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Calcioscommesse: “Les liaisons dangereuses “

Creato il 24 dicembre 2013 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

L’ordinanza  emessa il 12 dicembre scorso dal Giudice delle Indagini Preliminari (GIP), Dott. Guido Salvini, del Tribunale di Cremona, e le relative dichiarazioni del Pubblico Ministero (PM), Dott. Roberto Di Martino, presso il suddetto Tribunale, in merito alle vicende del così detto “calcio scommesse”, hanno suscitato e stanno suscitando varie reazioni e vari commenti.

Allo scopo di fornire ai tifosi ed a qualunque soggetto interessato criteri di orientamento onde potersi formare una autonoma opinione sufficientemente informata circa i fatti di cui trattasi, ritengo opportuno ed utile, per comodità di riferimento, far seguire in calce alle seguenti note la “Guida Informativa sul Calcioscommesse” del 18 gennaio scorso, già pubblicata su www.federsupporter.it.

Per completezza ed a integrazione della Guida, ritengo, altresì, opportuno ed utile ritrascrivere di seguito, alcuni brani di cui alle mie note di commento del 20 novembre scorso, pure pubblicate sul sito, alle motivazioni delle decisioni della Corte di Giustizia Federale (CGF) sul caso Mauri.

La Corte chiariva, in via preliminare, così come, d’altronde, specificato dalla stessa Corte e dalla Commissione Disciplinare Nazionale (CDN) in altri casi, che: “Negata, ancora una volta, la sussistenza della pregiudiziale influenza del procedimento penale su quello disciplinare sportivo e riaffermata l’applicabilità in questo di regole autonome di formazione e valutazione delle prove secondo le linee direttrici dettate dalla giurisprudenza applicativa del Codice di Giustizia Sportiva (in seguito CGF), non può non osservarsi, prima ancora di passare all’esame delle diverse fattispecie giunte all’esame di questo giudice sportivo di secondo grado (in seguito CGF), che sia le incolpazioni formulate dalla Procura federale e le decisioni assunte dalla Commissione Disciplinare Nazionale (in seguito CDN), sono strettamente correlate ad indagini che risultano tuttora in corso da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria, nella specie della Procura della Repubblica di Cremona, i cui primi risultati sono stati acquisiti ed approfonditi sul versante relativo alla commissione di illeciti sportivi, dagli organi inquirenti federali. Se ne ricava, inevitabilmente, che anche le valutazioni di questa Corte non possono che essere formulate allo stato degli atti e nella consapevolezza che le risultanze attuali potrebbero essere superate da eventuali future acquisizioni, laddove le stesse dovessero trovare ingresso in altro procedimento, in forza di quelli che sono gli strumenti offerti dal CGS e ferma restando – come detto – l’autonoma valutazione, da parte degli organi di giustizia sportiva, degli eventuali nuovi elementi che dovessero, in un senso o nell’altro, emergere secondo i canoni dettati dal predetto Codice”.

In quella sede la Corte ribadiva che lo standard probatorio applicabile in sede di giustizia sportiva, pur superiore alla semplice valutazione di probabilità, è inferiore allo standard richiesto nel processo penale : vale a dire l’esclusione di ogni ragionevole dubbio di colpevolezza.

Per la giustizia sportiva è sufficiente, in altre parole, una ragionevole certezza della commissione dell’illecito.

 

Ciò premesso e venendo alla valutazione del coinvolgimento del calciatore nell’illecito, la Corte osservava

Ed, invero, non può non rilevarsi come difetti, per questa parte, nel racconto di GERVASONI qualsivoglia elemento descrittivo che consenta, anche in via indiretta, di ricostruire in maniera sufficientemente chiara le concrete modalità dell’asserito coinvolgimento di MAURI: non sono indicati gli atti che lo stesso avrebbe posto in essere per alterare le modalità e/o il risultato delle due gare, non è dato tuttora sapere se i presunti illeciti contatti siano avvenuti di persona ovvero a distanza, e, soprattutto, nei confronti di chi siano stati posti in essere. Tutto ciò in palese distonia dei richiamati postulati giuridici che, in ossequio ad una granitica giurisprudenza, indicano come requisiti indefettibili di una affidabile chiamata in correità i predicati della precisazione, della coerenza e del racconto circostanziato, pienamente sussistenti, nel caso di specie, come detto, secondo il Collegio, in ordine alla realizzazione degli illeciti, ma non anche in riferimento alla specifica partecipazione di MAURI agli stessi.

