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Capitoli 4,5,6

Da Marcotrogi

Capitolo 4
Il carnevale era passato, l’aria cominciava lentamente a farsi più tiepida
e tutta Viareggio si preparava a respirare il profumo della primavera.
Laura non passava giorno che non sentisse Andrea; lui la rassicurava, le
dava coraggio, la faceva sentire quello che lei voleva, persino bella. Il ragazzo
le aveva inviato la propria foto, aveva ventinove anni ed era bellissimo.
Aveva i capelli lunghi e un sorriso che avrebbe dato serenità e coraggio a
chiunque, persino a lei. Anche Laura gli aveva mandato la sua foto, c’erano
voluti quattro giorni e l’aiuto di Federica, per scattare e soprattutto scegliere
quella giusta, ma alla fine ci riuscì. Andrea le ricaricava anche il telefonino,
voleva che lo chiamasse in ogni momento lei ne avesse sentito il bisogno. Di
notte le chiedeva di addormentarsi con lui al telefono, per poi magari risvegliarla
all’improvviso, solo per mandarle un bacio o per soddisfare anche a
distanza qualsiasi fantasia lei potesse mai avere in quel momento.
– Ti ho svegliata amore?
– No, ti aspettavo. – Rispose Laura.
– Lo sai? Non riesco ad addormentarmi, se non sento la tua voce. –
Disse Andrea dolcemente.
– Anch’io, ormai arrivo anche a sognarlo che tu mi chiami. – Continuò
Laura quasi bisbigliando da sotto le lenzuola perché nessuno la potesse sentire.
– Davvero piccolina?
– Sì.
– La tua sorellina dorme? – Domandò Andrea, con un tono che lasciava
facilmente immaginare a Laura dove l’avrebbe condotta.
– Mh, mh. – Annuì Laura
– Sapessi quanto vorrei essere lì in questo momento...
– Per fare cosa? – Gli chiese sensualmente Laura.
– Indovina un po’? – Rispose Andrea.
Presto ci vedremo, le ripeteva sempre. Il suo lavoro lo impegnava tutti i
giorni. Andrea lavorava sodo, voleva mettere da parte un po’di soldi, di modo
che, appena possibile, avrebbe potuto finalmente raggiungerla per portarla
via con sé. Fino allora nessuno lo doveva sapere perché nessuno avrebbe
potuto mai capire.
Passavano i giorni e con ognuno che se ne andava, Andrea diventava
sempre più importante: più della scuola, delle amiche, della famiglia e persino
di Chiara, che Laura non riusciva, ultimamente, nemmeno a sopportare.
Provava persino gelosia nei confronti della sorellina, come quando Andrea
le chiedeva di parlarle al telefono e con lei giocava al gioco dei segreti,
facendosi chiamare addirittura anche papà. Andrea sapeva indubbiamente
farci con le donne e anche Chiara, nonostante fosse ancora una bambina,
subiva inconsciamente quel misterioso fascino. Le piaceva parlare con lui,
anzi a volte era proprio Chiara che chiedeva di farselo passare al telefono.
A Laura tutto questo non andava giù, certamente non vedeva nella sorellina
una rivale ma Andrea era “roba” sua e tale doveva restare.
Gli esami si avvicinavano ma la cosa non sembrava preoccuparla più di
tanto. Sempre più spesso, con la scusa di stare male, rimaneva a letto tutto
il giorno oppure faceva finta di andare a scuola passando, invece, intere
mattinate sul molo a guardare il mare, conversando al telefono con Andrea,
con la testa piena di sogni, ascoltando il suo respiro, la sua voce e le sue
parole dolci. Andrea le diceva sempre che un giorno l’avrebbe rapita e portata
nel suo rifugio segreto: era un posto meraviglioso, dove lui si recava
sempre quando voleva restare un po’ da solo o quando desiderava parlare
con lei, senza che nessuno lo potesse disturbare. Era una casetta di legno,
immersa nel bosco, sulle rive di un lago, un vero e proprio paradiso che
presto, lui diceva, sarebbe divenuto il loro paradiso.
Andrea era di Napoli ma si esprimeva in un italiano pressoché perfetto,
la sua voce era lievemente nasale, come se fosse raffreddato e questo piaceva
molto a Laura, le faceva venire voglia di coccolarlo. Lui le aveva
mandato sul telefonino, anche le foto dei propri genitori, dicendole che non
vedeva l’ora di farglieli conoscere.
