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Chiedere è metà vivere

Creato il 29 dicembre 2012 da Femina_versi @MicaelaTweets

Sono nata nel secolo scorso. Sono nata in quel secolo dove la buona educazione impartita ai fanciulli comprendeva gesti di rispetto verso gli adulti, in particolare gli anziani. E dove la parola anziano non era un dispregiativo ma emanava un alone di esperienza e di granitica solidità.

Sono cresciuta con l’abitudine quasi religiosa di salutare sempre, magari sorridendo; di tenere aperte le porte a chi mi segue entrando in un negozio; di cedere il posto a chi ne ha più bisogno; di far passare alla cassa chi ha solo un pacchetto; di non rubare il parcheggio e via dicendo.

Sono ancora una di quelle persone il cui navigatore dell’auto è quello più umano che ci sia: finestrino abbassato e “Scusi?…”

In questo nuovo millennio le cose son cambiate.

L’individualismo che avrebbe dovuto esaltare le nostre qualità soggettive ci ha paradossalmente massificato in tante uniche persone qualunque. Gli sguardi sono bassi o persi nel nulla, nessun contatto fisico, ognuno vive per sé e si stringe forte a ciò che ha preso.
L’altro fa paura.

Nonostante ciò non mi arrendo: non è nella mia natura, non mi piace evitare i contatti umani ma sopratutto non mi piace rinunciare alla gentilezza che scalda i cuori, benché sia demodè (o OT) e spesso assolutamente ignorata.

Ogni tanto però ne vale la pena: il sorriso di qualcuno in cambio del posto alla cassa; la nonnina che si illumina quando le tieni la porta entrando in un negozio ed esclama: “Grazie! Non lo fa più nessuno!”; qualcuno che ricambia la cortesia o si lancia persino a fare due chiacchiere.

Così l’altra volta una signora di una certa età mi chiede cortesemente se riuscivo a prendere un pacco di assorbenti per anziani che era in alto, nello scaffale semi vuoto e in fondo in fondo.
Ci provo, ma è troppo alto anche per me. Troviamo un ragazzone che con cortesia lo recupera.

La signora mi sorride: “Dicono che chiedere sia metà vivere!”

E’ vero.
Torno a casa col mio nuovo dono: nessuna vergogna, perché sono ancora umana.


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