In definitiva, se è vero, come giustamente osservato dal Procuratore Federale, che non si può pretendere che il riscontro rivesta il valore di prova autonoma e autosufficiente, dovendo, invece, lo stesso solo corroborare le affermazioni del dichiarante, è altrettanto vero che, nel caso di specie, difettano elementi che, con specifico riferimento alla posizione del calciatore MAURI ed al ruolo dallo stesso rivestito, possano essere considerati riscontri in senso proprio e oggettivo, di sicura valenza dimostrativa. E’, infatti, noto che la valutazione della chiamata in correità che contenga accuse nei confronti di più persone deve avvenire in modo frazionato per verificare l'esistenza dei riscontri individualizzanti a carico di ciascun accusato, non potendo estendersi l'affidabilità delle dichiarazioni del chiamante, che pure trovino conferme oggettive negli accertati elementi del fatto criminoso e soggettive nei confronti di uno dei chiamati, a un altro chiamato sulla base di reciproche inferenze totalizzanti (cfr. Cassazione penale sez. I, 10 dicembre 2010 n. 16674).

In ragione di quanto detto e sulla scorta del materiale probatorio sottoposto alla valutazione del Collegio, l’ipotesi accusatoria in ordine alla riferibilità a MAURI dell’illecito di cui trattasi, non può dirsi, dunque, sufficientemente provata ed è di tutta evidenza che il dubbio ragionevole, che appare, allo stato, difficilmente smentibile, non può che risolversi con il proscioglimento, per tale incolpazione, del predetto calciatore.

 

Secondo la CGF, dunque,  per poter accertare la colpevolezza di un illecito, è necessario, “alla luce dei canoni ermeneutici indicati in qualche modo dalla giurisprudenza penale (v.anche Cassazione,24 settembre 2010, n.41352 e 12 ottobre 2010, n. 42705)”, che i riscontri esterni devono sussistere, non solo in ordine alla realizzazione dell’illecito, ma “ quantomeno con sufficiente grado di certezza, per ciò che concerne il personale diretto coinvolgimento” nella combine.

Aggiunge la Corte:

Del resto è doveroso osservare come il fenomeno degli illeciti sportivi fin qui scrutinato, lungi dal poter essere ricondotto a protocolli rigidi e a schemi contraddistinti da predefinite metodologie, abbia evidenziato una preoccupante pervasività, anche in ragione delle sue mutevoli modalità di attuazione e di sviluppo, capaci di coniugare interessi pur eterogenei. In tale prospettiva, l’alterazione dei risultati delle gare è stata spesso il frutto di intese condotte tra soggetti, tesserati e non, che agivano per motivazioni tra loro anche profondamente diverse: chi persegue un interesse prettamente economico, chi agisce al fine di indirizzare le puntate delle scommesse, chi per ragioni di classifica, all’insaputa della propria società di appartenenza.

D’altro canto, è stato autorevolmente affermato in giurisprudenza che il solo movente, per il carattere di ambiguità che è ad esso intrinseco, non è comunque mai di per sé assimilabile ad un grave elemento indiziario, e in tanto può fungere da aspetto rafforzativo del quadro probatorio in quanto gli altri elementi siano precisi e convergano a un univoco significato (cfr. Cassazione, Ss.Uu., 30/10/2003, n. 45276).”

Orbene, il contenuto delle accuse rivolte da GERVASONI a MAURI lascia dubbi allo stato non superabili, non solo perché i diretti interessati smentiscono il collega, poiché in questo caso, in presenza di un riscontro esterno, si potrebbe sostenere, secondo quanto in precedenza chiarito, la sufficienza degli elementi a carico, ma perché sono in realtà privi di un sicuro riscontro esterno, finendo ogni elemento d’accusa nei confronti di MAURI per far capo sempre e solo a quanto dichiarato dallo stesso chiamante (cfr., per un caso analogo, CGF, 21 agosto 2012, C.U. 037/CGF del 30 agosto 2012).

In definitiva, la cornice probatoria che, in riferimento agli specifici fatti contestati a MAURI, è risultata nella disponibilità di questa Corte, non conduce univocamente all’affermazione di responsabilità dello stesso per la fattispecie illecito. Alla rilevata insufficienza del materiale probatorio complessivamente raccolto corrisponde, pertanto, in ossequio al principio in dubio pro reo, l’impossibilità di convalidare, come ipotesi di sicuro affidamento, la ricostruzione prospettata dalla Procura (cfr. CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 034/CGF del 29 agosto 2012).

