Caso Caffaro: Brescia dieci anni dopo (reportage, prima parte)
l'industria Caffaro, Brescia (ambientebrescia.it)
«Sono passati dieci anni ma è ancora come il primo giorno». Con queste poche, lapidarie parole l’agricoltore bresciano Pietro Antonioli ha riassunto i dieci anni che sono passati da quel 13 agosto 2001, quando due giornalisti di Repubblica pubblicarono in prima pagina un’inchiesta scioccante sulla città di Brescia (A Brescia c’è una Seveso bis, G. Maria Bellu, C. Bonini): tutto il Paese scopriva che il disastro ambientale che sconvolse Seveso nel 1976 non era il più grave e pericoloso incidente che l’industria chimica aveva causato alla popolazione. Antonioli, come altri agricoltori locali, a causa dell’inquinamento che la Caffaro aveva provocato ai suoi campi e alle bestie, aveva perso tutto.
Brescia, pur non avendo vissuto l’incubo della «nube» tossica di diossine, aveva accumulato negli anni livelli di inquinamento molto più alti nel terreno, nella falda acquifera, nella catena alimentare, nel sangue dei suoi abitanti. L’uscita del caso è dovuta alla ricerca dello storico bresciano Marino Ruzzenenti, che proprio dieci anni fa pubblicava il risultato del suo studio (Un secolo di cloro…e PCB. Storia delle industrie Caffaro di Brescia, Jaka Book, Milano 2001).
PCB, diossine, mercurio, solventi clorurati, cromo esavalente: si tratta di sostanze cancerogene, persistenti, che si accumulano nei grassi e vengono trasmesse ai figli attraverso l’allattamento. Radio Popolare si occuperà, per tutta questa settimana, della situazione di Brescia a dieci anni dall’emersione del “caso”. Tutte le mattine, alla Radiosveglia su FM 101.9 (Brescia) FM 107.6 (Milano) o in streaming sul sito, dalle 9.35 alle 10.00. Ascolta la prima parte del reportage: