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Cellulari: la Tassa di Concessione Governativa c’è ancora

Da Db @dariobonacina

Cellulari: la Tassa di Concessione Governativa c’è ancora

Corre voce, da alcuni giorni, che sia possibile chiedere il rimborso della Tassa di Concessione Governativa applicata sui contratti di telefonia mobile. Fermo restando che chiedere è sempre lecito, allo stato attuale è opportuno tenere presente che la richiesta potrebbe verosimilmente cadere nel vuoto perché la TCG non è mai stata abolita e va tuttora corrisposta.

Gli utenti di telefonia cellulare titolari di un contratto di abbonamento sono tenuti a pagare un balzello mensile di importo fisso, pari a 5,16 euro per i privati e 12,91 euro per le imprese (anche individuali; quest’ultima è deducibile all’80%). La tassa fu introdotta nel 1995 (ma già esisteva, per gli apparecchi radiomobili) per colpire i consumi legati ad uno status symbol: all’epoca, infatti, il telefono cellulare aveva appena cominciato a diffondersi nel mondo italiano delle TLC ed era considerato un bene voluttuario, anziché uno strumento di comunicazione. E’ per questo motivo che in Italia prosperano le utenze prepagate, su cui non grava alcuna tassa (in virtù di una presunta assenza di vincoli tra utente e operatore di telefonia mobile).

Da tempo il presupposto di esazione della TCG è decaduto, giacché il telefonino non può più essere considerato un lusso, e da tempo si parla della necessità di abolirla: da parte delle istituzioni, l’intenzione dichiarata di eliminarla è stata espressa in più occasioni. Quando nel 2007 sono stati aboliti gli odiati costi di ricarica applicati dagli operatori sulle utenze prepagate, il tema guadagnò l’attenzione del Parlamento (a partire da un’interrogazione parlamentare) e dell’Agcom (l’abolizione fu esplicitamente chiesta anche dal commissario Enzo Savarese all’allora ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani,  esortato ”a trovare il modo di eliminare la tassa di concessione governativa, che non favorisce un sano equilibrio del mercato”).

Intenti dichiarati e rimasti senza seguito, ma per un motivo intuibilmente semplice e più che mai d’attualità: lo Stato non ha interesse ad abolire questa entrata che vale centinaia di milioni di euro, esattamente come non ha mai eliminato l’imposizione di accise dell’anteguerra sul prezzo della benzina. Da cosa sono state originate, dunque, le voci della possibilità di abolire l’odiata TCG? Alcune recenti sentenze della Commissione Tributaria Regionale del Veneto (che, a onor del vero, sono state precedute da altre sentenze analoghe emesse da altre Commissioni) hanno confermato l’illegittimità dell’applicazione della tassa per i comuni in quanto Amministrazioni pubbliche, in virtù di quanto stabilito dal Codice delle Comunicazioni che ha abrogato la licenza di esercizio (art 218).

Si tratta di sentenze, che valgono per i casi per cui sono state emesse: non costituiscono norma per tutte le fattispecie analoghe, dal momento che nell’ordinamento giuridico italiano un precedente giurisprudenziale non è assolutamente vincolante per un giudice.

Tutto ciò, comunque, non toglie valore alla campagnapromossa da ADOC contro l’applicazione della TCG, avviata proprio in seguito a tali sentenze. Nell’ambito dell’iniziativa, l’associazione invita i consumatori ad inviare al proprio gestore di telefonia mobile - che riscuotendo la tassa agisce da sostituto di imposta - una lettera di diffida con cui chiedere il rimborso della TCG corrisposta negli ultimi tre anni (per un massimo di 185,76 euro per i privati e di 464,76 per i titolari di contratti aziendali), scaricando di fatto sulle compagnie telefoniche l’incombenza di rivalersi sullo Stato.

A livello commerciale, per iniziativa unilaterale di operatori di telefonia mobile, esistono già piani tariffari (denominati ad esempio Tasso zeroNo Tax) che, nominalmente, prevedono uno sconto pari all’importo della TCG, che al cliente è certamente gradito, ma non c’è nessun regalo: dal momento che la compagnia è sempre obbligata a girare allo stato l’importo della tassa per ogni abbonamento sottoscritto, verosimilmente il piano tariffario ha una composizione tale da garantire comunque, con i consumi addebitati al cliente, la copertura dell’importo che viene formalmente defalcato a titolo di sconto.

Non esistendo oggi una norma che assicuri anche ad aziende e privati l’inapplicabilità di tale tassa, è facile prevedere che gli operatori lascino cadere nel vuoto ogni richiesta, nella certezza di non incorrere in alcuna illegittimità. Tuttavia è auspicabile, da parte loro, un impegno congiunto con le associazioni di difesa dei consumatori presso le istituzioni, affinché l’ingiustificata TCG venga definitivamente eliminata.

Inutile illudersi che ciò possa avvenire in tempi brevi, ma nella prospettiva che il sogno si possa concretizzare, è necessario fin da subito lavorare in previsione di una contromossa: l’eventualità di una rimodulazione fiscale (l’introduzione di una nuova imposta in seguito al contentino dato dall’eliminazione della TCG) è ampiamente prevedibile.

[pubblicata oggi dal sottoscritto su The New Blog Times]



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