Gli elementi ad oggi a disposizione di questo Collegio, in altri termini, conducono ad un complessivo risultato probatorio che, in ordine all’affermazione di responsabilità di MAURI per l’incolpazione di illecito, non può dirsi contrassegnato dagli indefettibili predicati della ragionevole prova. Infatti, i frammenti probatori e indiziari acquisiti nel corso del procedimento, anche in seguito al supplemento di specifica istruttoria, oggetto di attenta rivalutazione da parte di questa Corte, non appaiono univoci ed assistiti da una pregnante valenza dimostrativa sì da poter escludere, sul piano della plausibilità giuridica e logica, una ricostruzione dei fatti alternativa a quella prospettata dall’accusa.

Come già evidenziato, la chiamata in correità, perché possa assurgere al rango di prova necessita anche di riscontri estrinseci, e cioè di ulteriori elementi o dati probatori, non predeterminati nella specie e qualità, e quindi aventi qualsiasi natura, sia rappresentativa che logica, che confermino l’attendibilità del racconto (cfr. CGF, S.U., 20.08.2013, in C.U. n.029/CGF).

 

Come in precedenza richiamati i canoni di giudizio fatti propri  dalla CGF in tema di illecito, può essere opportuno ed utile, a mio avviso, richiamare anche qualche elementare principio penalistico.

Va precisato, innanzitutto, che la nostra Costituzione (art. 27, II comma) stabilisce che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

La qualità di imputato si assume solo a seguito di rinvio a giudizio, mentre, nella fase delle indagini preliminari, fase procedimentale strumentale alle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, si può assumere la qualità di indagato, al quale, in questa fase, vengono estesi i diritti e le garanzie dell’imputato, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa.

Non a caso la norma usa il termine di “indagato” e non di “indiziato”, in quanto, formandosi la prova nel sistema processuale accusatorio solo nel processo, nel contraddittorio tra le parti, tutti gli atti di indagine, pur contenenti delle incolpazioni, quand’anche comportino l’arresto o l’esecuzione di una misura cautelare, hanno carattere di addebito provvisorio, non costituendo ancora formale imputazione, essendo possibile un provvedimento di archiviazione che presuppone l’assenza di azione penale.

 

Anche nella fase delle indagini preliminari, tuttavia, può procedersi all’assunzione di prove, utilizzabili dal giudice ai fini della decisione, mediante l’istituto e lo strumento dell’incidente probatorio.

Si fa ricorso a tale istituto e strumento quando non è possibile attendere il processo per raccogliere alcune prove, talchè queste non potrebbero essere più assunte nel dibattimento.

L’incidente probatorio rappresenta, quindi, una parentesi accusatoria (per l’appunto un “incidente”)  che si apre nella fase delle indagini preliminari, con le caratteristiche e le formalità del dibattimento, perciò con la partecipazione di tutte le parti in posizione di parità dialettica di fronte al GIP, con lo scopo, non della decisione del processo, bensì esclusivamente dell’acquisizione della specifica prova richiesta.

L’informazione di garanzia non costituisce imputazione, ma solo, come rivela la sua denominazione, la necessaria informazione di un atto cui il difensore dell’indagato ha il diritto di assistere ( per es. accertamenti tecnici non ripetibili, interrogatorio dell’indagato ) .

Purtroppo, nella opinione comune è ormai invalsa l’abitudine, favorita da un uso spesso inappropriato e distorto del diritto di cronaca e del diritto di critica da parte dei mass media, di ritenere che una informazione, posta a tutela dell’esercizio del diritto di difesa, costituisca, di per sé, una imputazione o, addirittura, una condanna.

Nella fase delle indagini preliminari il difensore dell’indagato ha la facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, avvalendosi di investigatori privati autorizzati e di consulenti tecnici.

Gli atti di tale attività confluiscono nel fascicolo del difensore che può essere presentato al PM perché ne tenga conto ai fini delle sue determinazioni, al GIP ed al Giudice dell’Udienza Preliminare ( GUP), prima che adottino le loro decisioni, nonchè al Giudice del processo, nel caso in cui debba prendere una decisione.

 

L’attività del PM, quale parte imparziale, deve essere finalizzata, nella fase delle indagini preliminari, anche all’acquisizione di elementi di prova favorevoli all’indagato.

Gli atti di indagine compiuti dal PM e dalla Polizia Giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza.

