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Cecil B. De Mille – Lo spettacolo incontra la bibbia

Creato il 18 aprile 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

. De Mille – Lo spettacolo incontra la bibbia

(12 Agosto 1881, ad Ashfield , Massachusetts - 21 Gennaio 1959, Los Angeles California)

“Datemi due pagine a caso della Bibbia, e io vi darò un film”; sembra che sia proprio  questa  massima la cifra del regista, attore e produttore statunitense che ha contribuito all’affermazione del kolossal, soprattutto quello biblico; non a caso la sua carriera si è conclusa nel 1956 con il remake a colori de “I dieci comandamenti”, che  aveva girato come muto nel 1923.

Si ricorda giustamente dai testi di storia del cinema come “il più grande uomo di spettacolo di Hollywood”, che ha avuto la straordinaria intuizione di pianificare la realizzazione e la distribuzione del film come prodotto commerciale e spettacolare, perfettamente in linea con quello che chiedeva la nascente industria.

Figlio di genitori intellettuali (entrambi professori universitari), nel 1898 abbandona l’accademia militare per studiare recitazione all’Accademia di Arti drammatiche di New York, dimostrando subito più che doti di attore, quelle di imprenditore. Cosi nel 1913 fonda con  Jesse  Lasky e Samuel Goldfish la società di produzione cinematografica “Jesse L. Lasky Feature Play Company”  che verrà poi fusa successivamente  con la “Famous Players Film Company” di  Zukor, che avrebbe portato alla nascita della celebre Paramount. Seguendo l’esempio del cinema italiano, De Mille seppe conferire largo respiro alle forme espressive e produttive del film storico, condividendo con Griffith il concetto di offerta visiva, il principio di riconoscibilità dello stile registico e l’affidarsi ai volti espressivi di attori noti al grande pubblico.

Filmografia

La sua prima prova da regista risale al 1914 con “The squaw man”, titolo italiano “  Naturich, la moglie indiana”, film in sintonia perfetta con i gusti del pubblico. Nel 1915 gira “Carmen”  “I prevaricatori”e “The cheat”riducendo al minimo le didascalie; quest’ultimo film si rivelerà come uno dei maggiori capolavori del muto, con una particolare attenzione alla psicologia dei personaggi, unendo il dramma esotico al melodramma americano per un film intrigante e chiaroscurale.

Predilige temi forti e molto scandalistici  per l’epoca De Mille, pungolando  ogni tanto il senso del pudore del pubblico dopo avergli dato, intelligentemente, quello che voleva come dimostra il film del 1919 “Maschio e femmina” : torbidamente erotico con protagonista la grande attrice Gloria Swanson che sarà protagonista anche dello sfarzoso e spregiudicato“Fragilità sei femmina!” (1921).

Ma i film che gli hanno regalato fama e successo e che lo identificano maggiormente sono senza dubbio  “I dieci comandamenti”, suo primo film epico ,come già accennato in apertura e “Il re dei re”del 1927. Il primo conta migliaia di comparse,  4000 animali trasportati nel deserto del Mojave ,in  California,enormi scenografie, sapienti  trucchi  utilizzati per il passaggio del Mar Rosso, eroi che non rispettano i comandamenti divini, per una  megaproduzione che costò 1475386 dollari contro i 600000 preventivati, provocando  una rottura tra il regista e il produttore  Zukor. Anche il secondo è caratterizzato da una grande spettacolarità nella narrazione della vita di Gesù. Ed è proprio questo aspetto che  colpisce in maniera positiva i critici/intellettuali più raffinati ma, al contempo,gli fa storcere il naso. De Mille si avvicina a temi importanti e di certo non leggeri come quello religioso con lo stile  il tocco e la mentalità di un proprietario di un grande emporio di merci dove si trova tutto e niente; sorprende si, con  suggestive scenografie, invenzioni registiche insolite per l’epoca, ma forse c’è troppo fragore, a scapito di un approfondimento teologico, troppo titanismo prepotente che impone il suo punto di vista al pubblico.  Non c’è da stupirsi, De Mille è un uomo di affari prima ancora che regista, si diverte a spettacolarizzare,  a giocare con la macchina di Hollywood, a rendere maestosa (spesso freddamente) e monumentale qualsiasi storia trattata.

Non sono da meno in questo senso, naturalmente, anche le successive opere: “Il segno della croce” del 1932, “Cleopatra” del 1934, “I crociati” del 1935, “Sansone e Dalila”del 1949 ( il film più lungo della sua carriera).

Da grande imprenditore quale era, De Mille non poteva non cimentarsi anche con il genere western, molto in voga e di sicuro successo all’epoca; nascono cosi film come “La conquista del West” del 1937, “La via dei giganti” del 1939 (epopea della costruzione della prima ferrovia transcontinentale americana), “Giubbe rosse” del 1940 e “Gli invincibili” del 1947. Riscossero un grandissimo successo di pubblico che indusse la Paramount a legare a sé il regista con un contratto di quattro anni.

Del 1952 invece è il  metaforico ed epico “Il più grande spettacolo del mondo”, di ambientazione circense che gli fruttò un Oscar come miglior film dopo aver già ricevuto del 1950 un Oscar alla carriera. Il 1956 è la volta del remake (più conosciuto) del suo film “I dieci comandamenti”con l’indimenticabile Charlton Heston nel ruolo di Mosè  e con lo stesso De Mille che ambiziosamente dà la voce a Dio. Dopo “Quo vadis” è il secondo kolossal storico.

Tutti i film di De Mille assumono questa tendenza visionaria che molte volte si perde in un atteggiamento barocco delirante e astratto, sprezzante del verosimile, auto celebrativo ed esaltante per le masse; cosa resta impresso nella mente dello spettatore del cinema del regista americani? Non è difficile intuirlo: le immagini subacquee degli egiziani che annegano nel Mar Rosso, il famoso bagno di latte di Claudette Colbert , una scena d’amore piena di sensualità  sulla nave di Cleopatra tra veli, veletti, ventagli, costumi estrosi e danze lussuriose. In sintesi, un edonismo mitigato da una certa comicità, probabilmente involontaria che rende spesso i suoi film delle carnevalate divertenti ma ingegnosi e “mitici”grazie anche all’uso del Technicolor, in quanto, il più delle volte, hanno fatto si che De Mille  conducesse senza problemi la nave in porto.

di A. Grasso

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