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China crisis

Da Straker
China crisis
11 agosto 2015: il governo cinese decide di svalutare lo yuan dell’1,9 per cento, generando pesanti onde d’urto sulle borse mondiali e sull’economia statunitense.
12 agosto 2015: la città di Tianjin è colpita da un’arma del Pentagono "Rod of God", un dispositivo bellico che dallo spazio può centrare qualsiasi bersaglio sulla Terra. Sono distrutti sei isolati della città, dove si trovano alcuni depositi per lo stoccaggio di composti chimici.” Così scrive Mike Adams.
La rovina è immane, numerose sono le vittime anche tra i vigili del fuoco: essi, accorsi sul teatro dell’esplosione, per spegnervi il gigantesco rogo, sono investiti da una seconda, micidiale deflagrazione.
Mike Adams di "Natural news" ipotizza che il disastro non sia stato un incidente, ma una ritorsione dell’esecutivo statunitense contro Pechino che, per ridare fiato ad un’economia in affanno, ha deciso di deprezzare lo yuan in modo da favorire le esportazioni. Naturalmente quella di Adams è solo una congettura, suscettibile di essere verificata o smentita, comunque suffragata da molti e convincenti indizi. L’autore riferisce di dissidenti cinesi che vedono nella sciagura un attacco perpetrato da Washington: questi dissidenti, però, bollati dalle autorità cinesi come “teorici del complotto,” sono stati minacciati ed è stato intimato loro di tacere.
Perché avviene ciò? Se davvero gli Stati Uniti sono gli autori del misfatto, perché Pechino non muove le sue accuse contro il suo principale "rivale" economico? Per rispondere bisogna in primo luogo analizzare lo scacchiere economico e finanziario internazionale, in cui l’apparato produttivo di ciascuna superpotenza è legato a doppio filo a quella delle altre. Ad esempio, l’ex Celeste Impero detiene gran parte del debito pubblico statunitense. Se gli U.S.A. dovessero fallire, la Cina si ritroverebbe con carta straccia. Questo chiarisce perché le guerre commerciali, nell’ambito del turbocapitalismo mondializzato, non sono guerreggiate, limitandosi a qualche colpo basso di natura tattica. D’altronde quante imprese occidentali hanno delocalizzato gli stabilimenti in Estremo Oriente pur di sfruttare una manodopera a basso costo e non sindacalizzata! La caduta di un gigante trascinerebbe con sé nel baratro altre nazioni, con un effetto domino, giacché globalizzazione è sinonimo di interdipendenza, una precaria e fragilissima interdipendenza. La bancarotta di uno stato o di un altro non conviene, almeno per ora, ad alcuno: né alle multinazionali né al complesso militare né ai vari governi. Si persegue un equilibrio globale che permetta di privatizzare e massimizzare i profitti, scaricare i debiti sui cittadini, proletarizzare i ceti medi, trasformare gli operai in schiavi, spolpare le risorse naturali per tirare avanti in questo modo fino a quando la corda non si spezzerà.
Questo è il cinico piano a breve termine: esiste, però, un progetto a lungo termine che ci è illustrato dallo studioso John Coleman. Questo disegno prevede: “Un unico governo mondiale ed un unico sistema monetario, sotto l’egida di plutocrati non eletti. Questa Entità globale porterà alla riduzione demografica per mezzo di malattie, conflitti, carestie, con il fine di stabilizzare la popolazione in un miliardo di persone: sarà questo il numero utile alla feccia, nei settori che saranno strettamente e chiaramente definiti.
Non esisterà nessuna classe media: esisteranno solo i governanti ed i servi. Tutte le leggi saranno uniformi nell'ambito di un complesso giuridico di tribunali internazionali che applicheranno lo stesso codice di leggi. Sarà insediato un Governo mondiale con un'unica forza di polizia ed un unico esercito per far rispettare le leggi in tutti gli ex paesi dove esistevano i confini nazionali. Il sistema sarà attuato sulla base di uno stato sociale: coloro che saranno obbedienti e sottomessi al Potere mondiale saranno premiati ed avranno i mezzi per vivere; coloro che si ribelleranno saranno dichiarati fuori legge e/o semplicemente moriranno di fame e saranno così un bersaglio per chiunque desideri ucciderli. La proprietà privata non esisterà più, perché sarà vietata, così come saranno proibite le armi da fuoco e qualsiasi altro tipo di armi".
E’ evidente che una crisi cinese sarebbe il preludio di un collasso statunitense, a sua volta prodromo di un tracollo pressoché generalizzato. La Terza forza (quella dei nerovestiti che hanno il loro portavoce in un piazzista argentino?) lascia pure mano libera ad U.S.A.tana, acconsente, fino ad un certo punto, che i vari potentati si scannino fra loro, poiché il caos politico, sociale, economico e persino climatico è il necessario presupposto per la progressiva, quasi indolore instaurazione della Tirannide finale. E’ soltanto questione di tempo... un tempo che congiura contro di noi, ma forse anche contro di loro.
[1] Che l’esplosione sia stata un attacco o la conseguenza dell’incuria che contraddistingue le istituzioni ad ogni latitudine, la sostanza delle cose non cambia: siamo sempre al cospetto di una tragedia, una delle tante...
Fonti:
- Naturalnews
- Ningizhzidda

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