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Caterina Cavina: il Rosa e il Verde

Creato il 06 dicembre 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Loredana Aiello 

Recentemente ho scoperto una brillante e fresca scrittrice italiana, Caterina Cavina, classe 1972, emiliana doc (Castel San Pietro Terme, provincia di Bologna), autrice di due libri pubblicati entrambi da Baldini Castoldi Dalai editore. 

Il Rosa ovvero Le ciccione lo fanno meglio (2008).

Rosa è il colore che meglio descrive questo libro dolce – amaro dal fuorviante ma accattivante titolo: è semplicemente la storia di Alice, una ragazzona alta un metro e ottantacinque per centoquaranta chili, di Guazza del Re, «un paesino perso in quella terra di nessuno che sta tra la Bassa romagnola e quella emiliana». Nata il giorno di Natale, Alice racconta in prima persona la sua singolare esperienza, contraddistinta già dalle prime ore di vita da un aspetto che suscita perplessità negli astanti, non solo tra il personale medico, ma anche nei genitori, che certamente non spiccano per amorevole tenerezza nei confronti della figlioletta: dopo appena sei mesi e mezzo di gestazione, Alice viene alla luce con un ragguardevole peso di due chili e ottocento grammi, capelli scuri e occhi pervinca. Il suo aspetto pone interrogativi circa l’effettivo tempo di gestazione, ma anche riguardo alla paternità, dato che non presenta nessuna somiglianza con i genitori. Persino la madre, stordita dai farmaci, dubita possa essere figlia sua. Crescendo le cose non vanno meglio: un’adolescenza passata in solitudine a ingurgitare tortellini e Lexotan, ascoltando canzoni di Madonna. Alice vive con la madre, sempre assente se non stordita dall’uso di psicofarmaci, e la sorella minore Giorgia, anche lei spesso fuori casa, impegnata a conoscere l’universo maschile e quello alcolico; il padre era andato via durante la sua infanzia.

Caterina Cavina: il Rosa e il Verde

Dall’adolescenza si delineano quelle che saranno le costanti della sua vita: un travagliato rapporto con il suo aspetto fisico, una vita familiare dominata da figure femminili (quasi un gineceo composto dalla madre, dalla sorella e dalla zia Elide) e una complicata vita sentimentale e lavorativa. Rosa, appunto; quale donna non si preoccupa del proprio aspetto, del giudizio delle altre donne (sempre molto severo)? Esiste una donna che non si sia scontrata con un incomprensibile e quasi illogico emisfero maschile o che non abbia visto allungarsi l’ombra di un ricatto lavorativo sotto l’ingenua richiesta di una “bella presenza”? Tuttavia, le vicende di Alice presentano una bizzarra sfumatura di rosa che definirei “shock”; gli anni universitari, la prima volta, il primo amore e la ricerca di un lavoro hanno un quid di grottesco e agghiacciante allo stesso tempo. Dopo la laurea, la vita di Alice, da sobria e morigerata, diventa lasciva e anche un po’ squallida, la stessa protagonista ammette, riferendosi a se stessa, che «chi è moralista a vent’anni diventa un debosciato sui trenta»; non vale la pena raccontare, seppur sommariamente, le avventure di “Alice nel paese della Bassa”, perché la bellezza di questo libro risiede proprio nello scoprirle gradualmente, lasciandosi trasportare dal cinico sarcasmo che contraddistingue la personalità della protagonista e lo stile dell’autrice. Per concludere: a chi si stesse chiedendo se le ciccione lo fanno meglio, l’unica risposta è che possono contare su schiere di “penefattori” e feticisti dei rotolini di troppo.

Caterina Cavina: il Rosa e il Verde

Il Verde ovvero La Merla (2010)

Molto diversa la protagonista di questo romanzo dal sapore gotico, la Merla del titolo. Diversa innanzitutto nell’aspetto, snello e slanciato (una “magrona”), ma non per questo fragile. Molto lontana anche dall’indolenza che caratterizzava Alice, ha una personalità forte e un cuore che, pur privo di battiti, si dimostra indomito e combattivo. Fernanda Merla detta la Merla è una giovane ragazza di Nuovariva, nella Bassa emiliana, che per vivere fa la giornalista di cronaca nera per un quotidiano locale; vive sola con la sua cagnetta fantasma, Brigida, e ha poche amicizie, ma fidate. La narrazione prende le mosse da un fatto di cronaca: il caso degli “Amanti di San Valentino”, un doppio suicidio finito male, perché nei fatti era morta solo la donna, mentre l’uomo si era miracolosamente salvato. In realtà, il caso degli Amanti è un pretesto per raccontare la storia della Merla; quasi subito, infatti, si scopre che l’uomo (sposato) ha fatto fuori la sua amante, diventata scomoda dopo la scoperta di una gravidanza. Fernanda ha la capacità di interagire con il mondo dei morti e di sentire da questi stessi le loro storie. Ai tempi della Grande Guerra, una ragazzina, Francesca, era stata uccisa durante i giorni della “merla”, ovvero i giorni più freddi dell’anno. Il suo corpo era stato gettato nella palude, luogo funereo in cui molti cadaveri trovavano “indegna sepoltura”, soprattutto cadaveri di donne. Ma il corpo della ragazzina non affonda, non imputridisce; quando, con l’arrivo della primavera, sprofonderà nelle acque palustri, a farle compagnia ci saranno molte donne, che le racconteranno le vicende che in quel luogo le hanno confinate.

Caterina Cavina: il Rosa e il Verde

Francesca, la ragazzina, dopo molto tempo riemerge, e con difficoltà trova un suo posto nel mondo ed un nome nuovo: Fernanda. Il tessuto narrativo de La Merla è vivacizzato da molti spostamenti temporali, tanti quante le “vite” della protagonista, ma l’autrice dimostra grande destrezza nell’alternare i piani senza creare confusioni nel racconto. Caterina Cavina riesce con questo secondo romanzo ad esprimere una maggiore maturità e complessità di scrittura, pur non rinunciando a quel pizzico di amaro sarcasmo che la contraddistingue: La Merla è un piccolo capolavoro, un testo molto originale sia in termini puramente narrativi sia per il soggetto in sé: racchiude al suo interno molte altre storie di vita (a parte il lungo arco temporale, ogni personaggio, vivo o morto, racconta la propria) e, senza risultare stucchevole o patetico, contiene tematiche oggi tristemente di “moda” come la violenza sulle donne. È un romanzo decisamente verde; verde come le acque della palude che ingoia decine di corpi putrefatti, verde come la sfumatura che colora l’incarnato della protagonista. Se ne potrebbe facilmente trarre un film dalle cupe e fosche tinte, una favola dark alla Tim Burton in versione romagnola.

 

     

     

     


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