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Chiara Saraceno non sa che cos’è il matrimonio

Creato il 21 maggio 2013 da Uccronline

Chiara SaracenoIncredibilmente arriva da Chiara Saraceno il motivo per cui è sbagliato sostenere la legittimità del matrimonio omosessuale.

In un recente articolo ha scritto: «Ci sono molte buone ragioni per argomentare la legittimità della richiesta delle persone omosessuali di accedere al matrimonio. Se il fondamento contemporaneo del matrimonio, nelle società occidentali sviluppate, è la scelta libera di due persone di mettere in atto un progetto di vita comune, basato sulla solidarietà reciproca e sull’affetto, non c`è nulla nella relazione omosessuale che sia in contrasto con questo fondamento».

Chi è attento e preparato si sarà certamente accorto che la sociologa dell’Università di Torino ha realizzato un autogol clamoroso: la definizione di “matrimonio” che fornisce è ovviamente sbagliata e dunque risulta errata la sua conseguente applicazione sulle nozze gay, che si confuta automaticamente da sola. Il matrimonio, infatti, non è una semplice scelta libera basata su solidarietà e affetto, come afferma la Saraceno. Se fosse davvero così allora perché dovremmo vietare un matrimonio incestuoso? Ma anche un poliamore risponde a questa definizione e, addirittura, anche il rapporto tra nonna e nipoteuna semplice amicizia può essere basata su una scelta libera, su un progetto di vita comune costruito su solidarietà e affetto, secondo le caratteristiche espresse dalla sociologa. La stessa Saraceno in realtà capisce bene quanto sia forte quest’ultima obiezione riguardo all’amicizia, infatti in un’altra occasione ha affermato: «Si è in presenza di una famiglia quando in un determinato luogo fatto di persone ci si impegna verso gli altri in modo continuativo, in modo stabile, non casualmente. Tutto questo lo si fa anche tra amici, qualcuno potrebbe osservare. Sono d’accordo. Ma nella famiglia ci si impegna verso degli “altri”, che dipendono, almeno in parte, da noi stessi». Come si può osservare anche lei si è accorta di arrampicare dei vetri scivolosissimi e ha per questo cercato di anticipare una possibile obiezione, peccato che non ci sia riuscita: anche due amici, infatti, possono impegnarsi l’uno per l’altro e dipendere l’uno dall’altro. Insomma, quelle della Saraceno sono poche idee e molto confuse.

La sociologa, vincitrice nel 2012 del Premio Laico dell’anno dopo i comunisti Zagrebelsky e Rodotà (il povero Odifreddi non merita nemmeno premi del genere!) dimentica che per la nostra Costituzione il matrimonio è legato in maniera intrinseca l’orientamento alla fecondazione e alla procreazione, come spiegato da Vittorio Possenti, docente presso l’Università Cà Foscari di Venezia e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica. Lo ha ribadito di recente anche Anne-Marie Le Pourhiet, docente di diritto pubblico presso l’Università di Rennes: «il matrimonio è definito come l’unione di un uomo e di una donna, e lo scopo della istituzione legale è quello di garantire la stabilità della coppia e la tutela della loro prole. Questo è sancito dall’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo».

Il criterio perché sussista il matrimonio è dunque ben altro rispetto all’ambiguo desiderio di affettività e solidarietà reciproca, come insistono a dire i militanti omosessualisti. Il prestigioso psichiatra Eugenio Borgna, ordinario presso l’Università di Milano e primario emerito di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara, lo ha spiegato in termini medici: «Il matrimonio nasce dall’integrazione delle due psicologie diverse, quella femminile e quella maschile. Legami che prescindano da questa integrazione femminile/maschile si muovono su un campo diverso dal matrimonio e dall’istituto della famiglia, senza con questo discriminare nessuno: sono realtà profondamente differenti». Se per la Saraceno il matrimonio ha soltanto un valore strettamente volontaristico, sull’“Harvard Journal of Law and Public Policy” è stato invece mostrato che per parlare di matrimonio occorrono due persone sessualmente complementari che consumano la loro relazione in un atto che è di per sé generativo. Per questo l’oscuramento del valore della differenza sessuale dei partner mette a serio rischio la stabilità dello stesso fondamento del matrimonio.

Lucetta Scaraffia, docente di Storia Contemporanea all’Universita degli Studi di Roma La Sapienza, ha riassunto tutto in termini cristallini: «Il matrimonio non è solo un contratto come tanti altri che può funzionare o meno, ma è il legame istituzionale alla base di una famiglia, è l’istituzione nata per proteggere e garantire la filiazione, stabilita in modo da determinare i diritti e i doveri che passano fra le generazioni. Dal momento che una coppia omosessuale non prevede la filiazione, è una realtà diversa. L’utopia dell’uguaglianza, che ha già portato tanti danni nel Novecento, si presenta così sotto nuove vesti, chiedendo di dichiarare uguali legami che non lo sono, e ricominciando, in questo modo, a illudere l’umanità come ha fatto in passato il socialismo reale. Dire che il matrimonio fra una donna e un uomo è uguale a quello fra due omosessuali costituisce, infatti, una negazione della verità che intacca una delle strutture base della società umana, la famiglia».

Torniamo dunque all’affermazione iniziale di Chiara Saraceno e correggiamola: «Non c’è alcuna buona ragione per argomentare la legittimità della richiesta delle persone omosessuali di accedere al matrimonio. Visto che il fondamento contemporaneo del matrimonio, nelle società occidentali sviluppate, non è soltanto la scelta libera di due persone di mettere in atto un progetto di vita comune, basato sulla solidarietà reciproca e sull’affetto, esiste un netto contrasto di tale fondamento con quel che è la relazione omosessuale». Brava Chiara, adesso si che può vantarsi di essere un’esperta di tematiche familiari.

La redazione


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