– Sono brave persone sai. Mio padre è una Guardia Giurata e mia madre
è casalinga, sapessi come cucina bene. – Le diceva Andrea con orgoglio.
– Con loro ci si può parlare, loro non ti ammazzano di botte come farebbero
i tuoi se ci scoprissero.
E fu così che un bel giorno…
– Laura voglio presentarti i miei genitori, aspetta! Ti passo mia madre…
Laura fu colta alla sprovvista senza avere neanche il tempo di prepararsi.
– Buon giorno signurì, sono lieta di conoscerla, fate i bravi, nu’ me fate
sta ’n pensiero eh! Mò adesso mi scusi ma devo andare.
– Buon… giorno. – Rispose Laura, incapace di formulare qualcosa di
più articolato per la sorpresa.
– Aspetta Laura! Aspetta! – Continuò Andrea. – Voglio farti parlare
anche con mio padre…
– Buon giorno, sono il padre di Andrea, Gennaro De Felice… mi raccomando
comportatevi bene. Adesso mi scusi ma sono di fretta, devo andà a
lavurà, i miei ossequi signurì.
– Arrivederci. – Rispose di nuovo, timidamente e un po’ smarrita, Laura.
– Li devi scusare Laura, vanno sempre di corsa, sono dei gran lavoratori
sai, ma tanto presto li conoscerai di persona e lo potrai vedere da sola. –
Disse Andrea, cercando di giustificare i propri genitori per la loro scarsa
eloquenza.
Capitolo 5
Trascorrevano i giorni e quel sogno continuava prepotente a dominare la
vita di Laura, avvolgendola e isolandola segretamente dalla realtà quotidiana
e dal mondo intero, come un’immensa bolla di sapone. I segni esteriori del
suo cambiamento si erano fatti però troppo evidenti, perché qualcuno non
cominciasse, inevitabilmente, a notare qualcosa di diverso.
I primi ad avvertire e a subire le conseguenze di questi mutamenti, furono
i suoi fratelli: se prima era principalmente con Chiara che Laura condivideva
i suoi momenti di solitudine, adesso la sorellina rappresentava soltanto
un fastidio, una bimbetta capricciosa che doveva sopportare, obbligata da
una famiglia egoista che non l’aveva e non l’avrebbe mai capita.
Massimo poi, come ogni fratello più piccolo da sempre troppo curioso e
inopportuno, già Laura faticava a digerirlo ma adesso, come posseduta da
una nuova personalità, addirittura arrivava anche a odiarlo, come odiava
tutti, come odiava suo padre solo perché esisteva, solo perché anche Andrea
la pensava così.
Lo stesso Mario aveva notato qualcosa che non andava, ma, ingenuamente,
aveva pensato fosse solo un po’ di nervosismo, un po’ di stress,
causato dall’incombere degli esami di maturità, senza rendersi conto del
grave errore di valutazione che invece stava commettendo.
Ebbe però modo di cominciare a rendersene conto, quando Chiara gli
raccontò dell’altro papà.
– L’altro papà è meglio di te, lui non mi fa andà a letto presto e poi mi fa
giocare… te sei cattivo, con te ’un ci parlo più, ecco! – Disse Chiara a
Mario, che cercava di metterla a dormire.
– Cosa, cosa? – Chiese Mario, fra l’incuriosito e il divertito. – Che sarebbe
’sta storia dell’altro papà? Cioè, ora, invece dell’amìo immaginario, ti
sei fatta il pappà ’mmaginario?
– Sìi! Io c’ho un altro papàa! E lui è meglio di tée! Béene! Mh! – Rispose
Chiara, facendogli la linguaccia.
– E scusa... chi sarebbe lullì? Si ’nsomma, quand’è che verébbe ’vì ’n
casa, quest’altro papà?
– Quando te ’un ci sei. Lui telefona a Laura e lei mi ci fa parlare anche me.
– Ah. – Rispose perplesso Mario.
