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Censis: nonostante la crisi economica, oltre il 54% degli italiani sente di appartenere ancora al ceto medio

Creato il 07 febbraio 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Nonostante i sette anni duri di crisi, oltre la metà degli italiani (54%) si sente ancora ceto medio, come mentalità e come stile di vita. Appena il 18% dichiara di appartenere alla classe lavoratrice e il 16% si auto-definisce ceto popolare. Sono questi alcuni dei risultati del decimo numero del “Diario della transizione” del Censis, che ha l’obiettivo di cogliere e descrivere i principali temi in agenda in una difficile fase di passaggio per il Belpaese.

(longhollow.com)

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Nonostante la crisi oltre il 54% degli italiani sente di appartenere al ceto medio. Dal 2008, anno in cui è iniziata la recessione, il tenore di vita di tanti connazionali è mutato negativamente. A sette anni dalla comparsa della crisi, però, ben il 54% degli italiani si sente di appartenere ancora al ceto medito, sia come mentalità che come stile di vita. Solo il 18% pensa di appartenere alla classe dei lavoratori, mentre il 16% si definisce ceto popolare.Tra gli insegnanti e gli impiegati, invece, la percentuale di chi si definisce ceto medio sale al 55%, e supera il 60% tra i pensionati e le casalinghe. Anche il 31% di operai e contadini si dice ceto medio, sebbene la maggioranza (il 38%) si senta classe lavoratrice. SI auto-percepisce come ceto medio pure il 53% dei millennials (i giovani di 18-34 anni), mentre solo il 9% di loro fa coincidere la proprietà identità sociale con la condizione di precario. Persino le persone con un reddito fino a 1.000 euro mensili si definiscono in maggioranza (il 34%) ceto medio, il 28% ceto popolare e il 17% povere.

Appartenere al ceto medio vuol dire soprattutto sentirsi simili alle persone che hanno lo stesso stile di vita (lo pensa il 27% degli italiani) nel rapporto con i soldi, nei consumi e nel modo di spendere il tempo libero.

L’aiuto delle famiglie ai propri figli. Lasciare la casa ai figli è il modo in cui oggi 11,3 milioni di famiglie italiane pensano di dare un aiuto ai loro discendenti. Sono 2,3 milioni le famiglie che li sosterranno dandogli un anticipo per l’acquisto di un’abitazione o fornendo le garanzie per ottenere un mutuo. E 1,1 milioni di famiglie aiuteranno i figli lasciando loro un immobile di proprietà diverso dalla casa. Il ciclo del consumismo come simbolo di stato si è chiuso per il ceto medio, ma dopo un lungo periodo di stallo ripartono gli acquisti tipici della middle class, come l’automobile nuova.

Sempre più marcata la “vocazione” alla sobrietà e al risparmio. Sono 26,3 milioni gli italiani che, se oggi avessero più soldi, li utilizzerebbero per metterli da parte su un conto corrente, mentre 14 milioni li destinerebbero ai consumi. E chi spende cerca di spuntare prestazioni a prezzi scontati pagando in nero: il 41% degli italiani che nell’ultimo anno hanno fatto ricorso ai servizi di artigiani e il 22,5% di quanti si sono rivolti a professionisti ha pagato senza fattura. Come pure il 19% di chi ha richiesto prestazioni a strutture e professionisti sanitari.

Il vero nemico del ceto medio? Le incolmabili disuguaglianze sociali. Tra il 2007 e il 2013 il 10% di italiani più ricchi ha subito una diminuzione media annua del reddito disponibile dell’1,6% in termini reali, mentre quello del 10% di italiani più poveri si riduceva mediamente del 3,8% ogni anno (due volte e mezza di più). Oggi il reddito di quel 10% di italiani più ricchi è pari a 11,1 volte quello del 10% di italiani più poveri, e la forbice si è allargata negli anni della crisi, perchè nel 2007 i primi superavano i secondi “solo” 9,8 volte. (AGI)


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