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Charles Dickens, Il mistero di Edwin Drood

Creato il 27 ottobre 2010 da Fabry2010

Charles Dickens, Il mistero di Edwin Drood

Questa non è una “lettura” e nemmeno una recensione. E’ una richiesta d’aiuto, un S.O.S., un appello.
Leggete questo romanzo, leggetelo e ditemi come finisce… Aiutatemi a risolvere il mistero più intrigante della storia della letteratura.
Il romanzo è stato lasciato incompleto da Dickens per il sopraggiungere della morte, ma la storia è così ben congegnata che quando pensiamo di esserci fatta un’idea della soluzione, subito dopo la scartiamo e ripartiamo…

Il mistero più intrigante della storia della letteratura
di Giorgio Morale

Il mistero del titolo riguarda la sorte di Edwin Drood, giovane ingegnere in procinto di partire per l’estero, che vediamo a Cloisterham in visita al tutore, lo zio John Jaspers, maestro del coro della cattedrale, personaggio tormentato da strani dolori articolari non meglio precisati, che è solito placare ricorrendo all’oppio, di cui si rifornisce presso la tenutaria di una fumeria londinese. Questi luoghi, la cattedrale e la fumeria, sono i due poli tra cui si svolge la vicenda, tutti e due legati alla figura di Jaspers e significativi luoghi-simbolo: mentre la cattedrale evoca il romanzo gotico e il Romanticismo, la fumeria, insolita nelle opere di Dickens, sembra anticipare inquietudini decadenti. Di mezzo ci sono la cittadina di Cloisterham ancora immersa in una pace agreste e Londra, che invece reca i segni dell’ormai avanzata rivoluzione industriale. Il libro appare dunque come una summa del lavoro di Dickens e degli anni da lui attraversati.

Edwin è promesso sposo della giovane Rosa, anche lei orfana e alloggiata nel locale convitto femminile chiamato la Casa delle monache. I due dovranno sposarsi al compimento della prossima maggiore età della ragazza, la cui formazione viene seguita a distanza dal tutore, Mr Grewgious, che si autodefinisce un tipo spigoloso, ma che in realtà è un uomo onesto e sensibile. Il matrimonio era stato deciso, prima della loro morte, dai genitori dei due giovani, ai quali sapere di doversi sposare per assolvere un compito prestabilito crea malumori e uccide la spontaneità, nonostante l’affetto e l’amicizia di lunga data che li lega. Anche lo zio Jaspers è segretamente innamorato di Rosa e alimenta tale passione durante le lezioni di musica che impartisce alla ragazza, la quale intuisce i sentimenti del suo insegnante e mostra di temerne la vicinanza.

Una svolta nella storia è costituita dall’arrivo a Cloisterham di due giovani gemelli, Neville ed Helena Landless, anch’essi orfani, mandati nella cittadina dal loro tutore per completare la loro formazione, carente a causa di una vita difficile trascorsa nelle colonie. Helena va ad alloggiare nella Casa delle monache e diventa amica di Rosa; Neville a casa del canonico minore della cattedrale, Mr Crisparkle, prototipo del filantropo disinteressato.

Durante la cena di benvenuto ai due nuovi arrivati offerta dal canonico scoppiano delle simpatie: di Neville per Rosa e di Edwin per Helena. La gelosia di Neville per Edwin, in quanto promesso sposo di Rosa, è all’origine di un litigio tra i due giovani, alimentato dal carattere impulsivo di Neville e dalla sicumera di Edwin. Lo zio Jaspers, col suo dar credito alle minacce di Neville al nipote, soffia sul fuoco dell’inimicizia, mentre il canonico minore Mr Crisparkle si prodiga per una rappacificazione. Viene combinato un incontro tra Edwin e Neville la sera della vigilia di Natale.

In occasione di questo ritorno a Cloisterham, una prima prova aspetta Edwin: l’incontro con Rosa. I due fidanzati si confessano che non potranno essere marito e moglie solo per adempiere un dovere e subito sembra che “una luce riposante” venga “a illuminare la loro situazione… non… più artificiale”. La confessione del non-amore diventa una grande prova di sensibilità e tenerezza.

