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Caso Leoni, Giovanni Arvedi non riconosce la propria firma

Creato il 30 gennaio 2015 da Cremonademocratica @paolozignani

È la strategia di difesa scelta dagli avvocati dell'industriale ed editore Giovanni Arvedi, nella causa che lo vede contrapposto ad Antonio Leoni, già direttore di Mondo Padano, il quale difeso da un legale dell'associazione lombarda dei giornalisti chiede il riconoscimento dei danni. Leoni era stato assunto come direttore del settimanale edito da Arvedi tramite contratto firmato personalmente dall'editore davanti allo stesso Leoni. A distanza di mesi l'avvocato Guareschi, che rappresenta Arvedi, sostiene che la firma non è quella di Arvedi. Occorrerebbe quindi una perizia grafologica: era la firma di Giovanni Arvedi? Che altro sarebbe se no? E di chi?
Dunque, se è vera questa affermazione che rinnega la paternità della firma, "Mondo Padano" non ha avuto un direttore regolarmente assunto mediante contratto con durata di tre anni. Ad Antonio Leoni ora i legali dell'editore - il cremonese Guareschi oltre a un avvocato milanese - non riconoscono neppure la responsabilità della grafica della testata.
Chi ha avuto allora la titolarità della direzione e quindi della grafica della testata? È possibile chiederselo, nel tentativo di raccapezzarsi di fronte a un caso imbarazzante, che potrà fortunatamente essere chiarito davanti al giudice. La prossima udienza, la seconda, è prevista per il 24 aprile.
L'ex direttore del settimanale protesta per il licenziamento senza giusta causa e per il mancato versamento della liquidazione e chiede il rispetto dei propri diritti attivati dal contratto. Il rapporto di lavoro era stato interrotto dopo la pubblicazione di un articolo che ha detto la semplice verità su una verifica della Guardia di Finanza. Giovanni Arvedi, cavaliere della Repubblica, in seguito a forti pressioni esterne da parte di Antonio Piva, a quanto se ne sa, avrebbe voluto licenziare l'autore dell'articolo, Fabrizio Loffi, incolpevole. Leoni avrebbe offerto la propria testa ed è stato licenziato. Prima del licenziamento però era stato esautorato delle proprie attribuzioni di direttore. Risulta che il tipografo Pizzorni ha ricevuto una lettera che indicava di non accettare l'invio del giornale da parte del direttore Leoni, che per contratto e per diritto aveva tale compito. In quel caso il direttore era sottoposto, in un primo momento a sua insaputa, alla supervisione di Mario Caldonazzo, del giornalista Crotti e di una terza persona. Perché il collega Crotti si è trovato in una situazione simile e com'è possibile che sia successo a Leoni, giornalista da cinquant'anni, stimato e apprezzato non solo a Cremona? A Leoni l'editore ha versato il minimo sindacale per i quattro mesi del periodo di lavoro, rinunciando a pagare la liquidazione. Leoni ha chiesto anche il risarcimento dei danni morali, facendo inoltre valere il principio della necessità di una giusta causa per il licenziamento. Dunque un caso di primo piano, che vede in gioco diritti irrinununciabili.
Un dramma del diritto e dell'onore, una causa che comunque prevede un tentativo di conciliazione. Leoni a quanto pare accetterebbe di conciliare purché siano rispettati i suoi diritti contrattuali di direttore per i tre anni previsti. Conciliazione finora tutt'altro che raggiunta.
Per ora, in vista dell'udienza civile, strenua è l'opposizione dell'industriale editore alle richieste dell'ex direttore di "Mondo Padano".


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