Detta conoscenza può avvenire con l’esecuzione di una misura cautelare, con l’informazione di garanzia, quando il PM debba compiere atti per i quali necessita il preventivo avviso al difensore, con l’avviso della conclusione delle indagini preliminari.

Ne consegue che l’indagato, sebbene conosca la pendenza di un procedimento, non sempre ha la possibilità di conoscere tutti gli atti dell’indagine fino ad allora acquisiti.

Peraltro, la stessa esecuzione di una misura cautelare dà diritto all’indagato di conoscere solo gli atti posti a sostegno della misura, ma non di tutti gli atti: solo l’avviso della conclusione delle indagini dà diritto alla conoscenza di tutti gli atti delle investigazioni.

Per questo motivo, pur in uno spirito di leale cooperazione, può accadere ed accade che gli Organi della giustizia sportiva non abbiano la disponibilità, ai fini delle loro valutazioni e decisioni, di tutti gli atti acquisiti in sede penale nell’ambito di indagini preliminari, donde la succitata riserva , espressa in via preliminare, dai predetti Organi.

Ed è questo il motivo per cui, quando si danno giudizi su tali indagini, bisognerebbe sempre avere la consapevolezza e l’accortezza che, fino alla conclusione delle predette indagini, non si conoscono tutti gli atti investigativi (così detta “discovery”).

A questo proposito, ricordo e sottolineo che, con l’ordinanza del 10 dicembre scorso, il GIP, Dott. Salvini, ha disposto, nell’ambito di incidente probatorio, di incaricare quattro consulenti tecnici d’ufficio di esaminare i contenuti di più di 200 apparecchiature tra cellulari, iphone e computer, dando loro quattro mesi di tempo che scadranno il 20 aprile prossimo, con fissazione di una udienza il 22 maggio prossimo per valutare le risultanze del lavoro dei consulenti incaricati.

Ne consegue che dette risultanze, valutate in contraddittorio con tutte le parti, assumeranno valenza probatoria nell’eventuale, futuro processo ai fini delle decisioni del giudice.

 

Per  quanto riguarda il fenomeno delle frodi sportive legate alle scommesse, mi riporto ad alcune considerazioni di cui alla Risoluzione su criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio di denaro approvata il 23 ottobre scorso dal Parlamento europeo.

In particolare, nella Relazione si legge: “ Il riciclaggio di denaro assume forme sempre più sofisticate fino ad includere, ad esempio, il circuito illegale e talvolta anche quello legale delle scommesse, in particolare quelle relative agli eventi sportivi……L’industria del gioco d’azzardo può essere utilizzata ai fini di riciclaggio di denaro …… La criminalità organizzata è altresì spesso il centro della combine dei risultati ed eventi sportivi quale forma redditizia di attività criminale “ .

In “Calcio Criminale” di Pierpaolo Romani, Ricercatore, Coordinatore nazionale dell’Associazione “Azione Pubblica. Enti locali e Regioni per la Formazione Civile contro le Mafie” , nonché ex Consulente della Commissione parlamentare antimafia  (Rubettino Editore, 2012, a pag. 6) si legge : “In alcuni casi, infatti, vittorie o sconfitte sorprendenti sono il frutto di una combine, vale a dire di un accordo illecito tra corruttori esterni, alcuni calciatori e i dirigenti delle squadre che si sfidano in campo. Una frode sportiva che permette a poche persone, e ad alcune organizzazioni criminali inseritesi nel giro delle scommesse sportive di arricchirsi rapidamente a spese di tantissima gente, ignara di essere stata beffata”.

 

Ed è proprio per tutelare quella “tantissima gente” , “quei milioni di tifosi che si sentono colpiti da sentimenti di delusione ed inganno”, come evidenziato nell’ordinanza del 22 maggio 2012 del GIP, Dott. Salvini, che Federsupporter ha chiesto di essere riconosciuta, come è stata riconosciuta nella successiva ordinanza del 10 dicembre scorso dello stesso GIP, quale persona offesa dal reato ( cfr. mie note del 12 dicembre scorso su www.federsupporter.it) .

Infine, con riferimento agli esiti del processo dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli avente ad oggetto i fatti di “Calciopoli”, qualche cenno chiarificatore merita la prescrizione del reato di cui molti imputati, già condannati in primo grado, si sono avvalsi.

Tale prescrizione, costituendo una rinuncia dello Stato alla pretesa punitiva in funzione del decorso del tempo, non può essere assimilata ad una assoluzione; assoluzione che si ha quando il fatto non sussiste, non costituisce reato, l’imputato non lo ha commesso.

