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Carlos Santana, Mahavishnu John McLaughlin – Love Devotion Surrender (1972)

Creato il 19 novembre 2012 da The Book Of Saturday

Artista/Gruppo: Carlos Santana, Mahavishnu John McLaughlin
Titolo:  Love Devotion Surrender
Anno: 1972
Etichetta: Columbia

Carlos Santana, Mahavishnu John McLaughlin – Love Devotion Surrender (1972)

Torniamo al rock. O meglio, qualcosa si simile. Se Love Devotion Surrender (o Love, Devotion, Surrender) possa considerarsi un album rock, lo lascio dire ad altri. A me pare troppo jazz per definirlo rock e troppo rock per considerarlo jazz. È Love Devotion Surrender, un incrocio, un passaggio fondamentale della carriera di due dei più grandi chitarristi della storia della musica: Carlos Santana e i suoi frizzoli, John McLaughlin e la sua vena psicobuddhista accelerata dalla smania di protagonismo del talento precoce. Per qualcuno si tratta di un album tributo a John Coltrane, e le prime due tracce, A Love Supreme e Naima lo testimoniano.

In realtà degli originali di Coltrane resta solo la base di basso di Doug Rauch (preponderante nella prima traccia), per il resto una sequenza ininterrotta di assoli che partono dal lato destro e finiscono sul sinistro degli altoparlanti. Assordanti, stridenti e sensazionalmente eccitanti. Si prosegue su quel solco, oltre mezzora di soli sovrapposti, da sinistra a destra, dall’alto in basso. Un disco virtuoso, un incontro tra due appassionati fa di se stessi. Dove un ruolo di primo piano lo svolge anche l’organo di Yasin e i piatti jazzati di un Billy Cobham in salsa più soft rispetto alla Mahavishnu. Niente da dire: per essere il 1972 un’immagine sonora intensa e visionaria.

Vi avevo già parlato di Caravanserai, che uscì nel luglio del 1972. Sia quello che il successivo Love Devotion Surrender, uscito nell’ottobre dello stesso anno, sono ispirati al guru Srni Chimnoi, amico di McLaughlin, e che a Santana aprì le porte della percezione verso il suo personalissimo viaggio spirituale. Per alcuni Love Devotion è di Carlos Santana in collaborazione con McLaughlin, per la Columbia Records è Santana & McLaughlin, stop. Una cosa è certa: S&McL se lo sono auto prodotto il disco. Ma tra i due è Santana che deve molto di più a McLaughlin che non viceversa. E la presenza del secondo rende originale il tutto, che altrimenti sarebbe stato una copia sbiadita dei colossal dei Santana precedenti.

Non va dimenticato poi che Love Devotion Surrender arriva dopo Santana, Abraxas e Santana III. E poco dopo Caravanserai, appunto. Disco quest’ultimo che si pone da spartiacque, da incrocio, tra il vecchio Santana e il nuovo di Borboletta. Entrambi i chitarristi mettono a disposizione la crema delle loro band: Billy Cobham e Jan Hammer per McLaughlin, Michael Shrieve e Armando Peraza per Santana. Fondamentali per creare quell’ambient mediolatino tipico dei Santana, compresi i continui cori che contestualizzano le lezioni di stile dei due solisti. Una fusione che era nell’aria da

Le precedenti cover di Coltrane vengono così latinizzate tanto che lo stacco con il primo brano firmato McLaughlin è totalmente smussato. The Life Divine è l’ennesima dimostrazione dello spirito iniziatico del due McLaughlin-Santana, ispirata a un omonimo lavoro del santone indiano Sri Aurobindo, uscito in collezione proprio quell’anno e che deve aver colpito i due artisti al punto da concepirvi un brano musicale ad hoc. The Life Divine integra argomenti come l’aspirazione umana, la nascita della vita nel cosmo da una fonte divina, l’evoluzione della materia in spirito dell’universo, la divisione e la dualità insita nella coscienza umana, l’ignoranza dell’uomo attraverso una evoluzione della coscienza, e il destino spirituale della vita terrena.

In misto tra il culto per John Coltrane (o per meglio dire “Cultrane”) e i nuovi temi spirituali, che abbracciano la seconda parte di disco, da The Life Divine, passando per a Let Us Go Into The House Of The Lord e si concludono con la chitarra acustica di Meditation. In tutto l’album i due cercano di tradurre in musica. Il titolo sottolinea la trama: Amore, Devozione, Abbandono. Di spirituale – musicalmente parlando – c’è soprattutto il “sustain” dei toni, e con superba grazia (specie da Santana) si resta ammaliati dal virtuosismo con cui le note finali restano aggrappate per secondi fino a sfumare nel solo successivo. Come le montagne russe, si sale e si scende, ma non si sta mai fermi. Tutto il disco è una sovrapposizione di parti tra le due chitarre (infinite quelle che caratterizzano Let Us Go Into The House Of The Lord), un capolavoro senza tempo che va ascoltato in pieno relax senza farsi prendere dalla smania della conclusione.

Questo album potrebbe anche non avere una fine, e non per questo risulta stucchevole. Certo, per i fan di Santana, all’epoca non deve esser stato semplice digerire la fusione con il jazz-rock Mahavishnu. Sono le note basse che uniscono i due filoni, mentre gli acuti delle chitarre restituiscono alla storia l’impronta più propriamente rock. Di stile, c’è più Santana che non Mahavishnu, di influenza McLaughlin contagia Santana e lo plasma definitivamente. Il disco dura relativamente poco (38′:44”) ma basta e avanza per togliere il cd dall’impianto e restare qualche minuto a riflettere. Mette d’accordo sia gli amanti del jazz che quelli del rock, ma la sensazione alla fine è più un bisogno di altro rock e questo la dice lunga su come sia strutturato l’album e su quale fosse l’intento della collaborazione. La meditazione è soggettiva, e forse qualcuno non ne avrà nemmeno bisogno. Ascoltare Love Devotion Surrender è però un gusto per tutti, e per me supera la sufficienza: Voto 7,1.



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