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Chiacchiere da bar

Creato il 23 marzo 2015 da Scribacchina

Stasera, tanto per cambiare menu, ero al festival. Me ne stavo in platea insieme a un po’ di colleghi scribacchini; sembrava di essere in un circolo dell’alta società, con un’unica differenza: anziché pettegolare sulle liaisons dangereuses (il barone X se la fa con la contessa Y, che a sua volta ha una tresca con il marchese Z), si pettegolava sui musicisti.
Oddio! Guarda lì, in alto: c’è anche L… se quello lì è un jazzista, io sono Belèn”.
Rido e intanto penso che questa non è la prima volta che sento fare complimenti del genere a L.
E pensare che lo conosco piuttosto bene… infatti, eccolo lì, che mi sorride dal suo palchetto. Sorrido graziosamente e saluto con la manina, senza preoccuparmi troppo dei colleghi (tanto, sono girati di spalle).

Gli scribacchini sanno essere feroci nella loro schiettezza: se fai schifo, fai schifo. Punto. Non ci sono mezze misure.
Ecco, in questo senso io mi sento poco scribacchina: sono più pacata, più easy, più portata ad addolcire l’amara pillola. C’è però da dire che finora ho parlato meno bene solo di gente che davvero non sapeva suonare.
Finora, già.
Perché in questo momento mi trovo in seria difficoltà.
Uno dei batteristi che ho sentito stasera – un grande nome, uno che (per dirla con le parole di Rava) ha un curriculum talmente lungo che per leggerlo tutto ci vogliono un paio di giorni… dicevo, uno dei batteristi era fuori. Sissignori: perdeva il tempo, era slegato dal resto della formazione, e lo era in maniera davvero imbarazzante – almeno, per me e per un paio di colleghi, che ho sentito sacramentare a gran voce durante il set: “Dio santo, se se ne stava a casa era meglio per tutti…”.
Il pubblico, ça va sans dire, non s’è accorto di nulla.
Che poi il signore ha pure la sua età, povero cristo, e sicuramente ha qualche acciacco che lo irrigidisce un po’.

Ma il vero problema è questo: cosa diavolo scrivo sul giornale? Faccio finta di niente e dico che il concerto è stato, tutto sommato, ok? Oppure, in maniera più sincera, dico che la superstar della bacchetta ha arrancato? Che era tutto bello e tutto buono, ma non esiste che il batterista (e che batterista…) vada fuori tempo?
E chi sono, io, per dirlo? Mica mi chiamo Maurizio Franco…

Brutta storia.
Tornando a casa, stringevo in mano il volantino mignon della francesina e pensavo a come tirarmi fuori dignitosamente da questa situazione. Alla fine, mi dicevo, la soluzione migliore è seguire l’esempio di D’Artagnan, che quando aveva dei grattacapi ci dormiva su: al risveglio trovava la risposta lì, in testa, come per magia.
Così come per magia è uscita dall’autoradio (meglio, dalla chiavetta USB con una delle mie mille compilation) questa perla: due batteristi con i… controattributi, lanciati nella rilettura di un pezzo che non ha bisogno di presentazioni. Me lo sono ascoltato a volumi piacevolmente improponibili. Giusto per chiarirmi la differenza tra suonare fuori tempo e suonare da paura.


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