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Celestino Cominale, un uomo vero

Creato il 11 aprile 2011 da Cultura Salentina

Celestino Cominale, un uomo vero

Non so trattenermi dall’augurare che nel futuro ordinamento degli studi medici in Italia si ripari finalmente alla vergogna che il giovane medico esca dalle nostre Università senza conoscere l’opera dei padri e degli avi, e senza sapere l’evoluzione storica dei postulati scientifici e pratici da cui trarrà norma al letto dell’infermo.

(Andrea Ferrarini, Riforma medica, 1918, 778)

Non so trattenermi dall’augurare che nel presente tutti gli abitanti di Uggiano La Chiesa e di Casamassella intendano conoscere i grandi concittadini del passato al fine di ritrovare l’orgoglio e l’energia per riportare il proprio paese ai fasti di un tempo. Non più astratte e sterili celebrazioni di forma, ma studio e ricerca, per la rinascita di una cultura paesana ormai decadente e sopita.

(Anonimo Uggianese, Ricerca storica sugli uggianesi famosi, 2011).
Nato il 29 ottobre 1722 in Uggiano La Chiesa, il poliedrico scienziato e letterato Celestino Cominale iniziò i suoi studi a Lecce nel Collegio dei Padri Gesuiti, votandosi inizialmente alle lettere ed alla filosofia, per indirizzarsi in seguito verso la Matematica, la Fisica, l’Astronomia, la Botanica e la Medicina che perfezionò a Napoli dove si trasferì nel 1741. A partire dal 1752 fu docente di medicina nelle Università di Roma, Bologna, Padova e Pisa, per far poi ritorno a Napoli dove si dedicò all’insegnamento delle scienze e fu precettore di molti illustri studiosi campani. Nel corso del suo peregrinare scientifico, incontrò studiosi delle varie discipline, tra i quali il Beccari a Bologna, con cui discusse di Fisica.

Tornando nella natia Uggiano non appena possibile, conobbe e sposò una splendida concittadina, Lucente Lanzilao, e proseguì a insegnare in varie università italiane fino al 1770, anno in cui fece definitivo ritorno al paese natale, dove aprì uno studio privato di Filosofia e Medicina nel quale continuò sempre i suoi studi scientifici fino all’anno della morte, avvenuta nel 1785.

Ormai quasi misconosciuto ai nostri giorni, Celestino Cominale era invece uno delle persone più note non solo a Napoli, ma nell’intera Europa; in particolare, egli era assai stimato dal giovanissimo Re di Napoli Ferdinando I di Borbone, un sovrano atipico in quei tempi di Stati assoluti, direi quasi democratico, per il grande amore e rispetto che dimostrava nei confronti dei propri sudditi e per la grande importanza che assegnava alla cultura; in tal senso, Celestino Cominale era visto come la persona in grado di far assicurare un importante salto di qualità alle pur già notissime università borboniche, prime fra tutte Salerno e Napoli. La stima di Ferdinando I verso Celestino Cominale era talmente celebrata da far nascere persino una leggenda intorno alla costruzione della chiesa madre di Uggiano La Chiesa; si narra, infatti, che Ferdinando I gli avesse chiesto di curare la figlia gravemente ammalata ed essendo riuscito ad ottenere una guarigione quasi miracolosa, al re che si diceva disposto ad esaudire qualunque suo desiderio il luminare rispose chiedendo, e ottenendo, la costruzione di una nuova chiesa più bella e più grande di quella esistente per tutta la comunità uggianese. In realtà, questo episodio sembrerebbe frutto di mera fantasia popolare, dato che le prime due figlie di Ferdinando I, Maria Teresa Carolina e Maria Luisa Amalia, erano nate, rispettivamente, nel 1772 e nel 1773, cioè ben dopo che Celestino Cominale aveva fatto ritorno a Uggiano, anche se non si può escludere che Ferdinando I lo avesse fatto tornare a Napoli per le cure della figlia.

