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Chi va con lo Zoppo... ascolta 'Piccoli Mondi', il nuovo disco dei Freeway Jam

Creato il 19 agosto 2014 da Conlozoppo
Quando pensiamo al progressive, spesso torna alla mente un'idea di continuum spazio-temporale, un flusso nel quale le consuete scansioni cronologiche vanno a farsi benedire, un regno in cui dominano incontrastati i dischi, a prescindere dalle date di uscita. Accade così che un'ottima band si faccia ascoltare con un frizzante album di debutto nel 2002 e che torni indisturbata, come se nulla fosse, una dozzina d'anni dopo. Parliamo dei Freeway Jam.Un lasso di tempo così esteso tra "Pensieri imperfetti" e il suo successore avrebbe potuto comportare un netto cambio di rotta, invece i FJ hanno assecondato la loro più naturale inclinazione: la continuità, la magia scaturita dalla jam, il gioco di sguardi, segni e intuizioni che solo una band rodata e affiatata possiede. "Piccoli mondi" comincia proprio dove finiva "Pensieri imperfetti": un ipotetico - ma stando al risultato, quanto mai concreto e reale... - punto di fusione tra rock, jazz/fusion, funk, hard/boogie e blues, ingredienti amalgamati con eleganza e grinta, tra improvvisazioni ed episodi strumentali che veleggiano spesso e volentieri verso dinamiche e tensioni tutte progressive, come dimostra la title-track, buon esempio di rock-suite diretta e pungente.Nove pezzi realizzati con mestiere e convinzione, a partire da quella "Testadipazzo" che fa da manifesto programmatico nella proposta del riff sanguigno e nel suo coinvolgente sviluppo, al quale "Sur" è degna eccezione, tra vocal jazz e bossanova shakerata con rock. Dagli Area a Medeski Martin & Wood passando per Deep Purple e Weather Report, i FJ esplorano vari territori sonori approfondendo la componente jazz elettrica (spesso dominante: vedi la davisiana "Der blaue reuter") e la graffiante parte rock ("Danny's Land"). La formazione immutata (Gramignoli-Marchetti-Somenzi-Pavesi) garantisce aderenza al dettato dell'album di debutto, oltre che un interplay che diventa il fiore all'occhiello dei FJ: basta ascoltare gli spazi solisti, gli scambi e i passaggi, le chiusure (vedi il jazz-rock pimpante di "Son do mar" e "El bailarino bebado do Rio"), per rendersi conto del feeling che regna in "Piccoli mondi".Gruppo inattaccabile, disco gradevole, suoni tipo "cose buone di un tempo": un bel ritorno.www.freewayjam.itD.z.

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