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Calabria, disoccupazione femminile in crescita

Creato il 28 marzo 2014 da Makinsud

Nei giorni scorsi sono stati pubblicati da Demoskopika i dati degli effetti della recessione in Calabria sulla popolazione femminile ed il risultato che emerge è che sono proprio le donne a pagare il prezzo più alto: tra il 2011 ed il 2013 la disoccupazione femminile è aumentata di 10 punti percentuali, attestandosi al 23,5%. Tale dato mette in evidenza come 60 mila donne siano in cerca di occupazione e che ci sono ben 26 mila disoccupate in più rispetto ai due anni precedenti. Inoltre, dai dati pubblicati da Demoskopika, emerge che tra il 2011 ed il 2013 si è ridotto anche del 2,5% il numero tra le donne che avevano un posto di lavoro, questo vuol dire 20 mila donne occupate in meno.

calabria

Oltre ai dati preoccupanti sulla disoccupazione femminile, nel rapporto di Demoskopika dedicato alla Calabria risulta anche in crescita il fenomeno delle cosiddette “neet”, per le giovani calabresi tra i 15 ed i 29 anni, che non svolgono alcuna attività lavorativa e non studiano. Secondo l’istituto di statistica Demoskopika tale fenomeno riguarda circa 65 mila persone, pari ad oltre il 33% della popolazione femminile calabrese rientrante in questa fascia d’età. A livello provinciale in cima alla graduatoria per numero di donne che non lavorano e che non studiano vi è la provincia di Cosenza con il 34,1%, poi a seguire Reggio Calabria con il 30,8%, Catanzaro con il 14,6%, Crotone con l’11% ed, infine, con un dato minore rispetto agli altri capoluoghi di provincia ,Vibo Valentia con il 9,5%.

Nel commentare tali dati drammatici e preoccupanti l’economista Raffaele Rio si è espresso dichiarando che: “Il costo della recessione sociale si misura anche nella dinamica del mercato del lavoro. La perdita di 20mila posti di lavoro tra le donne calabresi pesa come un macigno sulle famiglie calabresi: è come se improvvisamente chiudesse l’intero gruppo Fininvest o, in un colpo solo, restassero a casa tutti i dipendenti del Gruppo Unipol, Edison ed Erg messi insieme”. Il paragone effettuato rende bene l’idea della drammaticità della situazione: e per il futuro, quale scenario attende le donne del Sud? La prevista ulteriore flessibilizzazione del mercato del lavoro relativa al Job Act, consente ai datori di lavoro di utilizzare contratti brevi in un arco temporale di 36 mesi e questo nuovo aspetto potrebbe portare con sé un effetto negativo: produrre discriminazioni nei confronti delle donne, quali il mancato rinnovo del contratto alla notizia della maternità. Una situazione da scongiurare assolutamente.

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