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Chiara Ferragni non vuole essere chiamata blogger…e ha ragione

Creato il 02 aprile 2012 da Vivianamusumeciblog @VivianaMusumeci

Oggi molte bacheche di Facebook hanno riportato un articolo pubblicato su Repubblica in cui viene denunciato – senza fare il nome, ma ogni riferimento è puramente voluto – il fatto che Chiara Ferragni, la fashion blogger per eccellenza, ideatrice di The Blonde Salad, abbia snobbato un evento di Stefanel in quanto non le sarebbe stato offerto un cachet all’altezza della sua reputazione. Non solo: nell’articolo si diceva anche che la blogger avrebbe anche detto che d’ora in in avanti prenderà parte solo a eventi ideati da aziende del mondo del lusso. In seguito all’articolo, sono stati pubblicati molti post che stigmatizzavano il comportamento della” bionda insalata”, altri, invece, trovavano giusto che la blogger raggiunta la sua posizione, si facesse e si faccia pagare per pubblicizzare prodotti e brand. Chiara Ferragni è un personaggio che divide il pubblico. E’ indubbiamente molto seguita con il suo blog e ricercata dalle aziende, ma è altrettanto odiata da altri utenti – di recente ho proposto a un sito un pezzo sulla madre della Ferragni che ha da poco pubblicato un libro e mi è stato detto che la Ferragni è argomento tabù per quel giornale poiché suscita reazioni molto violente, ovvero insulti, da parte dei lettori -.

Personalmente il sito di Chiara Ferragni non mi piace. Lo trovo ripetitivo – nello stesso modo in cui il marketing stesso e la comunicazione sono ripetitivi, poiché è così che si fissa un messaggio per quanto vuoto possa essere -; noioso – è evidente che il fatto che la protagonista sia sempre la stessa faccia sì che ci si stanchi o si coltivi una passione feticista nei riguardi della suddetta. Io appartengo alla prima categoria di persone -; non sono in target anagrafico con il blog e preferisco, ad esempio, quello di Garance Doré – del resto sfido qualsiasi quarantenne sana di mente a trascorrere più di 3 minuti su Theblondesalade quotidianamente. Se appartenete alla categoria, vi meritata di andare da Crepet -. Ma tutto questo non conta. E’ un’opinione personale. Di fatto la Ferragni è un fenomeno e attaccarla nel modo in cui ha fatto il giornalista è poco carino e propositivo: qual è la tesi? Che le fashion blogger non si debbano fare pagare per fare pubblicità? E perché di grazia? E’ una prerogativa esclusiva dei giornali fare pubblicità? E poi se le aziende contattano la Ferragni per far sì che poi lei si faccia fotografare e pubblichi “slice of life” sul suo blog, dando visibilità ai marchi e ai prodotti perché quest’ultima non dovrebbe avere un tornaconto? E’ forse giornalista? No, per cui non ha doveri deontologici forti come un professionista della carta stampata – a proposito, quanti giornalisti si fanno fotografare a eventi di moda indossando borse, abiti o accessori dei marchi stessi? Non sarà pubblicità tradizionale, ma in gergo si chiamano, comunque, “marchette” -.  Sta semmai a chi la segue capire quando scrive di cose che le piacciono veramente e quando invece fa “marchette”. Del resto il sito della Ferragni è seguito da una concessionaria pubblicitaria che fa raccolta ne più ne meno come un giornale per cui non si capisce perché non possa ottimizzare il suo lavoro. Semmai è giusto – ammesso che sia vero – dare ragione alla stessa Ferragni che non vuole più essere chiamata blogger. Se per blogger, infatti, si intende una persona che esprime opinioni libere o critiche sul mondo della moda, allora la Ferragni non appartiene alla categoria. La “blonde salad” è una modella e testimonial che usa il blog come mezzo per comunicarsi e comunicare. Anche se in piccolo ricorda molto Kate Moss: una testimonial che a differenza di tutti gli altri  – che devono incarnare i valori dei prodotti e marchi reclamizzati, facendo così attenzione a non sovrapporre marchi simili tra di loro – può passare con nonchalance da Top Shop a Mango, che può essere la protagonista del profumo di Yves Saint Laurent e poi crearne uno proprio senza problemi e rimanendo ugualmente credibile. Via una maschera avanti l’altra. La differenza è che Kate Moss non viene criticata per questo. La sua immagine rovinata dalla polvere bianca è stata riabilitata dopo un rehab, più di facciata che di contenuto – nel senso che l’interesse primario era non perdere i numerosi sponsor che all’epoca dello scandalo Cocaine Kate, la modella aveva -.

E alla  Ferragni non si perdona un no a un’azienda?


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