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Chicago – diario di viaggio

Creato il 26 marzo 2015 da Agipsyinthekitchen

Chicago. Freddo, sole e nebbia. Sole che quando esce si rincorre dietro le ombre dei grattacieli per farsi scaldare le ossa che questo inverno è stato lungo.

Neve nera a bordo dei marciapiedi, musica nelle strade e aria che sa di cioccolata calda. Un lago ghiacciato dai colori del mare e tramonti che ti catapultano a capire in un batter d’occhio perché è bello abitare qui.

Il grande fagiolo di Chicago e i “chicagoes” che sono così incredibilmente sorridenti e gentili: una favola rispetto ai newyorchesi. Qui si fermano, ti chiedono se hai bisogno di aiuto e ti sorridono.

Si va in giro a piedi o in bicicletta, il Navy Pier sembra uscito da uno di quei film anni 50, dove le ragazze hanno le gonne a pieghe e mangiano gelato alla vaniglia in coni giallo crema, perfetti parallelepipedi che si intervallano con gocce di cioccolato che si sciolgono all’aria.

L’atmosfera emana musica, e agli angoli delle strade c’è sempre qualcuno che intona la sua canzone. Ristoranti piccoli e curati, gigantesche CVS e Wallgreens si fanno concorrenza a colpo di scaffali patinati, piccole caffetterie ti catturano con emozionanti odori di apple pie. Ci si può imbattere in mini van dove assaggiare straordinarie cupcakes al peanut butter, servite da ragazze dalla pelle color ebano e sorrisi di diamanti.

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Insegne al neon che brillano, ricordi di natale negli alberi di pino che accolgono davanti ai locali e ai bar.

Giorni intensi, giorni frenetici: ho fatto ravioli da Eataly e intervistato da Spiaggia quello che è considerato – a quanto pare dai commenti ricevuti dalle foto in Instagram – lo chef più fico del momento. Io mi sono trovata davanti un ragazzo normale che ama cucinare, la sua ragazza e i vini italiani. Ci ha viziato con tartufo e pizza, accostando vini regionali del nostro bel paese, e conversando sull’imminente viaggio – di entrambi – in Messico. Belle persone, belle parole.

Si parla di eco sostenibilità, di meat free monday e di pasta – ovviamente. Capisco quanto sia importante per lui la scelta di ogni singolo fornitore che conosce personalmente. Evidenzia la forza delle radici che ciascuno di noi sente vive nel proprio cuore.

Andiamo all’House of Blues ad ascolane un gruppo di weirdos un po’ antichi, che fanno jazz e riscaldano la voce con whiskey sour. Bevo cocktail dai nomi assurdi ma buonissimi, e alla fine mi regalano pure il bicchiere che è una mar di marmellata, in perfetto stile hipster.

Freddo, ripeto. Impegni, tanti. Ma c’è spazio per la scoperta alla sera e allora via, di corsa verso il giapponese perfetto – Momotaro. Oppure ancora: bagel al mattino, calde con cream cheese, please. Cioccolata calda di Starbucks tra le mani, rossetto rosso come il mio cappello, sciarpe pesanti, due piumini che fuori ci sono -12°C. E poi ancora: la Chicago deep dish pizza ordinata in camera di hotel –  doppia mozzarella, cipolle, basilico e jalapeno – e strafogata – letteralmente – mentre guardiamo dal lettone le mille serie Tv americane, con i vari live show improponibili e il mio wrestling, che sarò pazza, ma adoro tifare per questi energumeni.

Una bouillabaisse vietnamita in brodo di zafferano, e una passeggiata tra le mille luci della notte. Cupcakes to go – è un sogno, un distributore come fosse un bancomat, ma al posto del vile denaro, escono fragranti tortine.

Mac and cheese come se non ci fosse domani – tanto il sedere di Belen non l’ho mai avuto e mai lo avrò. Così come le labbra carnose e i capelli perfetti. Pace. Cerco di farmene una argine, affondando le papille gustative in mini orgasmi culinari.

Da non perdere il Chicago Art Institute. Immenso. Il secondo più importante degli Stati Uniti, dopo il MET di NYC.

Non riesco ancora a dire esattamente cosa penso di Chicago. Da vedere, sicuramente. Da conoscere, da vivere, per capire la sua anima. Mi è piaciuta? A tratti, sicuramente si. Cosa non mi convince?Non saprei. Forse ho solo sbagliato stagione, forse con l’estate e la primavera è un’altra cosa. Mi è piaciuta la sua energia, la sua gente, i suoi sorrisi. E poi, l’orgoglio che mi porto nella famosa saccoccia: showcooking da Eataly, in abito da sera vestita, con americani increduli che non sapevano se dare retta a questa pazza gipsy che assicurava loro che i ravioli vanno bolliti, cotti, e non mangiati crudi.

:)

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Indirizzi:

Si ringrazia:

Marcato Pasta

Abiti:

Mauro Grifoni

Ralph Lauren

Stella McCartney

Patagonia

Puffa


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