Pertanto, la prescrizione non comporta l’estinzione delle obbligazioni derivanti dal reato, poiché, se essa cancella quest’ultimo come illecito penale, non lo cancella come fatto storico, escludendone, quindi, caratteri di illiceità diversi da quella penale, né fa venire meno le conseguenze  di tale, diversa illiceità.

Non solo, ma, volendo l’imputato far valere la propria innocenza, la prescrizione è rinunciabile da parte dello stesso imputato, così come hanno fatto alcuni, invero pochi, imputati nel suddetto processo.

 

 

 

GUIDA  INFORMATIVA sul  CALCIOSCOMMESSE.

 

COME VALUTARE FATTI E VICENDE

  1. Il Processo sportivo.

 

Il processo sportivo, sia per l’autonomia riconosciuta all’ordinamento settoriale sia per il fatto che esso persegue e tutela valori e beni diversi da quelli perseguiti e tutelati dall’ordinamento generale, non si identifica specularmente con il processo penale, automaticamente applicando tutti i principi e tutte le regole che si applicano al processo penale stesso.

 

  1. La formazione delle prove nel processo sportivo.

 

Nel processo sportivo come in quello penale l’onere della prova ricade sull’accusa.

Tuttavia, essendo il processo sportivo, per ragioni di celerità e brevità del medesimo, di tipo prevalentemente inquisitorio, vale a dire che le prove si formano in sede di indagini dell’accusa, differentemente dal processo penale, che è di tipo accusatorio, in cui le prove si formano nel dibattimento, in sede di confronto e contraddittorio tra accusa e difesa, detto processo sportivo risulta meno garantista di quello penale nei confronti della difesa.

 

  1. La valutazione delle prove nel processo sportivo. Illecito sportivo o comportamento antisportivo ?

 

Ai fini della valutazione delle prove e, quindi, dell’accertamento dell’eventuale colpevolezza, non è necessaria nel processo sportivo, a differenza di quello penale, la certezza assoluta, oltre ogni ragionevole dubbio, della commissione di un illecito.

La giurisprudenza sportiva afferma che , per poter ritenere sussistente una violazione, il grado di prova richiesto deve essere superiore alla semplice valutazione della probabilità che la violazione sia stata commessa, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio circa tale commissione.

Pertanto, la colpevolezza può essere accertata e dichiarata anche alla luce di indizi, purchè gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni, precisi, cioè non generici e non suscettibili di diverse interpretazioni, concordanti, cioè non contrastanti fra loro.

Gli indizi, insomma, devono essere tali da rendere più che probabile che l’illecito sia stato commesso, pur potendo residuare qualche ragionevole dubbio.

La Corte di Giustizia Federale ( CGF), con decisione del 19 agosto 2011, come da Comunicato Ufficiale n. 47 del 19 settembre 2011, ha stabilito che : “ la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere logica  piuttosto che fattuale”.

Sempre in tema di illecito, occorre sottolineare che, secondo una decisione della ex Corte di Appello Federale, oggi Corte di Giustizia Federale, del 12 dicembre 1985 : “ come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttiva di effetti disciplinari, deve avere superato sia la fase della ideazione che quella così detta preparatoria  ed essersi tradotta in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato”.

Ne deriva che non è sempre agevole stabilire se determinate condotte integrino un illecito o un comportamento antisportivo ai sensi dell’art 1 del Codice di Giustizia Sportiva (CGS) che obbliga società, dirigenti, atleti, tesserati a comportamenti improntati ai principi di lealtà, correttezza e probità.

Cosicchè uno stesso fatto, a seconda della lettura che ne possano dare e della valutazione che possano fare  gli Organi giudicanti degli elementi probatori o degli indizi raccolti, può essere qualificato sia come  illecito sia come comportamento antisportivo.

Ed è quello che, per l’appunto, si è verificato nel caso di alcuni giocatori della SS C Napoli spa, i quali, riconosciuti colpevoli dalla Commissione Disciplinare Nazionale, l’uno di illecito e gli altri due di omessa denuncia, sono stati ieri, 17 gennaio, con decisione della Corte di Giustizia Federale ( Comunicato Ufficiale n. 151) l’uno ( Matteo Gianello) riconosciuto colpevole, anziché di illecito, di comportamento antisportivo e di violazione del divieto di scommesse e, conseguentemente, gli altri due ( Gianluca Grava e PaolCannavaro) non colpevoli di omessa denuncia, nonché, ancora conseguentemente, la Società  sanzionabile per responsabilità oggettiva non di un illecito, bensì di un  comportamento antisportivo e della violazione del divieto  di scommesse.

