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“Child always first - Il bambino malformato: errore della creazione?” promosso dal Centro di Ateneo per la Vita, dalla Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università Cattolica di Roma, dal Dipartimento per la tutela della salute della donna...

Creato il 27 maggio 2014 da Rodolfopapa

COMUNICATO STAMPA 

Cosa fa della vita una “vita umana”? 

di Federica Mancinelli
“Child always first - Il bambino  malformato: errore della creazione?” promosso dal Centro di Ateneo per la Vita, dalla Scuola di  Specializzazione in Pediatria dell’Università Cattolica di Roma, dal Dipartimento per la tutela della salute  della donna...
Si è aperto con questo interrogativo il secondo incontro del ciclo “Child always first - Il bambino
malformato: errore della creazione?”, promosso dal Centro di Ateneo per la Vita, dalla Scuola di
Specializzazione in Pediatria dell’Università Cattolica di Roma, dal Dipartimento per la tutela della salute
della donna, della vita nascente, del bambino e dell’adolescente del Policlinico Universitario “Agostino
Gemelli” e dal Centro Pastorale della sede di Roma.
Dopo i saluti d’accoglienza del Direttore del Centro, Prof. Massimo Antonelli, il Dott. Giuseppe Zampino,
coordinatore e moderatore dell’incontro, ha posto interessanti e fondamentali questioni ai tre
rappresentanti delle religioni monoteiste intervenuti: il Rabbino Capo Riccardo Di Segni, il Segretario del
Centro Islamico Culturale d’Italia Abdellah Redouane, il Vice Rettore della Pontificia Università Urbaniana
Lorella Congiunti. Ne è nato un interessante confronto, filosofico e interreligioso, sui temi etici e clinici
della vita debole, fragile e indifesa, con uno sguardo particolare sulle malformazioni infantili.
“Questi temi colpiscono al cuore la sensibilità delle religioni” – ha esordito Riccardo Di Segni – “Il Dio biblico
non è soltanto il Creatore del mondo, ma è presente e interviene nella storia e agisce nella vicenda umana.
Per questo, l’uomo si chiede continuamente qual è la ragione e soprattutto il senso della sofferenza. La
risposta è difficile, ma possiamo avvicinarci a una comprensione ponendoci nella logica di Dio: non c’è nulla
di inutile, di sbagliato e fuori luogo nell’umanità, anche quello che per noi è un errore e che fatichiamo ad
accettare e a capire. Anzi, questo per noi diventa una sfida: un’occasione e uno sforzo di fede”.
“La malattia richiede spiegazioni che si integrano” – ha dichiarato Lorella Congiunti – “Non è umano solo
ciò che si dimostra con i propri atti, l’umanità dell’essere vivente si riconosce perché “nativa”: ogni figlio
d’uomo è umano, qualunque cosa faccia o non faccia, grazie alla sua fisicità, anche quando essa è dolorosa
e deforme. Essere umani implica anche la sofferenza; è per questo che la sapienza delle religioni è ancor più
utile della filosofia: la sofferenza è un mistero che chiede di essere ascoltato e accolto”.
“Il fedele, l’uomo, la persona sofferente” – ha aggiunto Abdellah Redouane – “accetta umilmente la volontà
di Dio, anche se essa rimane spesso incomprensibile e impercettibile per il credente. Un bambino
malformato, una persona sofferente sono una prova per le creature. Il percorso di vita di ciascuno di noi è
segnato da eventi dolorosi e i disabili, i malati, i malformati sono parte essenziale della vita di una
comunità: essi offrono l’occasione di esercitare la carità e la fratellanza”.
Il dono di uno sguardo nuovo: questo il filo che ha legato tutti gli interventi. E’ proprio ciò che è deforme
che ci insegna ad essere umani poiché ci insegna la gratuità. “Il vero miracolo” – ha concluso Congiunti –
“non è la guarigione fisica, ma il nostro ‘saper vedere’, rovesciando le categorie della cecità”. “Gli Ospedali
sono luoghi della speranza” – ha detto Redouane – “in essi si deve continuamente cercare la migliore
terapia, ma sempre con uno sguardo caritatevole e veramente umano sui sofferenti”. “Il mondo ci è stato
dato” – ha concluso Di Segni – “perché potesse essere ‘aggiustato’, migliorato da noi. Ci sono cose che non
si possono ‘aggiustare’, non si possono migliorare, ma possono essere accompagnate, curate, lenite; e
questo si può solo attraverso amore, misericordia e solidarietà. Anche un neonato “normale” quando nasce
e cresce è la persona più indifesa del mondo: un bambino malformato ha ancora più bisogno di protezione
ed è ancora di più, per tutti, un’occasione di amore”.
www.cattolicanews.it

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