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Cannes 68: Carol di Todd Haynes (Concorso)

Creato il 19 maggio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
  • Anno: 2015
  • Durata: 118'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Gran Bretagna, USA
  • Regia: Todd Haynes

E’ stato un piacere riuscire a vedere Carol, l’ultima fatica di Todd Haynes in concorso a Cannes 2015. Ore di fila, e purtroppo in prima istanza anche inutili, sono state finalmente ripagate da un’esperienza visiva e narrativa tesa e intensa, sebbene arrivata con un giorno di ritardo.

A proposito di tal ritardo – e tanti se ne prospettano nei prossimi giorni – apro e chiudo una riflessione sui badge per la stampa. Un simpatico articolo sulle caste di Cannes raccontava i badge come segue: i bianchi rappresenterebbero l’aristocrazia, i badge rosa e rosa pastiglia rispettivamente la media e alta borghesia, i blu la working class e i gialli il sottoproletariato. In controtendenza assoluta con l’assetto societario mondiale, pare che a Cannes la borghesia avanzi galoppante, impedendo alla classe lavoratrice e a quella sottopagata di accedere al bene primario delle proiezioni.

L’approccio da giorno dopo a Carol è stato senz’altro pieno di aspettative, sia per via del grande affollamento del giorno precedente che per ben due proiezioni ha lasciato fuori gran parte della stampa, ma soprattutto per lo sviluppo della tematica trattata e affrontata da un cast eccezionale. Il libro di Patricia Highsmith, The Price of Salt, è diventato nelle mani esperte di Todd Haynes un’affascinante quanto combattuta storia d’amore ai limiti dell’impossibile epico in un viaggio nel passato meticolosamente ricostruito, e nelle atmosfere e nella tecnica.

Cate Blanchett e Rooney Mara sono rispettivamente una madre e moglie insoddisfatta e una ragazza alla scoperta totale di sé. Sin dal primo incontro l’attrazione tra le due donne è forte e palpabile, nonché inevitabile, a seguito delle avance della donna e ai non rifiuti della ragazza. A complicare quest’amore lesbico è senz’altro il periodo storico affogato nel perbenismo e nei canoni morali maschilisti e conservatori. La storia è ambientata a cavallo tra il 1952-53, prima dell’arrivo di Eisenhower. Carol è sposata ad Harge (Kyle Chandler), un importante uomo d’affari che non le perdona la passata relazione con l’amica d’infanzia Abby (Sarah Paulson). A trattenerla in questa relazione finta e frustrante è l’amore per la figlia, che il disperato Harge non manca di usare per ricattare la moglie e costringerla a stargli accanto.

Therese è giovane e insicura su tutto, “non sa nemmeno cosa ordinare a pranzo” quando accetta curiosa e coraggiosa gli inviti di Carol. Sarà il viaggio verso l’ovest intrapreso in macchina dalle due donne a condurle lentamente all’atteso momento della verità di un amore annunciato.

La storia si rivela in un lungo flashback che ci riporta indietro fino al primo incontro. Viviamo e sentiamo assieme alle due strepitose protagoniste la passione frenata da un’etica moraleggiante schiacciante. Il viaggio – metaforico e letterale – è lungo e lento, proprio come il passo imposto dall’epoca, e l’atto liberatorio d’amore arriva delicato e lascia vedere la scoperta dei corpi senza eccedere in dettagli espliciti o sessualmente forti. La costruzione delle scene, immortalate in una fotografia eccezionalmente fedele all’estetica dell’epoca, incornicia e chiude i corpi carichi di pulsioni e tensioni represse in quadri composti per cui vale la regola del non eccesso e dell’assoggettamento alla morale dominante.

Si ritorna a parlare di impossibilità d’amare al di fuori delle convenzioni come fu in Far from Heaven. A differenza del precedente capolavoro d’epoca, Carol rompe gli schemi cinematografici e narrativi e nega la drammaticità a quest’amore omosessuale che ha tutte le carte in regola per essere proibito e ostacolato. L’amore, questa volta, riceve una risposta affermativa, sebbene non scevra di scelte e rinunce dolorose aggravate dall’inevitabile punto di non ritorno.

Superba e maestosa è la Blanchett nel gestire solo con lo sguardo la carica sessuale rivoluzionaria imprigionata in un corpo disegnato secondo la femminilità degli anni ’50, mentre Rooney Mara, una Audrey Hepburn pronta ad abbandonarsi all’esplorazione con il tatto e con lo sguardo mediato da un obiettivo fotografico sempre pronto a cogliere l’umanità delle persone, le tiene testa in un duo attoriale impeccabile.

Francesca Vantaggiato



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