Come si può, quindi, constatare, gli Organi giudicanti dispongono di una discrezionalità piuttosto ampia, potendo pervenire, come è accaduto nel caso di cui sopra, a decisioni nettamente contrastanti.

Sarebbe auspicabile, perciò, che, al fine di assicurare maggiore certezza del diritto, uniformità di giudizio  e parità di trattamento, venisse meglio tipizzato e più puntualmente definito l’illecito sportivo, specificandosi meglio quali sono gli elementi e le caratteristiche distintive da comportamenti semplicemente sleali, scorretti e improbi.

 

  1. La Responsabilità oggettiva.

 

Quella della responsabilità oggettiva delle società per illeciti commessi da propri tesserati è uno dei temi più caldi e discussi in materia di giustizia sportiva.

Sull’argomento Federsupporter, nel contesto di una serie di proposte di modifica della suddetta giustizia, formulate l’11 settembre 2012 alla FIGC ed in merito alle quali quest’ultima, con lettera del 12 ottobre 2012, nel ringraziare l’Associazione, ha dichiarato che tali proposte sarebbero state oggetto di approfondimento, ha elaborato una articolata e motivata ipotesi di soluzione.

Quest’ultima, in sintesi, partendo dal presupposto che la FIGC ha reso operativo dal 1° luglio 2012 l’obbligo delle società di adottare il modello organizzativo di cui al Decreto Legislativo n. 231/2001, validato dalla stessa FIGC, ne fa discendere la conseguenza che l’adozione di tale modello, una volta verificato che esso sia stato effettivamente assunto  ed attuato e che la società abbia effettivamente vigilato sulla sua osservanza,costituisca una esimente, per la stessa società, da ogni forma di responsabilità indiretta.

D’altronde, ciò è espressamente previsto dal richiamato Decreto n.231/2001 che attiene alla responsabilità di società ed associazioni per la commissione di una, ormai molto estesa, serie di reati da parte di amministratori, dipendenti, collaboratori di dette società ed associazioni.

Inoltre, il principio di esenzione da responsabilità, allorchè la società abbia adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e di gestione volti ad evitare determinati comportamenti, è già presente nel sistema di giustizia sportiva.

Al riguardo, vedasi gli art. 11, 12 e 13 del Codice di Giustizia Sportiva (CGS) della FIGC, con riferimento a comportamenti discriminatori e violenti dei tifosi.

In particolare, tra le proposte di Federsupporter, figura il suggerimento di adottare per l’illecito sportivo un modello organizzativo analogo a quello di cui al Decreto Legislativo n.231/2007 in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio di proventi da attività criminose.

Di tale modello andrebbe, in specie, recepito il principio della segnalazione ed eventuale sospensione di gare o, se già effettuate, di ripetizione delle stesse, sulla base di specifici indicatori di anomalie e della loro gravità.

A questo proposito, sempre nelle citate proposte, Federsupporter ha evidenziato che già operano strutture organizzative ed istituzioni a livello nazionale ( Unità Informativa Scommesse Sportive, Gruppo Investigativo Scommesse Sportive ) ed a livello internazionale ( Early Warning System, Società senza fini di lucro della FIFA) in grado di monitorare in tempo reale l’andamento di scommesse su gare di calcio, segnalandone, sempre in tempo reale, le eventuali anomalie.

Naturalmente tutto ciò, per usare una espressione del linguaggio giuridico, per il futuro ( de jure condendo), ferma restando l’applicazione della normativa vigente in materia diresponsabilità oggettiva a fatti già esaminati o che saranno tra breve esaminati dagli Organi della giustizia sportiva.

Non sarebbe, peraltro, né scandaloso né inusuale che, qualora la FIGC approvasse modifiche sostanziali della disciplina della responsabilità oggettiva nel senso di attenuare o escludere tale responsabilità in presenza di determinate circostanze e di specifici requisiti, il Consiglio Federale, su proposta del Presidente, previo parere favorevole della Corte di Giustizia, adottasse, ai sensi dell’art. 26 del CGS, un provvedimento di indulto che commutasse o riducesse le sanzioni già applicate a titolo della suddetta responsabilità.