Se dapprima poteva pensare si trattasse di un gioco, come quello dell’amico
immaginario, ora si trovava costretto a chiedere qualche spiegazione
a Laura ma la reazione della ragazza fu davvero inaspettata. Mario non
avrebbe mai pensato di sentire certe parole uscire dalla bocca di sua figlia,
stentava a credere che fosse lei, la sua bambina. Colei che aveva amorevolmente
per anni cresciuto come una principessa, adesso sembrava come
posseduta dal Demonio. Fu una lite violenta, Laura si ostinava a negare
tutto, riuscendo solo a rinfacciare e a insultare suo padre e sua madre come
mai nessuno aveva fatto, come nessuno si era mai permesso. Fu così che
fra urla, pianti e minacce, per il compiacimento di tutto il vicinato, alla fine
uscì quel nome: Andrea.
Per Mario fu un duro colpo non tanto il fatto che Laura si fosse fatta il
ragazzo, quanto il sapere come lo aveva conosciuto o meglio che, praticamente,
non lo conoscesse affatto. Constatare che sua figlia era cambiata,
che si era trasformata in un’altra persona per qualcuno che non si sapeva
nemmeno se esistesse, fu per lui il segno evidente della sua più grande sconfitta,
la prova tangibile del suo fallimento come padre.
Ci provò anche Rosa a parlare con Laura; se apertamente lei accusava
Mario di avere poco polso con i ragazzi e di essere troppo permissivo, con
Laura alla fine era sempre lei, sua madre, quella pronta a chiudere un occhio,
quella disposta a capire, nascondere e perdonare a lei più che a tutti gli
altri figli. Come adesso quel segreto, quella verità celata per paura che nessun
altro fosse in grado di possedere quella sua infinita comprensione, quella
che solo una mamma può avere. Rosa era, infatti, già da qualche tempo al
corrente di questa relazione e dei modi in cui si svolgeva, ma non osava dire
niente a Mario, sapeva che lui non lo avrebbe mai accettato, mentre il suo
amore di mamma le aveva invece fatto trovare un senso e una giustificazione
perfino a quell’assurda storia, pur di vedere anche sua figlia felice come
tutte le altre sue coetanee.
La stessa Laura, dal canto suo, non sospettava minimamente che sua
madre sapeva, ma una mamma se vuole può avere occhi più grandi e orecchie
più lunghe di chiunque altro.
Nonostante però tutta la calma e tutta la sua dolcezza, anche Rosa fallì.
Aveva chiesto a Laura di calmarsi e di tornare a ragionare, le aveva detto
che avere un ragazzo non voleva dire trascurare la scuola, poteva benissimo
portare avanti le due cose come tutti a questo mondo. A papà ci avrebbe
pensato lei: con un poco di pazienza e la tattica dello sfinimento, metodo che
Rosa conosceva molto bene, lo avrebbe portato pian piano ad accettare i
fatti e poi, quando Mario avrebbe visto con i suoi occhi che non c’era niente
da temere e se Laura ci avesse messo un po’ di buona volontà, chiedendogli
magari scusa, lei sarebbe sicuramente riuscita anche a fargli dimenticare
tutto.
Mario non conosceva il rancore, Mario no, ma Laura a quanto pare sì.
“Ma rancore per che cosa?” Si chiese Rosa, forse aveva veramente ragione
Mario, non erano proprio tutte parole sue.
Avevano deciso di tenere chiuso la trattoria per qualche giorno, non era
certo il momento migliore per farlo, la stagione stava salendo ma forse era il
caso di fermarsi un attimo. Mario e Rosa avevano trascurato quei ragazzi e
caricato Laura di troppe responsabilità, era venuto il momento di riprendere
il controllo della situazione.
– Cos’è? Oggi fate festa? – Domandò Laura, rivolta a sua madre.
– Sì! Io e papà abbiamo deciso che forse era meglio restare un po’
insieme, ci stiamo così poco, non ti fa piacere?
– No! – Rispose seccamente Laura.
Senti… perché oggi non andiamo tutti al ristorante? – Chiese Rosa con
entusiasmo. – Dai, nel senso che oggi facciamo noi i clienti.
– Non ci penso nemmeno. – Rispose lapidaria Laura.
– Beh, allora restiamo a casa, se lo preferisci.
– Quello che preferisco è che mi lasciate un po’ in pace, non c’è niente
da di’ o da spiegà. Il tempo per parlà è ormai scaduto, dovevate farlo prima.
Pensavate forse che mi volessi fa’ suora? – E salendo le scale aggiunse: –
Se ’un volete andà a lavorà francamente m’importa una sega, fate pure,
basta che ’un mi rompìte le palle. Ecco sì! Dediàtevi un po’ a’ vvostri bimbi,
così, almeno oggi ’un me li devo puppà io!
Mario, che fino a quel momento aveva cercato di non metterci bocca,
alla fine sbottò:
– Senti un po’ signorina, ora stai veramente esagerando! Non ti permétte
mai più di rivòlgiti ’osì a tu mà!
– Ah, voi di’ che me lo posso permétte solo con te? – Rispose Laura con
tono di sfida.
– Laura ’un mi provocà. – Disse Mario stringendo i pugni.
– Sennò? – Ribatté Laura, questa volta sfottendo.
Partì dalle mani di Mario un “manrovescio” che nemmeno lui forse se ne
rese subito conto.
Asciugandosi una lacrima Laura sussurrò:
– Sei un padre di merda! Ha ragione Andrea, un buon padre non lascia
da soli ì ffiglioli riordàndosene solo quando gli ’onviene.
Salì in camera, mise alcune cose nello zainetto.
– Dove vai? – Le gridò dietro Rosa.
– Dove ’un mi possiate più trovà. – E uscì sbattendo la porta.
Mario restò di pietra, non aveva mai alzato le mani sui figli, tremava, le
sue certezze stavano crollando, aveva perso il controllo di sé stesso e, cosa
ancor più grave, quello di sua figlia.
– Ciao Luca! Sono Mario, scusa per l’orario, ti disturbo?
– Mario! No che non disturbi, te ’un disturbi mai capellone, come stai?
– Bene… cioè no, ti chiamo perché ho un problema…
– Ch’è successo Mario? – Lo interruppe preoccupato Luca.
– Laura... Laura è scappata di ’asa. – Rivelò Mario quasi vergognandosi.
– Quando è andata via?
– Ieri mattina.
– Ascolta Mario, stai tranquillo, adesso son di servizio, appena smonto
passo da te. Dove ti trovo? Alla trattoria?
– No, sono a casa.
– Va bene, ci vediamo più tardi, mi raccomando stai tranquillo, vedrai è
solo una bravata. Una notte fori di ’asa può solo rinfrescàlle le idee, dai!
Luca Vannucci era un vecchio amico d’infanzia del Maffei. Mario e
Luca avevano fatto le scuole assieme fino alle medie, poi le strade si erano
divise con Luca che, entrato in Polizia, era diventato Ispettore e adesso
prestava servizio presso il Commissariato di Viareggio.
E puntuale come un vero amico Luca arrivò.
– Hai chiamato il pronto soccorso? – Chiese Luca.
– Sì, grazie a ’Dio ’un né sanno niente, ho chiamato anche tutte le su’
amìe, ma ’un l’hanno vista.
– Comunque bisogna aspettà almeno quarantott’ore prima di poté spòrge’
denuncia per scomparsa, e non ci sono altri estremi che l’allontanamento
volontario. – Disse Luca. – Fra l’altro è maggiorenne Mario, non poi fa’
molto, questa è un’età critica, l’unica ’osa che mi sento di dìtti è che, quando
tornerà e vedrai che tornerà, mostrati calmo e comprensivo e cerca di
’onvìncila a parlare, magari fatti aiutà da qualcuno… uno psicologo, per
esempio.
– Laura ’un è matta! – Rispose infastidito Mario.
– Non ho detto che è matta, ’un mi fraintende’ Mario. Vedi, quando
Luisa ed io ci siamo separati, Sara è rimasta per un anno e mezzo in terapia.
Si senton così forti e ’nvincibili questi bamborétti ma alla fine son talmente
fragili e ’nsiùri, che son’ capaci d’affogà anco in un bicchier d’acqua.
Mario passò il resto della giornata annaspando nei dubbi e nei rimorsi,
con l’amaro in bocca per quello che aveva detto Luca, costava ammetterlo
ma aveva ragione, aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno, qualcuno che conoscesse
la strada per entrare nella testa di questi ragazzi, così diversi da quelli
dei suoi tempi, così insicuri, così imprudenti, pericolosi per loro e per chi gli
voleva bene.
