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Carlo Cassola, Volterra

Da Paolorossi

Volterra

Volterra

Mancava sempre più di un’ora alla partenza del treno; ma andò ugualmente alla stazione.
Continuava a tirar vento e inoltre il cielo si era fatto grigio e da una parte scuro e gonfio di nubi. Mario sedette su una panca nella sala d’ingresso, che era deserta, poi uscì, fece il giro dell’edificio e trovato aperto il cancello, entrò in stazione. Il treno, composto del bagagliaio e di una sola carrozza, era abbandonato sul secondo binario. Passeggiò su e giù per il marciapiede, poi tornò dentro, aspettò che l’impiegato aprisse lo sportello, si fece timbrare il biglietto, andò alla ricerca del ferroviere che glielo forasse; montò quinsi sul treno, benchè non fosse ancora attaccata la macchina. Mancava sempre più di mezz’ora alla partenza. In quella mezz’ora montarono in tutto una quindicina di persone; contadini in massima parte, diretti poco lontano, alla prima o alla seconda stazione. Mario guardava fuori del finestrino, col bavero del trench tirato su. Non  poteva fissare il pensiero su nulla. Prima, quando era in viaggio per lavoro, gli era per lo meno di conforto pensare alla casa, alla bambina, alla moglie. Ma ora che non sapeva come procurar loro il pane, quello era proprio il pensiero più doloroso.

Uno sportello sbatté, ci fu uno scambio di saluti, il capo disse forte al macchinista: « Andiamo?! » e non si capiva se era una domanda o un ordine. Il treno si mosse, uscì dalla strettoia della stazione, oltrepassò la cantoniera e iniziò lentamente la discesa. Sfilarono davanti agli occhi di Mario le case di San Lazzaro, il viale, le sagome conosciute del duomo, del campanile e del battistero… Chiuse gli occhi. Non era mai stato così disperato, nemmeno il giorno in cui l’avevano portato via con le catenelle ai polsi.

(Carlo Cassola, I vecchi compagni, 1953 )

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