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“Centovetrine” compie 10 anni

Creato il 07 gennaio 2011 da Iltelevisionario

“Centovetrine” compie 10 anni

“Centovetrine” compie 10 anni

Dieci anni di Centovetrine. L’8 gennaio 2001, infatti, andava in onda, nel pomeriggio di Canale 5, la prima puntata della soap opera made in Italy ambientata a Torino. E, in occasione del suo decimo compleanno, nei prossimi giorni su ilTelevisionario vi aspettano due protagonisti della serie: Elisabetta Coraini e Raffaello Balzo.

Tanti auguri Centovetrine. La soap “canavese” compie 10 anni

(da La Repubblica – Torino) Torino era la grigia e depressa città/fabbrica di sempre, che però dava segni di risveglio da un lungo letargo culturale inaugurando, nel simbolico anno 2000, da una parte il Museo del Cinema alla Mole e dall’altra la Film Commission che avrebbe aperto la strada al rinascimento produttivo dell’ex capitale del cinema. L’esperimento Centrovetrine - che l’8 gennaio festeggia dieci anni di messa in onda su Canale 5 – arriva in questo contesto, sull’onda del sogno del tycoon Leandro Burgay di portare Hollywood nel Canavese. Non è la prima soap opera italiana – il primato spetta a Un posto al sole, che ha festeggiato il decennale il 9 aprile nell’anno scorso – ma è la più popolare, con una media di ascolti di 4 milioni di telespettatori e uno share del 28 per cento, capace di competere con i sempiterni serial americani Dynasty e Beautiful. Ed è la produzione che per prima lancia il nome di Torino nel grande frullatore mediatico.

È il principio di un fenomeno che produrrà per la regione remunerativi “spin off”. È l’inizio della seconda “rivoluzione industriale”. Nasce con Centovetrine, in Piemonte, quella “religione della fiction” che più avanti con Elisa di Rivombrosa, nella vicina Aglié, darà vita al turismo televisivo di massa. E nasce a Telecittà la figura del “soapoperaio” (definizione di Sergio Troiano, nel cast di Centovetrine fin dai primissimi episodi, che grazie alla fiction ha fatto fortuna). Lo spettacolo crea il “posto fisso” per una categoria di lavoratori – macchinisti, fonici, operatori, montatori, sarte, costumiste, scenografi, sceneggiatori, registi, attori, comparse – per definizione precari.

Nell’industria risucchiata dalla crisi globale, la soap resiste come un genere, quello del fotoromanzo compattato sul piccolo schermo in 24 minuti quotidiani, che non tramonta. E se pure la gemella Vivere prodotta da Mediaset ha chiuso, Centovetrine tiene duro e svolta la boa del decennio pronta per la nuova serie, in onda dal 10 gennaio, con storie, intrecci e personaggi inediti. Le famiglie cambiano, i Ferri, i Grimani, i Della Rocca, i nuovi Castelli, ma il centro commerciale resta il fulcro attorno al quale ruotano fatti, passioni, esistenze.

È il gioco del serial infinito, con le sue storie più o meno probabili: matrimoni, funerali, rapimenti, tradimenti, figli illegittimi, riconoscimenti in punto di morte, defunti che a volte ritornano. Ma quella di Centovetrine - soggetto originale di Cristiana Farina, già autrice di Vivere, realizzazione di Mediavivere, a cura di Daniele Carnacina e Massimo Del Frate, produttore creativo ed esecutivo Daniele Carnacina, produttore Rti Barbara Anzani – è una fabbrica di sogni ancora in piena attività.

Qualche numero di “soap city”: 7 registi per 6 puntate a settimana, 2280 gli episodi dall’8 gennaio 2001 all’8 gennaio 2011, circa 36mila e 500 le scene girate, oltre 55mila i minuti di messa in onda, più di 170 le persone nello staff tecnico e artistico, 14 gli attori protagonisti, 2 e a volte 3 le troupe al lavoro in contemporanea, in esterna a Torino e in studio a San Giusto Canavese per 39 settimane per le 230 puntate di ogni serie. Il centro commerciale ricostruito nelle dimensioni reali (con 3 negozi, 1 bar, 1 wine bar, 1 ascensore funzionante) occupa quasi 1.500 quadrati dei 2.500 degli studi di Telecittà.

Oltre 10mila i provini, 46 gli attori che nel corso dei dieci anni hanno fatto parte del cast fisso, 1.400 gli attori secondari a posa e circa 50mila le comparse che si sono avvicendate sul set. Più di 100mila le ore dedicate al montaggio video e altrettante al montaggio audio. Sono 16 gli autori del team di sceneggiatura di Centovetrine che hanno scritto oltre 200mila pagine di dialoghi. Il reparto costumi, dal gennaio 2001, ha utilizzato più di 100mila abiti, almeno 80mila acconciature e altrettanti trucchi. Il 25 gennaio puntata speciale per festeggiare il compleanno. E la storia continua.