Dopo il colloquio con Rosa Edwin si avvia all’appuntamento con Neville a casa dello zio, ma non prima di aver incontrato la tenutaria della fumeria d’oppio londinese, che gli rivela che una persona col suo nome si trova in grave pericolo. Difatti, l’indomani lo zio Jaspers racconterà che, dopo l’incontro di rappacificazione, Edwin e Neville sono usciti per una passeggiata da cui Edwin non ha più fatto ritorno: sparito. Il ritrovamento sulla riva del fiume dell’orologio e della spilla dello scomparso fa pensare a un assassinio, mentre l’assenza di altre tracce, e soprattutto del cadavere, fa sperare in un suo volontario allontanamento. Neville, che ha deciso di andare per un breve periodo via dal paese, viene fermato dai cittadini dopo pochi chilometri di viaggio, perché ritenuto responsabile del crimine. Naturalmente trova un accusatore in Jaspers e un difensore, oltre che nella propria sorella, nel suo ospite, l’onesto filantropo Mr Crisparkle. Viene comunque scarcerato per mancanza di prove che ne attestino la colpevolezza.

Quando, dopo vari giorni, sembra ormai certa la morte del nipote, Jaspers si ritiene libero di andare a trovare in collegio Rosa per dichiararle apertamente il suo amore, ricorrendo persino al ricatto di nuocere, in caso di suo rifiuto, a Neville, di cui conosce l’amore per la giovane e che sospetta possa diventare il suo nuovo rivale.

Sconvolta da ciò, e dal pensiero che possa essere stato lo zio a uccidere Edwin, Rosa si trasferisce a Londra, dove nel frattempo sono andati a vivere anche Neville e Helena, che anch’essi non si trovano più a loro agio nel sospettoso ambiente di Cloisterham. Mr Grewgious trova alloggio ai due fratelli in un appartamento nello stesso palazzo dove abita lui. Lì transitoriamente trova ospitalità anche Rosa, presso l’abitazione di un vicino, un giovane ex marinaio, Mr Tartar: tra lui e Rosa s’intuisce un colpo di fulmine che sicuramente avrebbe dovuto avere degli sviluppi.

A Londra vediamo anche Jaspers, in visita alla fumeria, impegnato in una prova di furbizia con la tenutaria del locale. Jaspers vorrebbe capire se la donna lo ha sentito parlare durante il delirio causato dall’oppio, scoprendo un segreto che lui avrebbe voluto tenere nascosto. La donna ha effettivamente sentito delle sue rivelazioni, ma non lo dà a vedere, anzi è lei a voler sapere di più sul conto del maestro del coro, che segue fino a Cloisterham. Nel frattempo nella cittadina è arrivato anche un misterioso Mr Datchery, che s’intuisce essere un investigatore e che alloggia anche lui nei pressi della cattedrale…

* * *

Il romanzo, che contiene molti più episodi e personaggi di questo pur affollato riassunto, a questo punto si blocca. Per nostra sfortuna, perché Il mistero di Edwin Drood è un vero e proprio capolavoro che ti inchioda alla pagina. L’ansia di sapere ci spinge avanti e la scrittura è così bella che la lettura scivola a meraviglia.

Nessun “giallo” mi ha mai creato la tensione che crea Il mistero di Dickens, che non a caso aveva cominciato a scriverlo per far vedere quello che era capace di fare anche in questo campo all’amico-rivale Wilkie Collins, autore di quello che è ritenuto il primo romanzo poliziesco vero e proprio, La pietra di luna. E non solo Dickens ha vinto la sfida, ma l’ha rilanciata per sempre…

Altri “gialli” contengono opportunamente disseminate tracce sulla cui base il buon lettore può essere in grado di scoprire il colpevole insieme al detective. Tentiamo di fare lo stesso qui, leggiamo Il mistero di Edwin Drood trasformando noi stessi in indagatori, sottolineiamo con la matita una frase, un giudizio, un gesto, un’inflessione della voce, perché gli indizi sono tanti e aperti a qualsiasi soluzione. E il mistero s’infittisce sempre più.

Lo stesso Dickens diceva agli amici che scrivendo e pubblicando questa storia su un periodico, a puntate, ventidue come i capitoli, si era cacciato in un pasticcio da cui non sapeva come uscire. Sarà stato vero? Dobbiamo credergli? O la sua affermazione era una difesa della gestazione della sua opera, del suo segreto di artista? Oppure veramente noi restiamo confusi e non riusciamo a sbrogliare la matassa perché confuso era anche Dickens? E in questo caso, è una fortuna che sia arrivata la morte a toglierlo dall’impiccio?

* * *

Le cose su cui io avevo ragionato erano queste. Nei romanzi di Dickens il bene, sebbene incontri difficili prove, vince sempre, e il male, sebbene a volte sembri invincibile, viene superato o sconfitto. Magari proprio all’ultimo, come Uriah Heep in David Copperfield. Per cui Edwin non può essere morto. L’unica volta che Dickens fece morire il protagonista buono, la piccola Nelly de La bottega dell’antiquario, si vide arrivare da tante parti lettere di protesta. C’è anche, ne Il nostro comune amico, il caso di un personaggio che si pensa sia morto, e invece è vivo. Allora Edwin potrebbe non essere morto, ma scampato in extremis alla morte, forse grazie alla messa in guardia da parte della donna della fumeria d’oppio. Magari torna alla fine e si sposa con Helena mentre Neville si sposa con Rosa. O addirittura potrebbe anche essere Edwin a sposare Rosa, adesso che non c’è più il senso della costrizione a farglielo rifiutare, lasciando, nello sviluppo della vicenda, a Mr Tartar la parte del tenero aiutante.