Squillò il telefono:
– Pronto Mario! È qui con me, va tutto bene!
Era Sandrino, amico di famiglia dei Maffei.
– Dio ti ringrazio! – Esclamò con sollievo Mario.
– Te l’avevo detto che te l’avrei ritrovata. – Sottolineò con soddisfazione
Sandrino.
– Dove siete?
– Alla stazione. Abbiamo parlato ed è tutto a posto. Sta’ tranquillo, dieci
minuti e siamo lì da te.
Sandrino era il classico tipo che conosceva chiunque e praticamente
sapeva tutto di tutti. Era molto affezionato ai Maffei soprattutto dopo che
Mario l’aveva tolto da un grosso casino in cui si era infilato per una questione
di soldi, in poche parole gli aveva salvato la vita. Da quel giorno Sandrino,
come riconoscenza, considerava tutto quello che i Maffei potevano avere
bisogno, come un dovere al di sopra di tutto.
Capitolo 6
Laura non volle rivelare dove aveva passato la notte, non volle dire nulla
ma sembrava obbiettivamente più tranquilla, forse, come previsto dall’amico
Luca, la bravata le ci voleva e le era servita a rinfrescarsi un po’ le idee.
Passò l’intera mattinata senza rivolgere la parola a nessuno, mentre Mario,
trascorse tutto il tempo giù in “baracca” ad armeggiare con gli attrezzi, come
di solito faceva quando era particolarmente nervoso. Si era fatta quasi l’una
quando Mario decise di salire in casa e prendere la cosa di petto:
– Facciamo una ’osa, – disse Mario, – io no’ mi voglio immischià ne’ ttu’
sentimenti, so che non c’ho nessun diritto, ma te per favore méttiti ne’ mmi’
panni, ne’ ppanni di un genitore. Io non intendo oppòmmi a questa storia, sia
pure questa vicenda abbia avuto de’ mmodi e de’ risvolti che te sai non
condivido, ma io voglio solo sapé chi è! Voglio parlàgli!... Credo d’avénne
diritto, no? Credo d’avé diritto di ’onòsce chi, probabilmente un giorno, diventerà
il mi’ genero, o no?
Mario aveva dovuto fare appello a tutta la sua forza e a tutto il suo amore
per riuscire a mantenere la calma e assecondare qualcosa che, per principio,
restava completamente al di fuori della sua naturale comprensione. Fu
un grande sacrificio per lui accettare che sua figlia si fosse innamorata di
qualcuno senza nemmeno sapere realmente chi fosse, ma alla fine scendere
a patti gli era servito a trovare perlomeno un modo, un sentiero, una luce per
arrivare a Laura, per ritrovarla in quell’assurdo buio, prima che fosse troppo
tardi.
Tanto insistette che Laura accettò, così di far parlare suo padre con
Andrea.
– Buongiorno Andrea! Sono Mario, il padre di Laura.
– Buongiorno a voi signor Mario! Mi ha detto Laura che volevate parlarmi?
Dunque, ditemi…
– Sì, ma più che parlàlle, io la volevo semplicemente ’onòsce. – Rispose
Mario. – Ma… mi sembra sorpreso, come mai? Non trova normale che io la
voglia conoscere? – Aggiunse Mario con un leggero e incontinente tono di
sfida.
– No, non sono sorpreso, prima o poi sarebbe dovuto arrivare questo
momento. Comunque sono qui, ditemi tutto, signor Mario.
– Credo di capire che fra lei e mia figlia… ci sia qualcosa. – Disse
Mario, lottando con il crescente odio che provava per quello sconosciuto.
– Mah… direi che c’è anche molto di più, vedo che non parlate molto
con vostra figlia.
Si stava instaurando un clima di sfida tra i due, un clima che rendeva
l’aria densa e quasi irrespirabile. Ignorando la provocazione Mario tirò dritto
al dunque.
– Io non ho nessuna intenzione di oppormi alla vostra, diciamo… relazione,
ma a questo punto trovo opportuno e corétto ne’ nnostri riguardi e soprattutto
nei confronti di Laura, incontràssi… insomma, vedéssi di persona,
non trova?
– Vi avrà detto Laura che io vivo e lavoro a Napoli, comprenderete che
Viareggio non è qui dietro l’angolo, a proposito... spero per voi non sia un
problema che io sia di Napoli.