Dieci anni di “Centovetrine”

(di Valeria BraghieriIl Giornale) Non sappiamo neppure se iniziare dalla trama. Riassumerne una che va avanti da dieci anni sarebbe infrequentabile per chiunque. Roba da arrivare al punto, cioè alla fine delle settanta righe, senza neppure aver congedato per bene il preambolo. Considerando poi le capriole di senso che protagonisti, autori e sceneggiatori hanno dovuto compiere in questo tempo per far quadrare le cose e dilatare il tutto, lo sforzo si farebbe titanico. Inoltre il riassuntino della trama ci sembra inutile: quelli che l’hanno seguita (e mai abbandonata) la conoscono a memoria, gli altri, potrebbero sintonizzarsi anche domani per la prima volta su Canale 5 e riuscire a capire tutto ugualmente, magie della soap. E poi comunque non è la trama che vorremmo festeggiare in occasione del suo decimo compleanno (domani). Bensì quelli che da dieci anni ci sono impigliati. I silenti eroi della soap (di Centovetrine, nella fattispecie) e la loro dorata condanna. Ostaggi eterni, viaggiatori con un unico sfondo, prigionieri di un’interminabile tournée fatta senza mai partire, migranti che non hanno mai preso il largo. Incagliati in una trama, si diceva, in un luogo, e in un personaggio senza poter varcare il Rubicone dello show business.

Da dieci anni, i protagonisti (e gli autori, i costumisti, i produttori, gli operatori…) della fortunata serie vivono in una specie di bolla atemporale a Telecittà. Dentro una coltre di nebbia che li separa da un casello autostradale dal quale passa poco mondo e da due paesini di monacale essenzialità: San Giorgio e San Giusto Canavese. Per loro è stata ricreata una piccola città all’interno «dell’astronave» degli studi tv. Duemilacinquecento metri quadrati con incastrato tutto ciò che occorre, come in una cucina Ikea: un albergo, un residence, qualche bar, ristoranti, asili nido e persino una beauty farm. Qualcuno depone le armi e ci trasferisce la famiglia, qualcuno fugge via appena può, cioè il fine settimana, qualche altro rifiuta di essere domato fino in fondo e si consegna di conseguenza a un’esistenza da pendolare. Che se non altro profuma più di normalità, scaccia il senso di sospensione. Però non devono portare i segni del di fuori quando tornano a «Centovetrinelandia»: vietato ingrassare, dimagrire, cambiare taglio di capelli, abbronzarsi. Il copione è il copione, il personaggio è il personaggio. Come lo si spiega poi, al pubblico? I protagonisti di Centovetrine sono i Ridge e le Brooke nostrani: alieni forgiati per farci sognare e desiderare. Distanti ma non troppo, reali ma non troppo, contrastati ma non troppo.

I gloriosi combattenti di Centovetrine e di tutte le soap… un genere snobbato dal riconoscimento mediatico e quindi sociale, ma adorato da un pubblico fedelissimo e maniacalmente partecipe. Un genere in grado di catalizzare milioni di telespettatori ogni giorno, che si raduna in misura di quattro milioni (roba da ricca prima serata), di battere in share il concorrente straniero (Beautiful) di imporsi, in termini di ascolto, accanto ai capisaldi di Canale 5: Gerry Scotti, Striscia la Notizia, Maria De Filippi. Perché lì dentro (a Centovetrine), ogni giorno c’è una storia. E i suoi protagonisti la portano in scena a scapito di un po’ di loro. Guadagnano bene, spesso hanno curriculum invidiabili, perfino trascorsi a teatro su testi importanti, ma una volta impigliati nella storia faticano a uscirne. «Sei bravo, ma hai una faccia da soap» è ciò con cui più spesso si sentono liquidare quando tentano timide prove di volo lontano dalle saghe delle famiglie Ferri, Grimani, Della Rocca e Castelli. Però sono gli idoli del loro pubblico, gli autori se li tengono stretti, i produttori li coccolano in ogni modo. Certo, in dieci anni, duemila e trecento episodi, trentaseimila e cinquecento scene girate, è successo di tutto, nella trama e fuori di lì: gente che se n’è andata, che è ritornata, che si è innamorata, sposata, lasciata, sparita… In una nebbia pastosa che ha confuso la vita e il canovaccio. Che ha dovuto coprire lo scorrere degli anni, delle stagioni, attutire i rumori della vita fuori. Per questo, scavalcando trama, ruoli e ascolti, gli auguri li facciamo a loro.



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