Però nel raccontare l’incontro tra Rosa e Mr Tartar Dickens tocca un tasto, suona quell’assolo di violino che usa per le scene di amore vero, che non lascia dubbi. Allora mettiamo Mr Tartar con Rosa e Edwin con Helena. E Neville? C’è Neville che avanza! Se è innocente, perché condannarlo all’infelicità? A meno di non fare apparire un’altra donna… Tutto sommato, quando è morto, pare che Dickens fosse appena a metà dell’opera. Chissà quanti altri personaggi avrebbe introdotto? E’ vero, però, che i personaggi fondamentali in genere in Dickens appaiono subito, per cui il colpevole penso non sarebbe stato tra i nuovi personaggi.

Ma siamo così sicuri che Jaspers sia il colpevole? Tutti gli indizi sono contro di lui, è vero, è il personaggio apparentemente più cattivo, ma non potrebbe accusare Neville per difendere il nipote? L’amare in segreto Rosa e rivelarle il suo amore solo dopo la morte di Edwin non potrebbe disporre a suo favore? E poi Neville, e soprattutto Helena, più decisa del fratello, più forte, più misteriosa, suscitano anch’essi dei sospetti. In questo caso, se fosse Neville, da solo o con l’aiuto della sorella, ad aver ucciso Edwin, quale sarebbe il movente? La gelosia? Oppure giacerebbe nel loro passato, in quel passato che ci è totalmente sconosciuto, a parte pochi accenni generici. Sappiamo che Dickens fa spesso delle rivelazioni finali che chiamano in causa la storia passata di intere famiglie… Comunque, Rosa sposerebbe Mr Tartar, questo è poco ma sicuro, e i due fratelli finirebbero in prigione. Oppure, nel caso il colpevole fosse solo Neville, la sorella Helena, rimasta all’oscuro di tutto, potrebbe essere consolata – e sposata – dal benefattore Mr Crisparkle… Perché c’è qualcosa che fa pensare a uno scioglimento con un doppio matrimonio.

E che ne direste, nel caso fosse scoperta la malvagità di Neville e Helena, e Edwin fosse davvero morto, se Jaspers, protagonista solitario di una lunga lotta per la verità, ribaltasse la propria immagine e finisse per sposare Rosa, che adesso vedrebbe le cose sotto un’altra luce e potrebbe essere conquistata dalla costanza dell’amante?

Come vedete, a un certo punto comincio a delirare e trovo che nessuna ipotesi può essere esclusa, pur rimanendo – o cercando di rimanere – in una logica dickensiana.

E questo non succede solo a me, visto che sulla conclusione di questo romanzo sono state fatte circa 200 ipotesi, e che tanti scrittori si sono provati a trovare la soluzione o addirittura a scrivere il seguito, a tentare di concludere l’opera come l’avrebbe conclusa Dickens. In Italia hanno provato a risolvere il caso Fruttero e Lucentini, ne La verità sul caso D. Più che un completamento, la loro è una discussione del caso, per la cui soluzione formulano ipotesi con un intreccio ingarbugliato e “avventuroso” che non mi pare da Dickens. Gli intrecci di Dickens sono complessi, ma di estrema necessità e mai fine a se stessi. Anche il proseguimento scritto da Leon Garfield nell’edizione italiana pubblicata da Bompiani mi è sembrato anti-dickensiano sia per la scrittura sia per la storia. Qui non si tratta di compilare una cronaca, non basta affastellare fatti. Non conta che il colpevole sia Neville, come pensano Fruttero e Lucentini, o Jaspers, come pensa Garfield. Quest’ultimo usa una scrittura basata solo sui fatti, mentre Dickens è tutt’altro. I fatti in Dickens sono sostanziati dalla poesia della vita quotidiana. Nei suoi dialoghi vediamo emergere le anime, mentre le sue descrizioni avvolgono i personaggi e li immergono nell’ambiente appropriato.

Allora leggete questo romanzo. Finora non ho incontrato una persona che l’abbia letto. Nonostante il libro sia nelle librerie e ne siano in circolazione due edizioni. Allora, vi prego, leggete questo romanzo e aiutatemi a capire come finisce.



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