E’, infatti, questa una prassi ricorrentemente seguita dal legislatore ordinario quando vangano approvate nuove norme in materia penale che escludono o attenuano, a favore del reo, la responsabilità per atti e fatti penalmente rilevanti.

E’ da sottolineare, come si dirà meglio più avanti, che le decisioni di ieri, 17 gennaio, della CGF sui ricorsi del Napoli e di alcuni suoi calciatori non incide sulla permanenza nell’ordinamento sportivo del principio della responsabilità oggettiva né incide sui criteri di valutazione di tale responsabilità, essendo, in quel caso, stata trasformata la penalizzazione di punti in classifica in una ammenda, per il fatto che la responsabilità oggettiva è stata riconosciuta non per un illecito, bensì per un comportamento antisportivo e per la violazione del divieto di scommesse.

 

  1. La commisurazione e applicazione delle sanzioni.

 

Il CGS stabilisce che le sanzioni a carico delle società, di dirigenti, di soci e tesserati delle medesime devono essere commisurate alla natura ed alla gravità dei fatti commessi.

In particolare, per quanto riguarda la penalizzazione di punti in classifica, in ossequio al principio di afflittività delle sanzioni, stabilisce che esse devono essere applicate nella stagione sportiva in corso o, se inefficaci in tale stagione, devono essere scontate, in tutto o in parte, nella stagione successiva.

In caso di illecito sportivo la responsabilità oggettiva delle società è punita, a seconda della sua gravità, con sanzioni che vanno dalla penalizzazione di punti in classifica, alla retrocessione, all’esclusione dal campionato di competenza, alla non assegnazione o alla revoca di titoli, alla non ammissione o alla esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni.

 Da ultimo, in tema di penalizzazione di punti in classifica a carico di società per responsabilità oggettiva da illecito, è di particolare interesse quanto stabilito dalla Commissione Disciplinare Nazionale il 17 dicembre 2012 e cioè: “ Và ricordato come questa Commissione in tutti gli analoghi recenti procedimenti nel caso di responsabilità oggettiva per illecito sportivo commesso da calciatori tesserati sia partita da una sanzione base di numero 2 punti di penalizzazione in classifica generale. “ .

E’, altresì, di grande interesse, sempre in argomento di graduazione della pena per responsabilità oggettiva da illecito, quanto sancito dalla CGF, così come si evince dal Comunicato Ufficiale n. 033 del 27 agosto 2012, riportante la decisione in merito al ricorso del Novara Calcio: “ Si è osservato dalla parte dei più, la responsabilità oggettiva che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova , nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva.

Ma ciò non vuol dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie dove và escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato”.

In quel caso, avendo il Novara Calcio approvato il modello organizzativo di cui al Decreto Legislativo n. 231/2001, avendo approvato un apposito Codice Etico, avendo affidato a Federbet, Federazione senza fine di lucro di diritto belga, specializzata nel controllo del giuoco d’azzardo legato ad eventi sportivi, il controllo dell’andamento delle scommesse relative alle partite della propria squadra, non avendo conseguito alcun vantaggio dall’illecito, si è vista riconoscere una penalizzazione di punti in classifica significativamente ridotta.

E’ bene ribadire, anche in sede di trattazione dell’argomento di cui al presente punto 5, che le decisioni di ieri della CGF sul ricorso del Napoli e di alcuni suoi giocatori, avendo escluso l’illecito,  non hanno alcuna incidenza sui sopra enunciati criteri di graduazione della pena relativamente alla responsabilità oggettiva per l’illecito stesso.

 

  1. Patteggiamento ed attenuanti.

 

Il vigente CGS prevede la possibilità di applicazione di sanzioni su richiesta delle parti ( c.d. patteggiamento).

Il ricorso a tale istituto è escluso solo se vi è recidiva o pluralità di illeciti o se il risultato della gara è stato effettivamente alterato o se il vantaggio in classifica è stato conseguito.

Tuttavia, poiché le circostanze aggravanti vanno valutate in concorso con quelle attenuanti, si ha che, quasi sempre, il patteggiamento risulta possibile.

Quest’ultimo può essere richiesto con l’applicazione di una pena ridotta da società, dirigenti, atleti, tesserati, concordandosi l’entità della sanzione con la Procura Federale prima che termini il dibattimento.

L’Organo giudicante, se ritiene congrua la sanzione patteggiata, ne dispone l’applicazione con ordinanza non impugnabile che chiude definitivamente il procedimento.