– Assolutamente no. – Rispose Mario. – Sarete sicuramente al corénte
che anche la mi’ moglie è del sud, per la precisione calabrese… spero che
questo, non sia, casomai per voi, un problema. – Aggiunse Mario, passando
anche lui al voi, con un tono di sfida questa volta più marcato. – Possiamo
comunque scendere noi a Napoli, ci pigliamo una piccola vacanza…
– No! Non è possibile. – Rispose in maniera perentoria Andrea.
– E perché non è possibile? – Chiese Mario, con velenosa curiosità.
– Ho dei problemi che ora non vi posso dire.
Mario cominciava a innervosirsi, l’aria ormai satura stava per esplodere.
Guardò Laura pensando come lei non avesse mai potuto porsi domande o
sollevare dubbi. Lui ne aveva avuti sin dal primo momento che era venuto a
conoscenza dei fatti e adesso, quei dubbi, si stavano trasformando in certezze.
“Lucquì non è chi dice d’esse’, ma chi è? E soprattutto, cosa vole?” Con
questi pensieri nella testa e con la pazienza ormai agli sgoccioli, Mario decise
di alzare il tiro:
– Voglio sapé perché ’un è possibile!
– Non è possibile e basta! Vi dovete fidare. Adesso perdonatemi ma vi
devo lasciare, devo andare a lavorare e non posso perdere altro tempo,
buona giornata signor Mario.
E prima che Mario potesse aggiungere altro, Andrea chiuse la comunicazione.
– Ora basta! – Disse completamente fuori di sé Mario. – Questo è troppo!
Ma chi si crede d’esse’ lullì! – E come prima reazione si fece consegnare
il telefonino da Laura, minacciandola questa volta di sbatterla lui fuori di
casa, se lo avesse ancora sentito. – Se te ti sei bevuta il cervello, ti comunico
che io invece ce l’ho ancora tutto! – Continuò Mario, guardando dritto negli
occhi Laura. – Sei all’ultimo anno di Liceo e adesso ti prepari per la maturità
e ti togli ì ggrilli dalla testa, chiaro?! Non ti voglio proibì d’avé una vita tua,
ma che sia una vita normale, cazzo! Con qualcuno di normale, che si possa
vedé, che abbia le palle di fassì vedé! L’argomento è chiuso e ’un ne voglio
più parlà! Ci siamo capiti?!
Ma nonostante tutta la forza e la determinazione che Mario caricò in
quelle parole, Laura purtroppo non capì.
– Ti ha tolto il telefono, vero? Di chi è questo numero? – Chiese Andrea.
– Ho comprato una nuova SIM e il telefono me l’ha prestato Federica, è
un vecchio telefono di suo padre. – Rispose Laura.
– Perché mi hai chiamato? – Chiese Andrea, con tono insolitamente
distaccato.
– Come perché? – Domandò Laura, stupita. – Dai finiscila di scherzare,
mi sei mancato da morì.
– Ti ci dovrai abituare. – Disse Andrea, con un tono stranamente più
freddo del solito. – Hai infranto il giuramento che avevamo fatto, mi hai
tradito. La nostra storia era molto di più, era qualcosa che andava oltre
l’amore terreno, aldilà della vita. Ti ho sopravvalutato, non sei pronta, no,
non sei ancora pronta.
– Andrea! Cosa stai dicendo? Amore, ti prego! Ti prego! – Laura tremava,
quel castello che con lui aveva costruito le stava improvvisamente crollando
addosso, tutto cominciava a svanire. Il sogno che con tanta dolcezza e
gelosia aveva per tutto questo tempo segretamente coltivato, adesso stava
per finire. – Andrea, amore! Non riesco a capire, ti prego.
– Oh sì, vedrai che un giorno capirai, capirai e comprenderai anche il
perché tu non potrai mai appartenere a nessun altro. – Rispose Andrea. – è
scritto dentro di te: quando l’inizio incontrerà la fine, tu tornerai per
sempre mia... Ricordalo!
E con queste parole Andrea sparì nel niente, tornando esattamente da
dove era venuto, e mancavano tre giorni a Pasqua.
Continua...
"PERSONE CHE NON C'ERANO"
di Marco Trogi
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