Nonostante il nome soave, Celestino era un osso duro ed una persona estremamente combattiva, che non esitava a entrare in animato contrasto persino con i personaggi scientifici più potenti e riveriti dell’epoca, ogni volta che riteneva di dover dimostrare la giustezza delle proprie teorie: questo gli valse un’accesa polemica tutta salentina con il letterato galatonese di tendenze metastasiane Oronzo Amorosi (1716-1786) e, in una dimensione mondiale, addirittura con il già defunto ma riverito fino all’inverosimile Sir Isaac Newton, fatto che gli valse le feroci critiche dei sostenitori del fisico inglese; nonostante le aspre contestazioni, la fama di Celestino Cominale si diffuse in ambito nazionale e internazionale, al punto da essere citato persino nell’opera di Johann Wolgang Goethe La storia dei colori come uno dei principali studiosi della fisica dei colori del XVIII secolo, in forza di una propria teoria, in contrapposizione a Newton: “Celestin Cominale Er war Professor der Philosophie bei dem königlichen Gymnasium zu Neapel. … … welche mit der ita lienischen Literatur bekannt sind, Nachricht von dem, was man über Cominale damals in seinem Vaterlande geurteilt. Seine Wirkung konnte jedoch sich nicht weit erstrecken: …”.

I motivi dell’accesa disputa tra Celestino Cominale e Sir Isaac Newton erano legati non solo ad elementi scientifici, culturali e filosofici, ma anche ad una impostazione caratteriale profondamente differente, quasi opposta, dato che Cominale preferiva, da buon Salentino “solido e terragno”, la dimostrazione accurata dei fenomeni piuttosto che la dogmatica affermazione aprioristica di una nuova teoria scientifica, per quanto accurata essa potesse essere. Va peraltro ricordato che già in vita Newton era entrato più volte in contrasto con le maggiori menti dell’epoca, come avvenne per la disputa sulla paternità del calcolo infinitesimale, che Newton voleva sottrarre a Leibnitz.

Tra le opere di Celestino Cominale la più nota è, senza dubbio, il magistrale trattato di fisica in quattro volumi dall’inequivocabile ed “ostile” titolo “Coelestini Cominale Antinewtonianismus” (Napoli, Typographia Benedicti Gessari, 1754-1770), nel primo volume dei quali (Antinewtonianis pars prima in qua Newtoni de coloribus systema evertitur) confuta la teoria newtoniana dei colori, attirandosi gli strali e il feroce sarcasmo dei seguaci del fisico inglese; infatti, a causa dell’aspra e decisa contestazione della teoria della luce illustrata da Newton, Cominale ricevette in vita terribili insulti e, nella migliore delle ipotesi, fu definito come “persona piena di passione sì, ma di certo non particolarmente bene informata e ferrata sul piano scientifico”. Uno dei commenti più sferzanti ricevuti da Oltremanica fu il seguente (da “A Budget of Paradoxes” nda): “I have never seen any mention of this book: it has a printer, but not a publisher, as happens with so many un-recorded books” (Non ho mai visto alcuna menzione di questo libro: ha una tipografia che lo ha stampato, ma non un editore, come accade con tanti non-libri registrati).

Si narra, infine, che Celestino Cominale avesse deciso di tornare definitivamente a Uggiano dopo aver chiesto invano a Re Ferdinando I di essere sostenuto nella sua disputa contro la potentissima cerchia dei seguaci di Newron; infatti, il sovrano restò sordo alle preghiere del luminare, in tal senso consigliato dalla prudente consorte Maria Carolina d’Asburgo Lorena, che lo aveva ammonìto del grave rischio di complicazioni diplomatiche con la potentissima dinastia britannica.

Quello che ci è stato tramandato della fase finale della vita di Celestino Cominale è legato non solo alla tradizione popolare, ma anche all’abbondante epistolario di Dante De Blasi, altra straordinaria figura di luminare medico uggianese, vissuto però quasi due secoli dopo; da questi scritti viene fuori una figura d’uomo buono, che non esitava a lasciare qualche moneta in casa dei concittadini poveri ai quali era andato a prestare le cure richieste, ma anche di uomo vero, che “riprendeva la clava” contro i poteri forti, per richiedere miglioramenti igienici e maggiore giustizia sociale, condizioni che riteneva necessarie per il miglioramento dello stati di salute e del benessere della gente del Sud.


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