Nel diritto penale il patteggiamento è equiparato ad una sentenza di condanna ( Cassazione, Sez. Unite Penali, sentenza n. 17781 del 23 maggio 2006).

Sempre nel diritto penale il ricorso al patteggiamento è escluso per i delitti più gravi.

Federsupporter, nelle sue proposte di modifica della giustizia sportiva inviate alla FIGC, ha espresso contrarietà all’ammissione del patteggiamento relativamente all’illecito, partendo dal presupposto che quest’ultimo è la più grave violazione dei precetti dell’ordinamento sportivo.

E’ come se, per fare un esempio, nell’ordinamento penale fosse consentito il patteggiamento per l’omicidio di primo grado.

In alternativa al patteggiamento, Federsupporter ha proposto il ricorso al giudizio abbreviato che, analogamente a quanto previsto nell’ordinamento penale, riconosca all’incolpato l’unilaterale facoltà di richiedere tale giudizio, comportando questa scelta una riduzione secca di pena pari ad un terzo, in cambio dell’accettazione del fatto che il processo si svolga mediante l’utilizzo, a fini probatori, unicamente degli atti e delle risultanze contenuti nel fascicolo dell’accusa.

E’ chiaro che la possibilità di ricorrere al giudizio abbreviato è funzione dell’attenuazione del carattere inquisitorio del processo sportivo, prevedendosi, così come proposto da Federsupporter e come rivelano anche alcuni recenti orientamenti degli Organi giudicanti sportivi, la possibilità per la difesa di esperire indagini i cui risultati confluiscano in un apposito fascicolo difensivo che si contrapponga a quello dell’accusa, nonché prevedendosi la possibilità per la difesa di controinterrogare in dibattimento dichiaranti che abbiano formulato accuse a carico degli incolpati, magari a distanza, mediante l’utilizzo di moderne tecnologie audio-visive.

D’altronde, un allungamento dei tempi processuali determinato da maggiori garanzie per la difesa potrebbe essere più che compensato dall’eliminazione di un terzo grado di giudizio che, in genere, si rivela superfluo rispetto alle decisioni nel merito di primo e secondo grado, intervenendo solo sull’entità delle sanzioni comminate, normalmente riducendole.

E’ evidente che, in base ad una valutazione prognostica di convenienza, è molto probabile che, così come già avviene per il patteggiamento, l’incolpato decida di avvalersi del giudizio abbreviato qualora ritenga probabile che il processo possa concludersi con la sua condanna.

Circa, poi, le circostanze attenuanti, oltre a quelle di carattere generico, il CGS ne prevede alcune specifiche, quali : l’ammissione di responsabilità e la collaborazione fattiva per la scoperta e l’accertamento di violazioni, stabilendosi che, in questi casi, le sanzioni possano essere ridotte ovvero commutate in prescrizioni alternative o determinate in via equitativa, estendendosi tali possibilità alle società che rispondano a titolo di responsabilità oggettiva.

 

  1. I gradi del processo sportivo.

 

I gradi del processo sportivo sono sostanzialmente  tre.

Il primo grado si svolge dinanzi alla Commissione Disciplinare Nazionale, il secondo dinanzi alla Corte di Giustizia Federale, il terzo dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport ( TNAS) del CONI o, nel caso di controversie aventi ad oggetto diritti indisponibili e, quindi, non suscettibili di arbitrato, quali per esempio, quelli concernenti il tesseramento, dinanzi all’Alta Corte di Giustizia Sportiva dello stesso CONI.

Le decisioni di ciascun Organo della giustizia sportiva sono immediatamente esecutive e diventano definitive o in mancanza di impugnazione o per l’esaurimento di tutti i gradi di giudizio.

 

 

  1. Considerazioni finali.

 

Sempre in riferimento alle decisioni di ieri della CGF mi permetto di osservare che certe esaltazioni enfatiche e trionfalistiche della presenza personale e della perorazione di un Presidente di società dinanzi ad un Organo giudicante sportivo, oltre a sminuire la capacità ed abilità professionali degli Avvocati difensori degli incolpati,  possono risultare inopportune, ingenerando la sensazione o il sospetto che la presenza e la perorazione dette possano avere in qualche modo inciso sull’indipendenza ed autonomia di giudizio dell’Organo stesso.

 

V’è da augurarsi, pertanto, che le motivazioni delle decisioni assunte il 17 gennaio scorso dalla CGF, una volta note, riconducano la valutazione del caso alle sue appropriate e giuste dimensioni .

 

[Fonte: Federsupporter]

  

 


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