto umide e consistenti.
Ma sapete di cosa parlo, no? Fareste un tiramisù con il biscuit? (la domanda è retorica e la risposta obbligatoriamente NO, non sento ragioni).
Con una ricetta simile si potrebbero fare anche degli ottimi biscotti da colazione. I savoiardi, appunto.
Caterina monta gli albumi con metà dello zucchero e Teresa l’altra metà dello zucchero con i tuorli.
Camilla mescola, delicatamente, la crema di tuorli con la farina che Giada versa a pioggia, poco a poco. “Poco a poco, Giada” dico “ non granello a granello. Ecco, così.” Magari si metteva a contare pure i granelli di farina! Dopodiché vanno incorporate le chiare montate.
L’impasto finale deve essere omogeneo, morbido e tenderà ad allargare un poco. Non ci importa se si allarga perché non dobbiamo farne biscotti, che devono tenere la forma. Un pezzo unico ci va benissimo, così non avremo bordi duri che poi vanno ritagliati, biscotto per biscotto. Ma se invece volessimo fare proprio i biscotti allora dovremmo tenere a bada la compattezza dell’impasto.
E stare attenti a non smontarlo.
No troppo liquido, no troppo sodo
e poi manovrare con la sac a poche per formare i classici biscotti stretti e lunghi: ecco perché fare i savoiardi non è proprio facilissimo e richiede un po’ di pratica.
Cuociamo a 180° per 15 minuti, circa. Per una lunga conservazione asciugate nel forno caldo finché i biscotti non siano diventati secchi.
Passiamo al “cacio”. Non c’è bisogno di dire che il burro deve essere di altissima qualità altrimenti il risultato finale sarà immangiabile. E fresco, perché questo dolce certo non deve sapere di “cacio”, a dispetto del nome. Anche se non mi paga nessuno potrei suggerire burro “Occelli”.
E poi ci vuole lo zucchero a velo e prima che qualcuno si faccia venire in mente idee geniali fulmino tutti con uno sguardo esplicativo. Infatti, prontamente, viene frullato lo zucchero necessario. In questo caso l’aggiunta di amido è inutile e disdicevole. Ricordate però di non fare mai creme al burro con zucchero semolato a meno che non vi piaccia sentirvelo scricchiolare in bocca, cosa orrenda sopra ogni dire.
Caterina, che è diventata la Regina del Setaccio, si occupa dei tuorli sodi mentre Camilla frulla il burro morbido con lo zucchero (deliziosamente frullato) e poi amalgamiamo il tutto con una paletta finché non è perfettamente omogeneo.
Il savoiardo l’ho ben inzuppato con Marsala. La ricetta originale prevede Nocino o Sassolino, che sono i liquori dolci tipici della bassa. Però a me piace particolarmente il Marsala e per questo mi sono concessa la variante. Adagiato il biscotto nello stampo lo copriamo con la crema di burro. Sopra una spolverata abbondante di cacao e poi deve solidificare in frigorifero per alcune ore.
La crema “unica” è un ulteriore variante personale. Quando ho mangiato il dolce in loco, invece, ad una parte della crema di burro era stato aggiunto il cacao in polvere e quindi la parte cremosa del dolce era a due strati: uno bianco più alto e uno superiore, molto più basso, al cacao. Ecco perché ho indicato il cacao con un bel q.b., scegliete pure l’opzione che preferite, tanto sono eccellenti entrambe.
Attenzione, quando il dolce è nel frigorifero, che sia ben protetto e non rischi di assorbire l’odore di altri alimenti.
Prima di consumarlo tenete il dolce a temperatura ambiente per una mezz’ora.
Note: l’aspetto, forme e utensili. Alcune opzioni:
a) Servite il dolce a in una terrina, tipo tiramisù, e porzionate una volta a tavola.
b) Su un piatto o un supporto adeguato mettete un anello da pasticceria all’interno del quale montare il dolce. Sfilate l’anello prima di servire: anello grande per fare una torta, anello piccolo per la porzione monodose.
c) Per fare un monodose sagomato montate il dolce in uno stampino di silicone con la forma che preferite e sformatelo quando e freddo è solido.

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