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Caffé e Discriminazioni

Creato il 27 gennaio 2013 da Obyinlondon

Caffé e DiscriminazioniViviamo in tempi infelici. Sará perché l’Europa — e un po’ tutto il mondo occidentale — é alle prese con disastri economici, recessioni, debiti pubblici e rivolte popolari, ma ho notato negli ultimi anni un numero crescente di “notizie” sui giornali riguardanti battaglie legali che non capisco se hanno lo scopo di intrattenermi o di farmi sollevare un sopracciglio.

“L’esempio tipico delle battaglie legali frivole”, come fu giá definito all’epoca da ABC News, é probabilmente quello del 1994 della Signora Stella Liebeck che fece causa a McDonald’s per averle servito quello che il suo avvocato definí uncaffé difettoso. Per essere chiari: “difettoso” significava “troppo caldo”: la stessa si era infatti versata sulle gambe l’intero contenuto del bicchierone procurandosi serie ustioni alle gambe. Secondo l’accusa il caffé era stato negligentemente servito alla cliente ad una temperatura di 82C, invece di una piú appropriata 65C: se infatti il caffé avesse avuto quest’ultima temperatura la povera Stella (é proprio il caso di dirlo!) avrebbe scientificamente avuto due secondi di tempo per togliersi i pantaloni ed evitare quelle brutte ustioni.
All’epoca McDonald’s dibatté che il caffé venduto da McDrive (dove era stato acquistato) doveva essere caldo poiché acquistato da motociclisti in viaggio, aggiungendo inoltre che un messaggio sulla tazza indicava chiaramente che il contenuto era molto caldo, ma il giudice decise che il messaggio non era grande abbastanza [??!] e che McDonald’s era comunque responsabile per l’80% del danno.
Lungi da me prendere le difese di McDonald’s, o mettere in discussione la decisione di un giudice, la cosa che mi duole é che casi del genere non hanno fatto altro che sollevare da allora una serie di “copie” da ogni parte del mondo, che al giorno presente hanno modificato il rapporto consumatore-negoziante con il penalizzare il consumatore stesso.

Ad esempio leggevo l’altro giorno di questo esercito di genitori infuriati con Starbucks (come con tutti gli altri coffee-shops) perché non é possibile farsi scaldare latte in biberon, o pappette per bambini: i commessi si rifiutano dichiarando che non possono farlo per motivi di “health & safety”. Ovviamente l’health & safety é soltanto uno schermo per evitare che Starbucks venga trascinata in corte sotto accusa di ustionare le bocche di milioni di bebé. Per reazione Starbucks é stata dunque trascinata in corte perché “discrimina i genitori”.

La cosa diventa piú complessa quando si guarda alla battaglia per diritti umani tra datore di lavoro ed impiegato. Se ci si mette la religione di mezzo poi c’é proprio da mettersi le mani nei capelli.
Quattro cristiani britannici si sono rivolti alla Corte Europea per i Diritti Umani dopo che il governo britannico non é intervenuto “per proteggere i loro diritti”, dopo che questi erano stati licenziati — o cambiati di ruolo — dal loro datore di lavoro:

  • Una hostess nel 2006 é stata licenziata da British Airways perché si era rifiutata di nascondere il crocifisso al collo sotto richiesta del suo superiore.
  • Una receptionist d’ospedale é stata spostata ad una mansione d’ufficio per lo stesso motivo.
  • Un terapista di coppia é stato licenziato perché si era rifiutato di fare terapia di coppia ad una coppia dello stesso sesso.
  • Un registror comunale é stato licenziato perché si era rifiutato di registrare un unione omosessuale.

Nel primo e nel secondo caso mi sono messo a sorridere: perché la discriminazione di cui le signorine si lamentavano non é esattamente verso la loro religione, quanto piú verso il loro innegoziabile desiderio di sbatterla in faccia anche a tutti gli altri. Che da un lato capisco, perché é bello sfoggiare le cose che ci piacciono: anche io amo i videogiochi e quando vado in palestra adoro indossare le magliette di Portal 2 e Metal Gear Solid — ma dall’altro quando si rappresenta un datore di lavoro.. insomma, non é che posso andare del mio capo e dirgli che discrimina verso il mio Jedismo per non permettermi di indossare la spada laser al meeting settimanale. I dress-policies ci sono per un motivo.

Nel secondo e terzo caso mi sono proprio messo a ridere. Secondo l’Istituto Cristiano “Questi casi mostrano che Cristiani con credenze tradizionali nel matrimonio sono a rischio di essere emarginati”. Quel di cui si lamentano, in sostanza, é di essere discriminati dal non poter discriminare. Poverini, deve proprio essere terribile! E pensare che questa cosa é andata veramente alla Corte Europea: i poveracci avrebbero sicuramente preferito spendere le loro giornate bevendosi un caffé caldo (di McDonald’s).

Ad ogni modo la Corte Europea ha deciso che soltanto nel primo caso i diritti del lavoratore non sono stati tutelati — giá dal 2007 British Airways ha modificato la propria policy per permettere ai propri dipendenti di indossare liberamente simboli religiosi. Ma dopotutto BA é un’azienda privata, non rappresenta un governo e la sua immagine non viene modificata da un dipendente che mostra un simbolo religioso (capito? non come essere Stati laici e mitragliare crocifissi sui muri pubblici). Nel caso della receptionist d’ospedale é stato deciso che il datore di lavoro non ha discriminato poiché ha tutelato la salute e sicurezza di infermiere e pazienti (insomma, non sia mai che non stai molto bene e ti venga un infarto a vedere Gesú Cristo).

Di tutte queste storie non so cosa pensare. Da un lato mi domando come sia possibile che se BA vola dal 1974 un caso del genere sia stato sollevato solo ora — forse vuol dire che veramente la gente passa le giornate pensando a come puó trascinare in tribunale la compagnia di turno, perdendosi in cause ridicole generate soltanto da un’arroganza innata che prima non possedevamo. Dall’altro forse mi dovrei compiacere che stiamo imparando a convivere l’un altro senza ammazzarci, sistemando le cose in maniera democratica ed accettando le decisioni dei giudici.

Ad ogni modo se ci pensate la Corte Europea é stata bilanciata: se potessi discriminare verso tutti quelli che mi stanno sul cazzo sarei pagato per non lavorare.


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