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Calderoli, Kyenge e l'orango

Creato il 14 luglio 2013 da Danemblog @danemblog
Amo gli animali, orsi e lupi com'è noto, ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di orango
Parole dell'ex ministro Roberto Calderoli dette durante la festa della Lega Nord a Treviglio. Alle quali ha poi aggiunto, "È anche lei a far sognare l’America a tanti clandestini che arrivano qui".
A parte il fatto che Cécile Kyenge è italiana, di origine congolese ma italiana, e che sarebbe logico che in un paese normale il capo del partito di Calderoli ne chiedesse le dimissioni pronte per colazione - visto che la frase è arrivata ieri sera. E tralascio anche l'istinto di pancia, di rispondere a certe provocazioni: sarà umana carità, sarà pure per non scendere su certi livelli.
Ora però mi chiedo due cose.
La prima è meno pratica, più filosofica: mi chiedo qual è il motivo che spinge un uomo politico navigato - attualmente vice presidente del Senato, spero ormai per poche altre ore - e smaliziato come Calderoli, conscio completamente delle reazioni di indignazione che le sue parole procureranno, a fare certe affermazioni. Qual è la ragione politica, storica, sociale, umana, antropologica, culturale, scolastica, elettorale, zoologica, economica, ambientale, etologica, fideistica, emotiva, affettiva,  geopolitica, analitica, specialistica, meccanica, sociologica, dinamica, fisica, personale, che muove le corde di tanta stupidità? Me lo chiedo sinceramente da ieri sera e non mi sono riuscito a dare una risposta concreta.
La seconda delle domande, riguarda una questione legata ai media - ad uno in particolare. La notizia viene più o meno riportata tra quelle in aperture, per questa stanca e calda domenica di luglio, da tutti - e dire che ce ne sarebbero altre più importanti è vero: ma comunque si tratta sempre di una forte carica istituzionale che ha detto cose altrettanto forti per le quali nella norma rischierebbe di saltare.

Calderoli, Kyenge e l'orango

Un "durissimo attacco"

Che il taglio giornalistico e la linea editoriale, possano scegliere se e quanto calcare la mano e cavalcare il sentimento popolare, avviare una campagna per chiedere le dimissioni o sublimare, questo è pacifico. Ma la scelta semantica e lessicale per definire certe questioni, dovrebbe essere univoca: anche perché le parole hanno quel significato là. Si parla di razzismo, xenofobia, stupidità e vi dicendo: non come il Giornale che definisce le dichiarazioni di Calderoli "un durissimo attacco".
Attacco de che? Cioè qualcuno pensa che il fatto che possa o meno somigliare ad un orango - o il colore della sua pelle -, sia argomento di debolezza, da attaccare, in cui poggiare un'istanza politica?   

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