Magazine Cultura

“Chi ammira si solleva dal proprio egoismo, dalla propria piccolezza: ecco perché apprezzo Emanuele Trevi” di Marco LODOLI

Creato il 16 marzo 2012 da Fabry2010

Pubblicato da Giovanni Nuscis su marzo 16, 2012

Parlare male degli altri è la cosa più facile del mondo e forse è anche una delle attività dalle quali gli esseri umani traggono maggiori soddisfazioni. Qualcosa di imprecisato ribolle nell’animo, una rabbia, una scontentezza, e come da una pentola a pressione escono sbuffi di maldicenze, calunnie, battutine feroci. Abbiamo un bisogno assoluto e animalesco di deprimere il prossimo, di bastonarlo con la clava dell’insulto o di trapassarlo con il fioretto dell’insinuazione malevola. In questa smania di ferire, gli italiani non sono secondi a nessuno.
E’ quasi un’arte, sappiamo perfettamente come colpire, quando, dove. Se qualcuno poi si segnala per le sue qualità, allora è quasi un dovere ricordare a lui e a tutto il paese quanto sia ingiusta e immeritata la sua effimera gloria. Un calcetto ben assestato, una mezza parola lasciata cadere al momento opportuno, un dubbio gettato lì quasi per caso, per sospettare, sminuire, offendere. Siamo dei fuoriclasse dell’infangamento, uno schizzo e via, per sporcare ogni bellezza. Pensavo a tutto ciò rileggendo uno dei libri che mi sono portato appresso nella vita, casa dopo casa, anno dopo anno. Il titolo già mi rischiara: “Esercizi di ammirazione”, un centinaio di pagine scritte da Cioran, uno dei più grandi pensatori del Novecento.
La malignità è una discesa comoda, l’ammirazione una salita faticosa, a questa rara disposizione del cuore e della mente bisogna dedicarsi con impegno, perché non viene naturale. Eppure solo chi ammira si solleva dal proprio egoismo, dalla propria piccolezza. Non si tratta di allestire altari, di adorare ciecamente, di crearsi miti in modo puerile. Questa è un’altra mediocre inclinazione del nostro tempo: creare personaggi, chiedere autografi, genuflettersi di fronte al successo. Si tratta di ammirare, che è cosa assai diversa. Trovare fari nella notte, ringraziare chi ci fa crescere, chi ha inseguito ostinatamente il meglio, per sé e per gli altri. Riusciamo ad ammirare quando riusciamo a capire percorsi complessi e coraggiosi, che si allontanano dalla strada comune, quando qualcosa ci penetra veramente nella coscienza. Allora siamo grati, perché siamo cambiati. Il libro di Cioran è una piccola serie di ritratti di uomini e donne del passato e del suo presente, si va da De Maistre a Beckett, da Maria Zambrano a Guido Ceronetti. Pionieri dello spirito, ossessionati dalla forma, dalla possibilità di ricondurre il caos a un senso: e Cioran, mente spigolosa, per nulla disposta al facile encomio, sente il bisogno di esprimere tutta la sua riconoscenza, perché senza di loro il mondo sarebbe stato più stretto, più buio.
E noi siamo capaci di ammirare ancora qualcuno, qualcosa, o in quest’epoca del commento anonimo, della pugnalata facile, siamo ancora in grado di ammirare le persone migliori, i giusti, i santi? Se vogliamo uscire dalla depressione nazionale, dobbiamo assolutamente ritrovare questa virtù, fare anche noi i nostri esercizi di ammirazione, scovare chi merita il nostro ringraziamento. Chi ammira partecipa in qualche modo di una grandezza.
E allora oggi, tanto per cominciare i miei esercizi, vorrei esprimere tutta la mia infinita stima, la mia totale gratitudine a Emanuele Trevi, autore di un libro bellissimo, “Qualcosa di scritto”, edito da Ponte alle Grazie. Sono felice di aver letto questo straordinario testo su Pasolini, la Betti, sul mistero della vita, sul percorso accidentato che dalla tenebra porta fino al tempio di Eleusi. Per due giorni, mentre leggevo, mi sono sentito estratto dalla buca fangosa del nostro tempo, mi è parso persino di capire meglio chi sono, cosa voglio, cosa debbo rischiare.
12 marzo 2012

DA:  TISCALI


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine